Riporto un breve estratto del pensiero orientale:
"Alzare la frequenza vibratoria attraverso la ripetizione di suoni, o parole particolari, è una pratica molto antica. La filosofia indiana, ad esempio, definisce questa pratica spirituale con il nome di mantra yoga e, pensate un po’, il significato di mantra è: “liberazione della mente”.
Il mantra per eccellenza è nella tradizione indiana il verbo OM, il capostipite di tutte le vibrazioni sonore che tutti noi conosciamo e da cui, come spiega Yogananda, deriva l’infinita potenzialità del suono. Qualsiasi parola pronunciata con chiara consapevolezza e profonda concentrazione ha valore materializzante. [attenzione, però: La recitazione meccanica di un mantra o una preghiera non innesca nessun cambiamento, ma se fatto nella presenza invia informazioni al mio corpo]
Nella parola si manifesta l’individuo nella sua totalità, corpo, mente, spirito; attraverso le vibrazioni allineate del pensiero, del suono e dell’intenzione si crea l’energia positiva che rende potenti le nostre parole."
Quando un elemento viene unito ad un altro in modo univoco forma un nuovo elemento; quest'ultimo avrà una carica energetica maggiore della somma dei due singoli elementi presi individualmente. Questo assunto riguarda anche la musica e le parole.
Anche la parola riassume un insieme di elementi che danno vita a un elemento con una propria indipendenza ed energia. In essa, l'energia non è semplicemente data dalla somma degli elementi che la compongono (cioè le lettere, le sillabe), c'è il possibile allineamento degli elementi che formano l'uomo stesso, quindi corpo-mente-spirito, ma perché possa manifestarsi occorre riferirsi al suo contenuto; è quello in grado di scatenare una incredibile energia, a patto che sia veicolato con una intenzionalità profonda, reale, che muova la coscienza, ma perché ciò avvenga occorre anche che sia porto con la più perfetta dizione.
Possiamo dire che ogni parola abbia una propria vibrazione (relativa all'energia che la contraddistingue), acquisita in seguito a ciò che la riguarda, a come viene vissuta ed esperita nell'ambito dello spazio in cui si opera (viene definito da alcune scienze: semema, ovvero un precipitato dello spirito). La scienza quantica se ne sta occupando, anche se non riguarda l'arte vocale. Consideriamo che la parola ha un potere CREATIVO! Ci tornerò.
In un post di poco tempo fa, mi soffermai sulla parola e sul suo potere, giungendo a ipotizzare una sorta di formula matematica. Ho compiuto ulteriori riflessioni, che valuto molto proficue e interessanti, e ho ritenuto di dover rettificare tale assunto.
Avevo infatti scritto Av = Slp, Arte vocale = suono (libero) elevato alla parola (con forte connotazione intenzionale). La riflessione mi ha invece condotto a un'altra conclusione:
Av = Sl * Pn, cioè Arte vocale = Suono libero moltiplicato (o meglio che si moltiplica) per la parola elevata al potere insito in quella stessa parola. Ci si avvicina in questo modo molto alla nota formula della relatività: E = m * c2
Spiego meglio: le parole non sono e non possono essere tutte uguali; esse hanno una propria energia. L'energia delle parole dipende dal loro uso, dalla loro storia, dalla stessa impronta conoscitiva che vi è stata trasferita dall'uso. Ci sono studi in questo senso di un certo interesse, e addirittura esiste una scala vibrazionale con cui è possibile graduare le parole (scala biometrica di Bovis). Ma, attenendomi per il momento su un piano più semplice e condivisibile, credo sia evidente che tutti hanno un proprio vocabolario, misurato singolarmente, per cui ciascuno utilizza frequentemente determinate parole e ne esclude altre, che ritiene o poco adeguate al proprio stile di vita, o inopportune. Quelle che potremmo definire parole "volgari" (non necessariamente parole sconce, ma anche solo parole sciatte, grossolane, poco significative, generiche, negative,..) hanno un potere energetico molto basso, che, secondo determinati studi, assorbono energie, mentre parole nobili, anche semplici ma positive e luminose, hanno cariche elevate e trasportano, trasfondono e diffondono energia. In modo sintetico possiamo dire che le parole ad alta vibrazione esprimono sempre unità, comunione di intenti, obiettivi superiori, condivisione mentre quelle a bassa vibrazione comunicano divisione, dualità, individualità, mancanza di obiettivi e obiettivi distruttivi. Uno stesso testo può essere scritto con parole simili, però in un caso può risultare un testo poco piacevole o anonimo, nell'altro caso un testo potente, efficace, che smuove interesse o affetti, ecc. Non è solo una questione di vocabolario, di lessico, di grammatica! E' questione di potenza delle parole.
