Se voi chiedete a una donna, non cantante, di parlare di falsetto, noterete che solitamente incontra difficoltà a pronunciare correttamente e si riscontrerà una voce poco gradevole e priva di mordente. Il motivo fondamentale, che ho cercato di spiegare nel precedente e in molti altri post, è che il fiato non è predisposto ad alimentare abitualmente questo registro, che serve in occasioni meno frequenti e durature. Non è predisposto significa che non ha l'energia sufficiente e soprattutto salendo creerà una pressione sul diaframma che non è disposto a sostenere e che quindi reagirà esercitando una contro-pressione verso l'alto che causerà varie difficoltà e difetti.
Cosa succede a questo punto? Che o si cerca di continuare a parlare, ma forzando e mantenendo il registro di petto, (cosiddetta fonazione "aperta") o si rinuncia e si fa un passo indietro, cioè ci si accontenta dei suoni, passando soprattutto ai cosiddetti suoni "coperti". Questi sono interni e da un lato peseranno meno proprio perché il "tubo respiratorio" risulterà più corto e dall'altro lato risulteranno più fattibili perché il suono oscurato pesa un po' di più e quindi faciliterà il mantenimento della posizione bassa del diaframma e quindi di maggiore appoggio. Ma naturalmente si tratta di un compromesso; la voce sarà gestibile e incontrerà meno difficoltà, ma sarà, perlomeno in tutto il settore di falsetto, decisamente meno valida, incompleta, disomogenea. Qualunque voce risulterà disuguale fin quando le due linee simboliche che ho disegnato nel post precedente non si sovrapporranno, diventando una linea sola, esterna. Come si perviene a questo meraviglioso risultato, punto focale di una vocalità perfetta, realmente artistica?
Dunque: 1) il nostro fiato fisiologico non è predisposto ad alimentare nello stesso modo il petto e il falsetto-testa, perché nella nostra vita di relazione non utilizziamo le due modalità nello stesso modo, quindi non c'è motivo perché ciò accada e nell'affrontare il settore centro-acuto, questo risulterà carente. Questa carenza è legata al fatto che la nostra evoluzione umana ha riguardato il parlato, ma non il cantato su larga scala, per cui per poter raggiungere quel risultato cui ho puntato, è necessaria una integrazione evolutiva, cioè far sì che il fiato sviluppi la possibilità di alimentare il settore centro acuto della voce con l'energia adeguata a renderlo omogeno con quello centrale. Naturalmente questo è un compito arduo in quanto il settore centro acuto è in ogni modo più impegnativo e inoltre perché è un intervento che agendo sul fiato provoca la reazione dell'istinto che non può tollerare che si cerchi di modificare il funzionamento di una risorsa di primaria importanza vitale qual è il fiato respiratorio.
2) quali mezzi abbiamo per raggiungere quell'insperabile risultato? principalmente uno, con alcuni altri stratagemmi collaterali. Parlare! Ovviamente c'è da chiarire che non basta quel parlato sciatto e impreciso che utilizziamo solitamente nella vita di relazione. Occorre lavorare di fino, come coloro che studiano dizione e recitazione. Questo è già uno stimolo per sviluppare un fiato più avanzato, come sanno appunto coloro che si sono dedicati a questo studio. Però fin dalle prime lezioni, si può cominciare a intonare, quindi unire il parlato al cantato, dove questi esercizi devono essere brevi, su una, massimo tre note, dove l'aspetto su cui puntare l'attenzione deve essere l'assoluta nitidezza e verità della parola.
Riferendoci specificatamente al mondo femminile, il parlato in zona falsetto può quasi risultare un cominciare da zero. Qui può essere d'aiuto il ricorrere a un parlato "infantile". Solitamente questo facilita il compito. Richiede molto tempo, tanta pazienza, concentrazione nell'ascoltare e nel maturare una capacità di riconoscere se ciò che si sta facendo è corretto. Il maestro ci corregge, ma piano piano bisogna capire se quel che facciamo è valido o meno e tentare di correggersi. Si chiama coscienza, ed è l'obiettivo fondamentale da raggiungere.
