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domenica, aprile 19, 2020
"Non sembrava recitasse"
Mi ha colpito questa frase pronunciata da un'attrice nei confronti di un importante collega: "non sembrava recitasse". Ho amato il teatro fin da bambino; negli anni 60 la televisione trasmetteva spesso commedie e drammi con importanti attori, e io, nonostante la tenera età, me li guardavo tutti con grande interesse. Ho quindi maturato una certa capacità di riconoscere gli attori davvero straordinari da quelli bravi, ma magari non proprio perfetti. Sono quelli che potremmo dire che recitano in modo "impostato". Qual è la finalità fondamentale di un attore? Portarci dentro la storia, farci vivere come se fossimo anche noi coinvolti, farci divertire o piangere, ecc. ecc. Rispetto a un melodramma, un'opera in prosa ha la caratteristica di avere solo il testo, per cui attori e registi devono sondarlo a fondo per poi farlo rivivere in scena per il pubblico. L'opera ha un dato in più, cioè il compositore si è interposto tra l'autore del testo e l'esecutore, dando una sua visione drammaturgica dell'azione. Ci sarebbe anche un altro elemento, cioè il libretto, che è una riduzione, rispetto al testo originale, ed è in forma "ritmica", cioè poetica. Questi sono elementi in parte rafforzanti e in parte smorzanti il prodotto originale. Certamente una storia interessante ma magari non particolarmente pregevole sul piano letterario, può diventare un'opera di molto maggior valore (infatti è improbabile che drammi come "il trovatore" o "la forza del destino", tanto per fare due esempi a caso, sarebbero noti, se non ci fossero state le opere?. Ben diversa la questione su testi importanti quali le opere di Shakespeare o Dumas, anche qui facendo esempi casuali. Questo per introdurre l'argomento, cioè così come un attore geniale, di straordinaria bravura, riesce a recitare, quindi a impersonare, i più differenti personaggi del teatro di prosa, passando anche da ruoli umoristici ad altri seri, drammatici, cosa dovrà fare il cantante-attore esemplare? Cominciamo col dire che è e deve essere anch'egli attore; se guardate le recensioni degli spettacoli operistici nel primo Ottocento, vedrete che frequentemente i cantanti vengono definiti attori, ingenerando persino qualche dubbio al primo sguardo, se stiamo leggendo il resoconto di un'opera lirica o di una commedia. Questo sarà più evidente naturalmente durante la rappresentazione teatrale dal vivo, perché l'attore (cantante o meno) dovrà mettere in forte relazione l'azione mimica con quella testuale; il cantante dovrà tener conto, in aggiunta, dell'apporto musicale. Ora, la differenza sostanziale tra l'attore e il cantante è ovviamente il fatto che l'attore, per "non sembrar recitare", si comporterà come una persona che si trovasse in quella situazione, cioè c'è una forte naturalezza nel suo atteggiamento e nel modo di esternare e di muoversi. Il cantante non è propriamente nella stessa situazione, perché nessuno canta in quelle situazioni (erano o sono le banali critiche che si facevano all'opera), quindi un fondo di "innaturalità" c'è per forza. Qual è la condizione che può portare lo spettatore o il critico o il collega a rimanere stupefatto da una mirabile prestazione? Tantissimi anni fa io sentii cantare un baritono, Piero Francia, che mi lasciava un po' dubbioso ma molto interessato. Quando cantava mi pareva che non facesse "le note", cioè sentivo il testo ma pareva che non cantasse veramente, pur realmente seguendo la musica. Mi lasciava molto perplesso ma allo stesso tempo ammirato. Scoprii poi (purtroppo è mancato prematuramente) che era stato compagno di studi in una scuola di canto con il mio maestro, e questo mi confortò. Evidentemente negli anni della Guerra e dell'immediato dopoguerra esistevano alcune scuole che riuscivano a portare i cantanti a recitar cantando. Ecco qua... c'è un'indagine storica secondo la quale il teatro antico era sempre cantato; solo in tempi più recenti, diciamo da quando nacque il melodramma, si è operata una scissione tra il teatro d'opera e quello di prosa puramente recitato. Come sappiamo nel tardo Rinascimento con l'Umanesimo si è tentata la strada dell'unificazione delle Arti, mettendo insieme testo, musica, recitazione