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domenica, marzo 01, 2020

Suono-parola

Torno ancora una volta su un tema fondamentale, cruciale: suono-parola
Per molti suono e vocale, o parola, sono termini interscambiali, mentre comprendere la differenza è indispensabile per raggiungere un canto esemplare.
Le corde vocali generano un suono, un piccolo suono. Agiscono come possono agire le due ance d'un oboe o d'un fagotto; un suono, quindi, senza alcuna particolare qualità o significato. Nel condotto oro-faringeo questo suono acquista delle proprietà, che sono propedeutiche alla nascita delle vocali e delle parole (e anche alla loro amplificazioni), MA NON SONO NE' VOCALI NE' PAROLE. La parola compiuta nasce solo esternamente alla bocca, e non può essere diversamente. Viceversa dobbiamo parlare di una pronuncia da ventriloquo. Esiste la possibilità di articolare parole anche internamente, è un artificio con tutte le limitazioni di simili attività, che nulla hanno a che vedere con arti quali la recitazione e il canto artistico. Purtroppo da molto tempo questa confusione di ruoli ha fatto sì che gli allievi (e quindi molti cantanti) si concentrassero sul suono (pensando che fosse il canto) e non sulla parola. Questo perché non si considera la parola come madre del canto esemplare, ma qualcosa di diverso, indipendente e persino negativo, da non trattare. Quali sono le conseguenze di questa confusione? Se se parte dal suono immaginando che esso sia il materiale da elaborare per il canto, avremo numerosi difetti. 1) l'elaborazione del suono induce l'insegnante a indicare come mezzi per lo sviluppo l'azione sui muscoli interni, quindi ampliamento del faringe, sollevamento del velopendulo, abbassamento della laringe, in qualche caso anche azioni con la lingua. Tutte queste attività, insieme o indipendenti, generano difetti, dall'ingolamento alla nasalizzazione, e comunque al suono "indietro", quasi sempre con una distorsione del suono stesso, molto innaturale. Ci possono essere vantaggi? Purtroppo sì; sono mezzi semplicistici, trucchi, che possono tenere a bada, forzatamente, la risalita diaframmatica, cioè lo spoggio, ma in cambio di un canto con problemi vari, irrisolvibili se non ricominciando tutto da capo (sperando di essere in tempo).
2) l'idea che la parola possa formarsi internamente, quindi confondendo il suono con la voce cantabile, porterà, a seconda delle scuole, a spingere (per portare avanti), ad alzare internamente (nasalizzando, spoggiando) con l'idea dell'amplificazione "in maschera", oppure a "gonfiare" il suono per cercare lo spazio interno, portandolo ancora più indietro, premendo "in giù" con l'idea di aumentare l'appoggio, frenando il fiato e bloccando la laringe. Non mi soffermo poi su idee ancora più astruse tipo far girare la voce dietro la nuca, mandarla nella calotta cranica, "come se un filo sopra la testa ci sollevasse", e amenità simili. 3) l'ulteriore confusione di quanti, non accontentandosi della cavità orofaringee, pensano che occorra coinvolgere direttamente anche le cavità della parte superiore della testa nella fonazione e che quindi il suono, e la relativa articolazione verbale, debbano avvenire in una fascia compresa tra il naso e la fronte. Questo porta ancora a nasalizzazione, spoggio, ingolamento. 4) il concentrarsi sul suono, anziché sulla parola, porterà a gravi difficoltà di pronuncia, specie per il mondo femminile, soprattutto nel settore acuto.

