Una delle cose più interessanti di una raggiunta perfezione dell'emissione, sta nella totale assenza di percezione dell'altezza, intesa in vari sensi, ma in particolare che, salendo, il suono (non) si alzi. E' persino ovvio che dal momento che l'emissione è esterna, essa si forma frontalmente all'area della bocca, qualunque siano le note da emettere, vuoi grave, vuoi media, vuoi acuta. Cambiano appena alcuni parametri, ma l'attacco o il passaggio da una nota all'altra avviene rimanendo alla stessa altezza, cioè davanti, fuori. L'istinto per molto tempo stimolerà a alzare internamente, più o meno indietro, ma metterà sempre in difficoltà a mantenere una linea o un piano orizzontale, questo anche perché c'è una motivazione fisica che spinge in quella direzione, a cui però noi non dobbiamo sottometterci, non perché vogliamo contraddire le leggi della fisica, ma perché esse entrano in gioco solo in determinate situazioni (nella fattispecie quando si richiedono notevole intensità e tessiture in zone impegnative) e sono controllabili, cioè riconducibili alla normalità del parlato (quando esse non sentono l'esigenza di entrare in azione).
E' quello che distingue il bravo cantante: acuti orizzontali anzichè verticali; una sofferenza vedere masterclass dove si insiste a concentrare il suono, specialmente i soprani leggeri, nel naso, "in maschera" dicono loro.
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