Ci sarà poi un grande passo, tra la seconda e terza fase educativa (quindi parliamo di anni di studio). L'abolizione dei registri. Il che vuol dire che anche nel centro grave avremo una vocalità non esclusivamente di petto e fino al Do4 ci sarà una graduale collaborazione del petto. Non gradisco il termine "misto", che poi nei manuali è indicato come esistente nel tratto Fa3-Do4, mentre noi lo prevediamo fin dal Si2. La nostra scuola intende tutto il tratto dalle note gravi fino al Re4 come emesso da una corda unica, dove le modalità di vibrazione intrinseca-estrinseca collaborano per tutta l'estensione (ovviamente non più dopo il re4, che risulterà solo testa). Questo modifica profondamente anche la timbratura vocale; quando le cantanti raggiungono questo traguardo, quasi si spaventano, perché le note basse con l'apporto di un cospicuo falsetto non risulterà così netto come è il petto puro, e le note del tratto Fa3-Do4, non risulteranno così chiare e deboli, ma il tutto risentirà non poco della presenza del petto. La voce, a fronte di un apparente gran consumo di fiato (illusione che lentamente sparirà), risulterà molto sonora, piena, fortemente appoggiata e dotata di una perfetta intonazione e soprattutto pronuncia. Anita Cerquetti è andata molto vicino a quanto vado dicendo e dunque offre un buon esempio.
Molto interessante questo discorso sulla voce di falsetto/testa, probabilmente molti uomini hanno una idea molto ristretta e superficiale di falsetto, io stesso se penso a questo termine non mi viene in mente per primo Pavarotti ma i Bee Gees e i Cugini di Campagna. Ho anche lasciato un commento in un tuo vecchio articolo sulla posizione della lingua e sulla scuola americana di canto che utilizza la posizione della "NG" come la migliore per il canto, anche se a me la cosa lascia molto perplesso.
RispondiEliminaCome la Cerquetti, mi vengono in mente anche altri esempi, Emmy Destinn, Sigrid Onegin. Ma poi tante altre in quell'epoca. La celebre Eugenia Barzio, oggi ricordata più che altro come diva verista dallo stile plateale e sopra le righe rispetto ai nostri attuali canoni, in realtà cantava nell'ottava do3-do4 senza passaggi. La voce va su e giù magicamente senza nessuna operazione tecnica trascolorando naturalmente da un grave molto di petto ad un medio-acuto chiaro e femmineo, ma senza spezzare l'unità della corda unica. Riflettevo sulla decadenza. Oggi il canto è più diffuso tra le donne che non tra gli uomini. Nelle classi di canto e agli esami di ammissione nei conservatori, tenori bassi e baritoni stanno diventando rarità. Ad audizioni e concorsi le liste femminili sono parecchio più lunghe di quelle maschili. Questo implica una maggior competizione e selettività. Eppure, eppure... se esiste ancora qualche buon cantante, è più facile trovarlo tra tenori e baritoni, che non tra soprani e mezzi. I cattivi insegnamenti hanno fatto danni peggiori nel canto femminile che non in quello maschile. Forse in ragione di una fisiologica maggior distanza del registro femminile dalla voce naturale parlata.
RispondiEliminaCerto, se andiamo indietro nel tempo ne troviamo diverse con buona emissione dei centri, anche se un tempo c'era la tendenza a esagerare un po' nel petto. Della Burzio ci sono alcune eccellenti registrazioni, ma altre discutibili per un uso esagerato del chiaro (Vissi d'arte).
RispondiEliminaIl mistero della Cerquetti è la sua carriera estremamente breve: avendo iniziato a cantare non ancora ventenne, se non sbaglio, ed avendo affrontato un repertorio, sicuramente adatto a lei, ma comunque estremamente pesante, mi chiedo se non abbia messo, senza avere ancora il fiato sviluppato, la voce sotto uno sforzo prematuro, che l'ha poi costretta a ritirarsi (quello che qualche post fa avevi scritto riguardo la souliotis, Di Stefano e forse altri).
RispondiEliminaPuò darsi quanto dici, ma sono girate voci su altri problemi di salute, che evito di scrivere perché non c'è niente di ufficiale. La sentii parlare anche in alcune interviste, ma non prodigò in spiegazioni.
RispondiElimina