La parola è collegata alla coscienza. Se la parola è pronunciata con un potente intento e con una proiezione positiva, azionerà anche determinate reazioni chimico-fisiche nel nostro corpo che potranno generare energia. E' evidente che una parola come Amore, pronunciata e seguita da un'autentica volontà amorevole, possiede una energia enorme. Questa parola con potenza molto elevata, se unita a un suono libero, potrà scatenare una vocalità di grande impatto energetico nello spazio. Al di là di questo esempio (molti attribuiscono, altro esempio, alle parole sacre di una preghiera, grande energia devozionale), noi possiamo renderci conto che un testo poetico o letterario difficilmente contiene parole che possano rientrare nell'ambito del "volgare" (a meno che non rientrino nella specificità di personaggi negativi della trama letteraria), per cui si pongono a un livello energetico elevato. E infatti perché leggiamo libri, e alcuni in particolare? Perché ci piacciono, d'accordo, ma questo vuol dire che ci fanno stare bene, hanno un riflesso positivo sulla nostra psiche e di riflesso sul nostro fisico. Questo per dire che il canto relativo a un'opera, a un oratorio, a un lied, una romanza, una buona canzone, si prestano già di per sé a proiettarsi energeticamente verso l'uditorio, che potrà ricevere e godere di quell'onda. Ma quell'onda potrà avere una carica energetica di gran lunga superiore quando non è solo legata all'ambito verbale, come succede nel teatro di prosa, ma sostenuto dal suono musicale (infatti sappiamo che fin dall'antichità i testi venivano cantati o declamati, non solo recitati, e il ruolo della musica nei riti sacri penso sia noto a tutti). Ma qui ci troviamo a impattare con due grossi problemi che abbiamo inesauribilmente posto in evidenza: la libertà del suono e il ruolo sminuito della parola.
Suono libero significa svincolato dagli ostacoli fisici di natura istintiva, quali ad es. la funzione valvolare della laringe, quindi in grado di espandersi con fluidità nello spazio antistante. Questo è già di per sé un obiettivo davvero molto ambizioso, che però può essere aiutato proprio dalla potenza della parola. L'esigenza di poter esprimere con facilità le parole che ci aiutano a comunicare non solo superficialmente ma con coscienza limpida e profonda motivazione, potrà fornire potente energia al corpo per poter dare libertà al suono che ne è materiale generante. Naturalmente l'energia sarà rivolta alla qualificazione del respiro, che è il motore di tutta la voce.
La maggior parte delle scuole di canto ignora la potenza della parola, altrimenti non si spiegherebbe perché dedicano quasi tutto il tempo didattico nei vocalizzi e solo marginalmente a esercizi che contemplino la parola, senza dare a queste un ruolo fondante, ma anzi molto spesso suggerendo o imponendo modalità distorcenti la corretta pronuncia; solo in rari casi ho sentito qualche insegnante insistere sulla necessità di puntare su una incisiva dizione di alcune parole (ma non su tutto). Il fatto che alcuni insegnanti facciano dire delle frasi non è di per sé una sufficiente modalità di insegnamento capace di attivare l'energia delle parole; ciò che muove è la motivazione, la determinazione, la consapevolezza del contenuto. Ecco perché è buon criterio inserire negli esercizi parole di uso comune con qualche riferimento affettivo che può coinvolgere più facilmente l'allievo. Pronunciarle con meccanicità, significa perdere tempo prezioso. Parlare e intonare con profonda sincerità, avendo ben chiaro ciò che si sta dicendo e mettendoci tutta l'intenzione di cui si è capaci, è il vero studio, la vera e unica strada verso l'arte vocale. Semplicità! Non lunghi e complessi esercizi su ampie estensioni, ma nota per nota, finché il risultato è ottimale. Solo dopo allargare.
In ogni modo la cosa difficile ma importante consiste nel percepire la funzione energetica delle parole. Percepire che dando forte intenzionalità alle parole che stiamo cantando esse si liberano e si diffondono riempiendo lo spazio è un obiettivo fondamentale, che deve restare nell'allungamento delle parole, cioè sulle vocali.
Non sappiamo con certezza se fu il m° Gerunda a imprimere nella vocalità di Tito Schipa l'amore e la priorità di ogni altra cosa verso la parola, che possiamo dire con assoluta certezza sia stato il motore della sua insuperabile vocalità (ma anche di altri cantanti purtroppo ormai lontani temporalmente da noi, anche se pochissimi fino al suo livello); di certo lui ha sempre indicato (esemplificando) la parola e la pronuncia come indispensabili per un canto esemplare.
Il vero problema della comunicazione è che si ascolta per rispondere invece che per capire.
Quando le parole perdono il loro significato, la gente perde la propria libertà (Confucio).
“Facile” richiede che sia fatto senza ostacoli. “Semplice” significa invece puro, senza una piega, e ha una vibrazione molto più alta.
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