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sabato, febbraio 12, 2022

Non suoni... ma parole ben dette

 Il suono è la vibrazione regolare di corpi elastici o di aria racchiusa in tubi. Nel corpo umano abbiamo entrambe le situazioni, anche se la fonte principale è la vibrazione delle cosiddette corde vocali.

Quindi abbiamo suoni, come avviene in tutti gli strumenti musicali. Mediante i suoni, è possibile arrivare, con estrema difficoltà, a far musica, il che significa trascendere l'aspetto fisico del suono per accedere al mondo che potremmo definire metafisico, cioè che va oltre il puro aspetto vibrazionale, in quanto la musica si realizza mediante gli intervalli, che non possiamo definire, sono cambiamenti di frequenza che agiscono sulla coscienza umana e producono movimenti che chiamiamo sentimenti, emozioni, affetti, ... bellezza e verità. Ma l'uomo ha un'ulteriore risorsa: la parola. 

Non solo la parola è un mezzo straordinario di conquista della conoscenza superiore, ma è anche mezzo educativo per la voce stessa, in quanto la parola è portatrice di verità, dunque non può non poter raggiungere essa stessa il livello più elevato possibile. Certo, come è facile comprendere, non è che basta parlare e si arriva ovunque! La parola usata quotidianamente è abusata, logora, bolsa, sciatta, strascicata, volgarizzata e quant'altro. E' chiaro che non è adatta a raggiungere un orizzonte così lontano come quello che proponiamo. La disciplina da attuare per raggiungere una vera arte del canto si sviluppa su almeno tre stadi: 1) elevare la parola, mediante esercizi che migliorino gradatamente la dizione, 2) evoluzione respiratoria alimentante, come ricaduta della fase precedente; 3) naturalizzazione del parlato come raggiungimento estremo della fase precedente. Nella prima fase il dover parlare correttamente necessita di un'articolazione molto evidente, che prevede anche movimenti piuttosto ampi e persino, talvolta, estremi, delle forme orali. Men mano che si realizza la seconda fase, questa esasperazione andrà man mano scemando, e, al contrario, si dovrà proprio lavorare per far sì che si canti con la stessa naturalezza con cui si parla abitualmente. L'applicare la melodia alla parola, che definiamo canto, è l'ostacolo più importante che si frappone tra il parlare naturale e il cantare artistico. La mente non lo concepisce e non ce lo lascia fare se non entro determinati, soggettivi, limiti. L'istinto si oppone e ci crea problemi fisici e psicologici, anche molto importanti, per cui anche persone molto costanti, caparbie e desiderose di conquistare l'arte vocale, si trovano di fronte a ostacoli che reputano incomprensibili e quasi insormontabili. La semplicità, la facilità, l'assottigliare, l'alleggerire, il lasciar fluire, il liberare, il rilassare, il lasciar andare, il non fare niente, sono tutte condizioni che risultano al limite dell'impossibile, incomprensibili e inconoscibili fin quando non li si sarà provati, e non solo una volta, perché la possibilità di non afferrare e quindi di tornare indietro, sarà sempre presente, fino a quel limite soggettivo che è insuperabile. Si tratta di afferrare l'inafferrabile, di entrare in una condizione irreale e soprattutto immateriale, cioè che trascende il fisico, che possiamo solo afferrare quando entriamo nella dimensione spirituale, come fosse una meditazione che raggiunge il suo apice, una sorta di "trance". Non so se mi spiego, ma si tratta di far nascere un nuovo senso, il senso fonico, una condizione umana possibile, ma al limite delle sue potenzialità. 

Giustamente si può chiedere: ma ha un senso? è necessario? Per arrivare a cantare, seppur bene, bisogna fare un calvario simile? Posso tranquillamente rispondere di no, giacché milioni di cantanti di tutti i tempi, pur portati in palmo di mano, non si sono nemmeno avvicinati a quella condizione, così come è avvenuto per milioni di musicisti, che si sono illusi e hanno illuso di far musica, ma hanno solo agito sui suoni. Ma esiste un'arte, è una necessità di alcune anime che non possono fare a meno di impegnarsi anche fino alla follia per perseguire l'obiettivo della perfezione, della verità. Allora questi proiettano il maestro che potranno incontrare e che li porterà su quella strada. Sarà il raggiungimento di un traguardo sublime, che non necessariamente sarà accolto benevolmente nell'ambiente, non sarà riconosciuto da molti, non è detto che darà lavoro, onori e allori, se non alla coscienza di chi la conquista. Quindi ognuno sia avvertito che la strada della vera arte non è quello dell'avere e dell'apparire. 

Il suono è sempre presente quando si canta, ma il compito dell'artista cantante è quello di "staccare", la parola perfetta, perfettamente intonata e calibrata al contesto psico-drammatico in cui si trova e che ha mosso determinati stimoli musicali da parte del compositore, che ha ritenuto di sostenerla mediante un determinato impianto melodico e armonico (nonché strumentale) e che il cantante ha il dovere di seguire e rispettare con grande umiltà, dalla matrice sonora, che resta interiormente agli spazi oro-faringei, e di cui ci dobbiamo totalmente disinteressare, in quanto non utile all'obiettivo che ci poniamo. Anche quando si canta strumentalmente, cioè si vocalizza (e il termine non è casuale), siano essi esercizi o parte del canto, non lo si fa solo con il misero suono, ma sempre con una vocale perfettamente pronunciata. Questo perché è la vocale che ci assicura il raggiungimento di tutti i parametri della perfezione vocale e musicale. Ecco anche perché la cosa più sbagliata che si possa fare è il vocalizzo a bocca chiusa. E' una vera barbarie didattica dei nostri tempi, un'assurdo, la cui spiegazione, che alcuni insegnanti vogliono esibire, è a dir poco ridicola. La parola, il parlato, si manifestano sempre nell'ambiente esterno, nell'acustica naturale, lontano dal suono, indipendente, anche se relazionata con esso, che è la sua fonte vibrazionale. Mediante il pochissimo, le potenzialità incredibili della voce umana, ovvero del nostro corpo saggiamente guidato dal nostro spirito, possono produrre le più strabilianti possibilità amplificanti da parte del luogo in cui ci si esprime. Più si cerca di dare potenza, forza, spinta, più ci si farà del male e si peggioreranno i risultati. Semplicità, togliere, lasciar andare, non partecipare, rendere indipendente la voce parlata-cantata. Ripetere queste parole come un mantra ogni giorno fin quando, dopo milioni di ripetizioni, si sarà compreso che non erano state comprese, e si illumineranno. Quello è il momento buono. Buon canto.

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