Spingere la voce, anche da sotto, è spesso una istintiva difesa contro il rischio di spoggiare la voce (che sembrerebbe un controsenso, visto che spingere in su è proprio l'azione di sollevamento del fiato...). Giacché i moderni insegnanti di canto sono ossessionati dall'appoggio della voce, molti anche dal possibile sollevamento della laringe (scioccamente ritenuta la causa dello spoggio), nel richiamare varie tecniche inducono gli allievi a bloccare quest'ultima, e comunque a premere verso il basso, che per conseguenza necessita di spinta verso l'alto per liberarsi (quindi due forze contrapposte). In questo pandemonio assume un ruolo importante la tecnica respiratoria utilizzata; gonfiando la pancia, come vogliono quelli della respirazione diaframmatica (o, peggio, addominale-ventrale), inizia una battaglia concorrenziale tra sotto e sopra, che porta fatalmente a premere verso l'alto, in quanto se si spingesse solo verso il basso la voce non uscirebbe!. Ecco perché per parecchio tempo è necessario liberare il corpo da queste guerriglie, perché il risultato sarà premere sul fiato dal basso per spingerlo verso l'alto. Ed ecco che si è creato un danno, perché la pressione agirà in primo luogo sulla laringe, che sarà portata a sollevarsi anche quando non dovrebbe, e la voce risulterà comunque compressa, priva di libertà e delle caratteristiche di ricchezza interiore. Il fiato non deve mai essere premuto, deve uscire spontaneamente, almeno fino a un certo punto, cioè fin quando agirà la differenza di pressione tra dentro e fuori, dopodiché continuerà ad agire con la stessa costanza la componente polmonare. Tutto il gioco vocale deve essere gestito dall'esterno della bocca, togliendo ogni azione volontaria dagli organi coinvolti.
Però alcuni pensano che se non si preme, non si gonfia, ecc. ecc., la voce non è appoggiata, anzi, è proprio spoggiata. In linea di massima la maggior parte di essi confondono l'appoggio con l'ingolamento. Con le spinte e controspinte di cui sopra, la gola tende a chiudersi (anche se gli insegnanti continuano a dire - inutilmente - "apri la gola") e quindi il suono sfregando sulle pareti rumoreggerà, e questo è appunto un brutto ingolamento. In un certo senso noi dobbiamo proprio pensare, rispetto a quelle azioni, a spoggiare, cioè a lasciare che il fiato scorra, a non pensare e non favorire alcuna pressione o blocco vuoi a livello addominale, che, ancor meno, glottico. Si avrà una meravigliosa sensazione di rilassamento e libertà, che alcuni paurosamente riterranno mancanza di appoggio. In realtà in questo modo si favorirà proprio l'azione contraria al sollevamento della base della voce, cioè quella pressione che indurrà il diaframma, per conto dell'istinto, a sollevarsi e a creare le carenze e i difetti. Non che le cose siano così facili, perché l'istinto sentirà ugualmente una minaccia dalle varie azioni che si intraprendono per cantare con determinate caratteristiche teatrali, però si punta nella direzione di superare le reazioni e non si metteranno in moto azioni bellicose tra muscoli e parti interne del corpo, ma si favorirà invece la scorrevolezza, la totale libertà, il pieno controllo espressivo e musicale a livello mentale, scaricando da muscoli e cartilagini ogni coinvolgimento. Solo in questo modo le pareti oro-faringee potranno assumere plasticamente le giuste posizioni e dimensioni foniche rapportate, e tutto potrà vibrare sinergicamente dando alla voce le caratteristiche più elevate che sia concepibile.
Mi stavo proprio chiedendo in questa fase del mio percorso in cui sento il diaframma che tira, soprattutto in fondo alle frasi, se avrei dovuto assecondare questo istinto: da una parte sento che questo coinvolgimento diaframmatico è giusto perché libera la gola, dall'altro mi accorgo che provocarlo deliberatamente o trattenerlo coscientemente in qualche modo va a minare la libertà vocale. Credo che la parola d'ordine sia "spoggiare", eresia dei manuali moderni, tanto numerosi quanto inutili, che in realtà significa "lasciare andare, fluire, scorrere"! Ma si sa, tutti parlano di libertà ma pochi la conoscono realmente né la vogliono, infatti un'altra parola molto usata oggi è "controllo vocale" (cosa c'è di più eroico?)a cui contrappongo voce libera, il cantante bravo non canta, lascia che la musica canti in lui,obiettivo quasi irraggiungibile
RispondiEliminaEroico=egoico
RispondiEliminaConcordo con l'ultima definizione. Per quanto riguarda il primo commento, attenzione, quando dici "in fondo alle frasi". La disciplina respiratoria è lunga da conquistare, e uno degli accorgimenti da tenere riguarda la durata delle frasi. In genere viene consigliato di prendere tanto fiato per poter sostenere lunghe frasi. Ecco, questo va bene quando si è pronti ad affrontare già un percorso canoro pubblico di un certo rilievo; nelle lunghe fasi preparatorie, invece noi dobbiamo pensare al fiato nella sua componente alimentante di qualità, quindi è molto meglio fare frasi brevi, prendere sovente fiato (e mai tanto), proprio per comprendere che il fiato fresco comporta una ottima emissione, poi man mano che diminuisce, anche la qualità cala. Noi invece dobbiamo mantenere l'optimum per più tempo possibile, e questo lo possiamo fare ASCOLTANDOCI, quindi rendendoci conto (quando non c'è il maestro) se ciò che diciamo dopo alcuni secondi ha la stessa qualità di quello che abbiamo detto all'inizio. Sperare di arrivare in fondo alle frasi con la stessa qualità, è giusto ma sarà difficile per molto tempo, e soprattutto non dobbiamo cedere all'istinto di "strizzare", schiacciare sotto per far uscire il fiato. Noi dobbiamo sempre controllare tutto dall'esterno della bocca, principalmente con l'orecchio e regolando da lì, non da sotto, in un atteggiamento rilassato e piacevole, pur con una postura "nobile", che significa ben diritta ma non rigida.
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