scenica, pittura e scultura scenografica nonché, indirettamente, filosofia. Erano attori i primi cantanti d'opera, poi la complessità della scrittura necessitò di studi più approfonditi per cui le carriere si divisero. Quel primo modo di cantare si chiamò "recitar cantando"; non v'è alcuna ragione per cui quell'immagine non debba essere più valida oggi. Il dato fondamentale, comunque, resta quello di un' "impostazione" che risulta artificiosa, sovrapposta, esibita, caricata. Oggi credo sia pressoché impossibile ascoltare dal vivo un cantante davvero "naturale", cioè che riesce a far vivere il testo e la musica in modo "trasparente", non facendo pesare la propria intermediazione, Questo anche per colpa di un pubblico impreparato, per cui non conta che il cantante faccia sentire la musica del compositore e il testo e la storia, basta che faccia, magari anche in modo sfacciato, iperesibito, sentire la "voce", bella e/o potente, l'acuto, non importa se scritto o meno, non importa se di corretta altezza o abbassato, se con le giuste dinamiche, i corretti accenti, legature, ecc. A tutti piace esclamare a gran voce: amo Verdi, amo Puccini, mi piace da morire Rossini o Bellini... ma non solo accettano tagli e aggiunte, ma si lamentano pure se quel cantante non fa quell'acuto "di tradizione" o fa un pianissimo scritto che però toglie la suggestione dell'acuto stentoreo. Il grande cantante è quello che ti fa dire: "Ah, senti qui come il compositore è riuscito a far vivere questo momento". In quell'istante non sai più chi canta, chi dirige, chi ha fatto la regia, le scene e i costumi, ti senti dentro la storia e vivi la situazione dei protagonisti; non ti interessa più se fanno o non faranno quella determinata nota; se tutto è correlato, coerente, unificato, si vive la magia del teatro, la verità dell'azione. C'è un termine per raggiungere questa sintesi? Sì: semplicità ("cara semplicità, quanto mi piaci", dice don Alfonso nel Così fan tutte). I cantanti oggigiorno si preoccupano della tecnica, cioè dell'impostazione, che già di per sé è un'immagine fuorviante, e di "interpretare", che spesso vuol dire sovrapporre, esagerare. Mi sovviene un aneddoto di Tito Schipa, in una delle prime recite in cui affrontava il ruolo di Werther, che come è noto diventò la sua opera prediletta, in cui lo stesso Gigli riconobbe non avere rivali. Ebbene quando stava per affrontare una pagina clou, e voleva portarsi al proscenio e cantarla come si faceva un tempo, in modo molto esibito, rimase con la manica del costume attaccato a un chiodo, e non poté muoversi per tutta la durata del brano. Alla fine venne giù il teatro, e gli amici lo riempirono di elogi per quella recitazione così semplice, che dava molto di più il senso del momento. E per lui fu una grande lezione. Come ripeto sempre: TOGLIERE! occorre semplificare, scremare tutto ciò che il nostro ego ci suggerisce per dare importanza a un'aria, una parte, un'opera. Partire dalla massima economia di mezzi; successivamente si sarà sempre a tempo a aggiungere qualcosa; viceversa risulterà sempre molto più difficile intervenire dopo a eliminare, perché ci parrà troppo riduttivo. Se invece partiamo dal poco, ci renderemo meglio conto che ogni granello che aggiungiamo potrà già essere di troppo. E' come mettere il sale nella minestra!
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Sulla tecnica dei cantanti di oggi stendiamo un velo pietoso, sull'interpretazione è proprio così, tutti cercano di caricare di emozione la recitazione con il risultato poi di caricare il proprio ego. Questo è anche quello che emerge dalla televisione, dai tanti talent dove tutti dicono che quello che conta sono le emozioni, come se le emozioni non fossero già nella musica, ma pochissimi dicono di concentrarsi sulle parole, sulla verità di quello che si dice, sulla naturalezza, si tende sempre a costruire che vuol dire poi mettere strati di ego tra la musica e il pubblico. Purtroppo i registi d'opera complicano le cose, aggiungendo pose impossibili e movimenti ad effetto che inevitabilmente distrarranno artisti e pubblico dal canto. I cantanti sono attori a tutti gli effetti perché usano la voce prima di tutto il resto e con la voce si veicola il senso
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