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sabato, agosto 27, 2022

La lingua viva

 Si dice che una lingua non più in uso costante sia "morta", e per contro quella in uso sia "viva". Bisogna però riconoscere che una lingua viva, come l'italiano, va incontro a usura e anche a un possibile decadimento. Già parecchi anni fa ci fu una sorte di allarme sulla possibile morte dell'italiano, principalmente per il poderoso inserimento e utilizzo di frasi e termini inglesi. Molti, me compreso, spesso protestano per questo indiscriminato uso, soprattutto se e quando si ha la possibilità di utilizzare termini e frasi italiane del tutto appropriate. Ma la storia è vecchia. Tempo fa scaricai da una biblioteca in rete un volume di Pietro Fanfani sul Lessico della corrotta italianità, del 1877. E' una sorta di vocabolario dove voce per voce si fa notare che un certo termine è di derivazione francese o di altra lingua, e/o è improprio, suggerendo altre forme più corrette, appropriate ed eleganti. Se si scorre tale lista si resta più che meravigliati dalla incredibile quantità di termini e locuzioni, per lo più ancora in uso, sia da considerare fuori posto e quanto sono belle, luminose e appropriate quelle proposte come più corrette. Da qui già si può comprendere quanto la lingua italiana sia effettivamente in decadenza, ma credo che un po' tutti ne siano coscienti. Purtroppo è un fatto implicito che, certamente, la scuola potrebbe e dovrebbe saper frenare, ma a mio modo di vedere non si comprende che c'è un divario (un po' come avviene anche in musica) tra l'italiano aulico che si fa studiare e l'uso corrente, troppo diverso. Se qualcuno parla o scrive come nell'800 è evidente che può suscitare ilarità e scherno, proprio perché la lingua si adatta ai cambiamenti sociali e lavorativi, alle attività ludiche e, giustamente, anche alle influenze straniere. Non c'è niente di male, basta che non sia una ingiustificata soppressione di termini corretti. Il computer e tutto il mondo che ruota attorno è giustificato che preveda maggiormente l'uso dell'inglese, perché è un ambiente che si è fortemente sviluppato nei paesi anglosassoni. Lo posso giustificare anche nel mondo dell'economia e soprattutto della finanza. Molto meno, o per niente, in quello dell'arte. Nel mondo del canto e dell'opera, stiamo risentendo molto dello sviluppo che si è originato soprattutto nel campo del musical americano. Ma questo non vale a giustificare che l'insegnante di canto ora si chiami coach, che è un termine nato in campo sportivo. La storia si fa lunga e non è questo il luogo per dilungarmi sull'argomento, anche perché non è la mia materia, mi limito a fare qualche osservazione da cittadino. Però questo post mi è stato provocato pochi minuti fa da un annuncio su facebook di un concerto dove è protagonista una "grande soprana". Posso capire che persone totalmente digiune di glossario musicale possano avere dubbi sull'uso dei termini relativi ai cantanti e si facciano tentare dall'uso di desinenze che a senso possono apparire più appropriate. Del resto qualche anno fa, con l'incredibile avallo dell'istituto della Crusca, si permise di declinare alcuni termini come Sindaco o Ministro con la A finale, come se fosse un affronto al mondo femminile. Giustamente alcuni fecero notare che per analogia non si dovrebbe più dire dentista in campo maschile, ma dentisto!!!! Si chiarisce subito la stupidità di queste argomentazioni. In italiano, rispetto al latino e a tante altre lingue, non esiste il neutro, il che è un male, perché ha un senso logico non dare a molti vocaboli un genere, riferendosi ad attività o situazioni astratte, non conferibili necessariamente a uomini o donne. Qualcuno potrà, allora, contestare l'uso di "soprano", visto che i soprani sono pressoché sempre donne, preferendo l'uso di "sopranista" nel caso dei falsettisti. A parte che soprani sono anche i bambini prima della muta, indipendentemente se maschi o femmine, la questione è che "cantante" è propriamente un termine neutro, si può utilizzare indiscriminatamente per uomini e donne, ma il tipo di voce è legato al REGISTRO. Quindi è un cantante, o una cantante (quindi è l'articolo che definisce il genere) che canta NEL REGISTRO DI SOPRANO, che è maschile, e non c'entra con la persona. Infatti non si usa solo nel canto; sono Soprani, così come tenori, baritoni, bassi, contralti, ecc. anche molti strumenti musicali, ma anche settori degli stessi; nel pianoforte, o nel violino e altri strumenti, si fa riferimento a corde (corda di tenore o di contralto, ecc.) o zone dell'estensione. Dire sopranA è un vero delitto linguistico, che poi, per estensione, come si declinerebbero gli altri termini? ContraltA? mezzosopranA? Mon Dieu...

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