Capita spesso che io chieda di aprire molto la bocca, specificando che non deve essere una apertura indotta da una pressione o tensione muscolare sulla mandibola, ma un rilassamento. La mandibola è un osso pesante, dunque basta un atteggiamento rilasciato per far sì che la bocca si apra e l'osso si abbassi naturalmente, senza comportare smorfie e varie tensioni sulla muscolatura facciale. Una buona indicazione è "meravigliati"! Pensa di spalancare una finestra e assistere a un magnifico tramonto, un'atmosfera quieta e accogliente... e ti stupisce fin nell'anima. Usa quell'espressione.
Qual è la ragione di tale sollecitazione?
Come è noto, quando l'aria non è del tutto libera di uscire, come avviene quando le c.v. sono addotte, si crea una certa pressione per vincere la loro resistenza per mezzo di una risalita dell'aria sospinta principalmente dal diaframma, che genera ciò che viene detto: pressione sottoglottica. Questa pressione tende ad aumentare in base alle condizioni vocali intraprese e la pressione non si esercita più solo nella zona sottoglottica, ma coinvolge la mandibola e spesso anche la lingua, che perde la sua autonomia e rilassatezza, ma tende ad alzarsi o indietreggiare o ad assumere forme innaturali. Il nostro intento deve essere quello di far sì che si eviti ogni compressione del fiato verso laringe, mandibola, ecc. ma arrivi libera fino al palato alveolare e all'osso mandibolare, dietro ai denti superiori anteriori. L'intento è quello di creare un'unica colonna aerea tra il diaframma e questo polo superiore, permettendo così alla laringe di "fluttuare" liberamente, assumendo così ogni posizione idonea a quanto si vuole emettere. La laringe infatti non deve mai essere fissata in un punto, perché ogni colore e ogni altezza sonora necessitano di posizioni specifiche, che non possiamo immaginare e conoscere razionalmente, ma si determinano spontaneamente (cioè le stabilisce la nostra mente involontaria). La condizione su descritta, del doppio polo diaframma-osso mandibolare, permette quella libertà e quella rilassatezza dei tessuti muscolari oro-faringei per cui il fiato, con la sua pressione fonica, è in grado di far assumere alla gola quella forma e quell'ampiezza anch'essa specifica e relativa ai vari suoni vocali che si emettono. E' il famoso "aprire la gola", che non manca mai in ogni scuola di canto, ma che è assurdo richiedere agli allievi di fare volontariamente, per almeno due motivi: immaginando di aprire la gola si determinerà quel punto come attacco del suono, e proseguendo a voler tenere la gola aperta si otterrà semplicemente canto ingolato; dilatando volontariamente la gola si irrigidiranno le pareti stesse del faringe, impedendo quella vibrazione per simpatia che genererà ricchezza e bellezza timbrica. C'è anche un terzo motivo, e cioè che questa dilatazione è in parte illusoria, perché se non c'è una condizione motrice interna, la dilatazione sarà solo parziale, compensata da una chiusura sottostante. La capacità volontaria di agire su questi muscoli è infatti solo parziale, e non consente di avere un controllo pieno su tutta questa zona; peraltro sempre con i difetti che ho appena esposto.
Cosa può intralciare il cammino dello scorrimento di aria-suono in questo lungo tubo? L'idea di pronunciare le vocali. Se la pronuncia viene pensata come un atto interno, è un disastro, perché la colonna d'aria viene spezzata nel punto in cui si immagina di pronunciare, che comunque è sempre la gola. Pertanto è evidente che la pronuncia deve essere esterna, cioè sulla punta di quel fiato. Inizialmente può essere utile emettere un sospiro (il sospiro non è l'H, che è un'emissione di aria dalle c.v., bensì un alito anteriore) con l'ampiezza di una "A", ma senza cercarne subito la timbratura, perché si ricadrà facilmente in gola. La vocale piano piano si genererà davanti a noi come se l'aria si addensasse, si comprimesse fino a creare in modo completo e perfetto quella vocale. Sembrerà una cosa irreale e strana, ma in realtà non abbiamo fatto altro che ricreare, in una condizione molto più elevata, la stessa nostra emissione parlata spontanea. Quindi si sarà creata una unità tra fiato-strumento e articolazione-amplificazione che non potrà che dare risultati esponenzialmente superiori a qualsivoglia emissione meccanica, cioè legata a movimenti muscolari e a pensieri posizionali, tipo "maschera". Puntualizzo ancora che questa, che può essere una necessità nel corso dello studio, specie primario, sparirà del tutto con il tempo; la bocca si aprirà in modo del tutto naturale in base a ciò che si dirà.
Spoggiato è il suono che ha perso questo focus esterno davanti alla bocca? Nel caso si voglia cantare a bocca chiusa (perché la partitura lo richiede o per scelta compositiva/espressiva) cambia qualcosa? E se sì cosa?
RispondiEliminaIl canto a bocca chiusa è pessimo e induce errori, per cui sconsigliabilissimo. Le parti previste in partitura a b.c. si fanno benissimo utilizzando la "U"
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