Entrare nel regno della parola cantata è arduo, è qualcosa di molto più difficile di quanto si creda specie per coloro che ambiscono al canto classico. Siamo inizialmente tutti legati mentalmente ad un rapporto fisico col canto, mentre la parola fluente è legata solo al fiato, cioè a un rapporto immateriale. Potremmo dire che la parola sta nel flusso espiratorio che esce dalla bocca; è un "pensiero" energetico insito nel fiato che esce. Quando parliamo normalmente (diciamo... bene), noi non ci rendiamo conto, non abbiamo coscienza, che facciamo fluire con una certa costanza del fiato ricondotto a suono e poi elaborato NON fisicamente, ma mentalmente, che trova il suo fuoco e quindi la sua realizzazione a una breve distanza dalla bocca. Come un fascio di luce che attraversa una lente e si concentra in un punto. Se il fascio di luce indirizzato alla lente viene disturbato, non si potrà giungere al risultato insperato; se disturbiamo il suono, anche la parola o il canto saranno difettosi. Pertanto un punto fondamentale è che il suono deve essere lasciato in pace! Bisogna cercare di NON modificarlo in nessun modo. Suggerimenti quali: apri la gola, alza il velopendolo, alza la lingua, abbassa la laringe, sono tutti molto negativi, così come: manda la voce verso gli occhi o la fronte o gli zigomi, ecc. quindi anche "manda in maschera", e altre cose del genere. Questo tipo di scuole, che non hanno nulla di antico e possiamo dire di artistico, non si rendono conto che creano solo artifici e quindi innaturalità e distorsioni.
Quindi noi dobbiamo cercare di dimenticare che esiste un suono interno e tutto un apparato muscolo-scheletrico che può influenzarlo e modificarlo. Se ho bisogno di pronunciare una A, ad esempio, devo sapere che si formerà davanti a me, ma perché sia perfetta avrà bisogno che si creino le condizioni (che solo la mia mente conosce), ovvero equilibri tra gli spazi e il flusso espiratorio, indispensabili per la focalizzazione di questa vocale. Ancor più complesso il lavoro quando si pronunciano intere parole e intere frasi, ma niente di complicato, perché la nostra mente sa già tutto, è tutto nel nostro DNA. Il grosso problema è che se voglio dare a questo parlato un'intonazione perfetta e la possibilità di espandersi in spazi anche enormi utilizzando tutta l'estensione che mi compete e utilizzando tutti i mezzi espressivi necessari, la mente non saprà più che fare, perché sono informazioni che vanno oltre la sua funzione esistenziale. Ma sono presenti nelle nostre potenzialità e nella sfera creativa che contraddistingue l'uomo. Per cui senza alcun artificio, noi possiamo raggiungere il risultato elevando o evolvendo la parola e conseguentemente il fiato che accompagna questa evoluzione. Non il fiato in sé, ma il RAPPORTO fiato-parola.
Quando ci si concentra solo sulla parola, automaticamente (si fa per dire, purtroppo) tutti gli apparati interni possono (e dovrebbero) RILASSARSI, perché li lasciamo in pace, non interveniamo su di essi, ma ci accontentiamo di esaminare la parola che si forma e migliorarla. Anche il maestro, come si faceva anticamente, dovrebbe badare solo a ciò che esce (e anche alla postura), e indicare ciò che non va e suggerire all'allievo cosa deve modificare (es: in questa parola la E si sente poco perché è troppo scura, non è ben detta; questa parola non si comprende perché spezzi le sillabe, le consonanti sono troppo o troppo poco pronunciate; ci sono accenti dove non dovrebbero esserci; dai colpi ovunque e non lasci fluire le parole, ....). Il problema di fondo di questo approccio è che siamo istintivamente portati a dare una carica FISICA al canto e anche alla pronuncia in genere quando usciamo dalla spontaneità. Cioè cominciamo a "masticare", a usare in modo più che eccessivo tutta la muscolatura e ossatura dell'apparato articolatorio. Inizialmente può anche essere produttivo, ma col tempo può diventare un vizio e distogliere l'attenzione dal vero obiettivo, che è quello di una pronuncia sul fiato. Quando si canta bene, la bocca può "mormorare", anche se si sta cantando a piena potenza, perché la voce per espandersi e sonorizzarsi utilizza lo SPAZIO ESTERNO, l'aria contenuta nell'ambiente, che viene posta in vibrazione da quella vocale purissima e perfetta. Occorre che ci si renda conto che la parola, cantata o meno, è esterna a noi, e la ascoltiamo e ... la guardiamo.
Per raggiungere questo obiettivo, noi dobbiamo però anche renderci conto che occorre spezzare un "cordone ombelicale" tra suono e parola. L'imperativo è che a noi interessa la parola, quindi il suono (cioè l'anonima vibrazione interna) per noi è da dimenticare, da lasciar vivere nella sua autonoma esistenza, e che la parola (o vocale connessa) è indipendente e ha, o avrà, tutte le caratteristiche per diventare perfetta senza che noi agiamo in alcun modo sul suono, anzi SOLO se non agiamo in alcun modo su di esso. Il suono interiore non dobbiamo ascoltarlo, non dobbiamo dargli alcuna importanza e soprattutto non dobbiamo dare interesse a tutta la struttura fisica ad esso connessa. In un certo senso potremmo dire che il suono noi lo dobbiamo "deglutire", cioè lasciarlo cadere, considerarlo inerte. In particolare dobbiamo renderci conto che esso è FERMO, immobile, non si muove e soprattutto non dobbiamo muoverlo noi. Quindi suono e parola, anche se in realtà sono profondamente e intimamente connessi e in relazione, noi dobbiamo viverli come indipendenti. Non è agendo sul suono in alcun modo che possiamo migliorare il canto; ogni azione va esercitata su ciò che sentiamo esternamente e dobbiamo agire con la volontà. Se una A non è A, dobbiamo concentrarci per migliorarla là dove si forma, davanti a noi, senza per questo spalancare la bocca, tirare le labbra e spingere a più non posso. Il risultato non ci sarà; il risultato è nel rapporto tra la mente (che agisce automaticamente, senza "pensare") e il fiato che fluendo liberamente porterà al suo interno la A che la mente ha instillato e che esternamente si manifesterà. Quindi occorre FARE POCO, togliere tensioni, togliere intenzioni di canto esasperato come volume, intensità, timbro, ampiezza, forza, colore... In un certo senso anche la pronuncia stessa! Noi dobbiamo renderci conto se c'è, se la sentiamo; se invece ci sforziamo di farla a tutti i costi, agiremo sicuramente con spinte e esasperazioni fisiche, e bloccheremo il fiato. Viceversa  siamo in grado, su quella strada, di generare una cellula sonora di enorme potenzialità che, liberatasi nell'aria davanti a noi, sarà in grado di esplodere come un fuoco artificiale e coinvolgere tutta l'aria che incontra. Non è né fantascienza né millanteria. E' quella semplicità alla base di qualunque processo artistico, di qualunque verità. Consiglio anche di rileggere questo post di molti anni fa: https://www.blogger.com/blogger.g?blogID=37431600#editor/target=post;postID=4967192144104509404

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