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mercoledì, ottobre 23, 2019

il dubbio

Si sente spesso dire: "invidio coloro che hanno certezze, io ho sempre dubbi". E' un atteggiamento, una posa, che suscita condivisione, persino ammirazione, e fa il paio con quelli che stigmatizzano chi ha "la verità in tasca". Da cosa si originano queste frasi? Sono frasi fatte, facili repliche in assenza di argomenti. Uno crede di togliersela facilmente pensando di aver messo con le spalle al muro qualcuno che si sentirà scoperto. A volte può anche funzionare. Dopo aver pronunciato una di queste frasi solitamente la discussione o termina o diventa tumultuosa, ma in ogni modo poco fruttuosa, perché chi la pronuncia non vuole mostrare la propria debolezza o carenza. Sono sempre manifestazioni dell'ego, che deve sempre far sì che si abbia l'ultima parola, che non si mostrino le proprie deficienze culturali e conoscitive. Anche dare del "presuntuoso" nasconde un non indifferente egocentrismo, perché per fare tale asserzione occorre porsi su un piedistallo, su una posizione più elevata, ovvero avere maggiori dati da esibire. Invece solitamente viene utilizzata da persone che su una data questione ne sanno ben poco.
Quando si è molto giovani e si manifesta una passione, un forte interesse verso una data materia, si fanno ricerche, ci si documenta e si cercano persone che possano aiutarci ad approfondire. Diciamo insegnanti o maestri. Chi cerca ha dubbi, e si mette nelle mani di chi dovrebbe risolverli. Se ritiene che l'insegnante abbia dei dubbi, si trova, evidentemente, nel posto sbagliato! Può accadere che la situazione non consenta di avere di meglio, quindi ci si accontenta, ma certo non si potranno fare grandi progressi, anche se ci fosse un errore di valutazione, cioè quell'insegnante poi fosse realmente valido; ma se l'allievo ha dei dubbi in merito, ci saranno resistenze difficili da superare, a meno che a un certo punto non cambi idea. Viceversa un determinato atteggiamento o una particolare abilità verbale, spesso ci fanno apparire delle persone come la quintessenza della competenza. Succede molto in campo politico, ma questo fa anche parte del loro lavoro. Viceversa in campo culturale e soprattutto artistico, la competenza si rivela nel fare e nel modo di illustrare quel fare.
Partiamo però da un dato di fatto, che forse a molti non è chiaro: ciascuno di noi quando fa un'asserzione, manifesta una "propria" verità. "Quella cosa è brutta!", "quel tizio canta male!", "Caio non sa niente!", ecc., rivelano un convincimento assoluto, poco incline a essere messo in discussione. Solo una persona a cui viene attribuita una conoscenza superiore può creare dubbi su di sè, ma raramente ben accetti, perché vanno a incrinare l'ego, e questo può creare grossi problemi di sicurezza psicologica, che possono portare a conseguenze anche molto gravi. L'ego è il detentore della nostra verità. Il fatto stesso che parlare di verità metta in imbarazzo quasi tutti, è il segno che c'è qualcosa in noi che non vuole confrontarsi con questo argomento, che può mettere in discussione le nostre convinzioni. Per l'appunto, convinzioni. Essere convinti di una cosa non è "saperla", ma solo aver deciso che è così. Allora in questo senso le frasi citate in premessa prendono forza; se tu sei convinto di una certa cosa, ma non hai seri argomenti di sostegno, ecco che diventa una "verità in tasca", una presunzione e una certezza a priori. Nel campo dell'arte, tutto ciò risulta ancor più instabile, perché si entra in un campo dove le certezze sono molto più labili, non basandosi su attività umane indispensabili e basate su molti dati oggettivi. Il cervello umano funziona per definizioni. Ha la necessità di catalogare in base a etichette, che ripone nei propri archivi. Laddove manca la definizione o dove è molto generica, egli vacilla, non sapendo a cosa aggrapparsi. Non solo è difficile definire l'arte e le varie arti, ma è controproducente, perché la loro è un'essenza "fluida" che sfugge alla staticità e certezza della definizione. Questo d'altro canto, è l'arma buona per far passare qualunque cosa per arte, non essendoci una definizione che ne limiti l'area di pertinenza. Il problema di fondo è che tutto ciò rientra in quel campo della conoscenza superiore e della verità oggettiva che ci spaventa e ci fa allontanare come da un pericolo. E in effetti si entra in un universo dove tutte le nostre certezze vacillano, quindi si deve essere pronti a rinunciare al nostro ego, che del resto è l'unica strada per conquistare un'arte, è l'unico modo per potersi confrontare con la nostra coscienza e poter realmente intravedere e conquistare una verità oggettiva e compiutamente un'arte.

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