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domenica, febbraio 28, 2010

La dura lotta

Abbiamo scritto pagine e pagine di blog sempre con la sicurezza dettata non da presunzione, arroganza, sicumera, ma dalla profonda e umile conoscenza di una materia in tutte le sue sfaccettature. Per questo ogni nostra esperienza viene diffusa senza "segreti", gelosie e quant'altro. Una domanda che forse non emerge ma che forse è bene porre, è se questa scuola possa incontrare problemi, ovvero se gli alunni di questa scuola possano trovare difficoltà nell'affrontare audizioni, concorsi, concerti e carriera. E' giusto porre questa domanda, perché la sicurezza che contraddistingue questi scritti e chi le pronuncia, può far intendere una sorta di invincibilità, di certezza di risultati adeguati a quell'obiettivo di perfezione che è proprio di questa scuola. Ebbene credo che sia giusto, per correttezza, onestà, spiegare che le difficoltà esistono ed esisteranno sempre, e non sono minori di quelle che possono incontrare cantanti con un mediocre o modesto imposto. Perché e come capita questo? Naturalmente (il mio maestro Antonietti, come il grande Celibidache, questa scoperta dovette viverla sulla propria pelle) la Perfezione, la Verità, per ragioni di istinto esistenziale, non sono accettate, anzi il più delle volte non possono essere riconosciute e quindi molte volte (quindi talvolta in malafede, ma non sempre) scambiate per difetti. L'apparente facilità di un canto sul fiato, che in realtà costano molto sacrificio di apprendimento e anche molto impegno fisico e mentale, spesso sono confusi con poca "materia", poco "corpo". Le orecchie poco allenate, oggi sempre meno in teatro e sempre più di fronte a impianti di diffusione che ben poco possono trasmettere in fatto di Verità, non riescono più a cogliere quando una voce "spande" in sala, quando anche mezzevoci lunari raggiungono tutti i palchi e i posti di una sala, e quando poco interessante possa essere una voce rumorosa, pesante, ingolata. Ancora riconosciuti insegnanti di conservatorio non sanno distinguere la diversità di valore tra una voce ingolata, quindi incapace di plastiche modulazioni di intensità e volume, di esprimere quali che siano intenzioni sulla parola, da una realmente su un fiato che corre. Giornalisti, cosiddetti "addetti ai lavori" (ma quali, mi chiedo? temo poco moralmente probi) che di fronte a voci esemplari dicono: eh, ma così si cantava un tempo, oggi non usa più! Giusto, ma in che senso? e con quale prospettiva? Se parliamo di gusto, in alcuni casi possiamo essere d'accordo, ma è questione di stile, di musicalità, ed è una rifinitura dell'artista. Se parliamo di imposto e di modo di porgere, contestiamo! Però siamo in pochi, quindi le difficoltà esistono, e solo con la pazienza e un grande coraggio e la certezza di camminare sulla giusta strada si possono superare le battaglie di nervi che facilmente ci si presenteranno. A vincerla sarà soprattutto la consapevolezza, a un certo punto, di essere entrati nella strada dell'Arte, quella che permette al nostro spirito di comunicare con altri spiriti; se riusciamo a mantenere la giusta distanza dai problemi contingenti, di meschinerie e invidie (perché per molti è così!), anche il nostro spirito sarà più libero e più elevato. Ovviamente scrivo questo anche perché chi non se la sentisse di affontare questo percorso, che come ripeto non è scevro da trappole, non è tutto rosa, è giusto che lo sappia a priori.

domenica, febbraio 21, 2010

Dov'è la pronuncia?

La percezione della pronuncia è un fatto soggettivo, legato a mille fattori individuali. Possiamo dire, però, che il risultato che si può ottenere è quello di percepire tutto come se venisse pronunciato fuori dal corpo, a qualche centimetro di distanza dalla bocca. Questo "fenomeno" è dovuto alla proiezione del suono verso la bocca e gli incisivi, esente da interferenze e resistenze muscolari, valvolari e istintive, tale da concentrarsi quasi in un'unico punto, esterno al corpo stesso. E', ovviamente, una sensazione incredibile, piacevole e spirituale. E' il risultato, l'unificazione dei tre apparati in un'unica soluzione e sensazione, e potrebbe anche coincidere con quell'abusato termine "maschera" che viene contrabbandato in ogni dove si parli di voce e canto, con la differenza che in genere la maschera coincide con un vibrazioni della muscolatura e ossatura del viso, mentre noi andiamo addirittura oltre. Quando riusciamo a percepire che una vocale suona "fuori", percepiamo, nel contempo, di aver realizzato una sorta di "aggancio". Questa sensazione è dovuta al fatto che il flusso aereo-sonoro riesce a permanere fisso sul palato alveolare senza modifiche e spostamenti dovuti all'articolazione o ad altre interferenze, compresa quella elevata pressione di cui abbiamo accennato nell'articolo "il tubo diritto" (prima della terza e ultima fase, quando la possibilità di realizzare la respirazione "galleggiante" farà superare anche ogni pressione e appoggio). In questo modo si realizza perfettamente quel "bipolo" cioè quel controllo, dai più ritenuto pressoché impossibile, del diaframma. Sia molto ben chiaro che non si deve forzare lo studio per ottenere questo risultato, che è del tutto inimmaginabile nei primi tempi di studio, e che non può concretamente realizzarsi solo quando ogni reazione istintiva sarà debellata e il fiato educato secondo le regole del belcanto dell'antica scuola italiana.

venerdì, febbraio 19, 2010

Le canne d'organo

Fino dalle prime lezioni, faccio spesso riferimento all'analogia con le canne dell'organo. A ogni suono dell'organo corrisponde una canna diversa. Nella voce si verifica qualcosa di analogo, ogni suono richiede uno spazio corrispondente e una alimentazione corrispondente. Considerando come è fatto l'apparato fonatorio, si potrebbe pensare che è una cosa impossibile! L'organo è costruito con tubi metallici rigidi, l'uomo di tessuti molli, che si possono plasmare, certo, ma con quale grado di precisione? E qui nasce la differenza tra il M° Antonietti, che arrivò a fare scoperte geniali e semplici allo stesso tempo, ma strepitose, e tutti gli altri. La scoperta di base sta nel considerare il fiato, nella sua portata quantitativa ma soprattutto qualitativa (diciamo, per semplicità, pressione), il "motore", l'elemento in grado di plasmare l'intero strumento in rapporto all'altezza e alle caratteristiche timbriche di ogni suono. Cioè l'esecutore non deve, lui, atteggiare le parti interne lo strumento onde consentire la produzione esatta di quel suono, in quanto nessuna mente avrebbe una tale capacità, e anche se l'avesse, l'interferenza muscolare impedirebbe comunque l'emissione di suoni esemplari. Dunque il fiato è in condizioni di creare per ciascun suono e ciascun tipo di suono le perfette forme atte a rendere quel suono perfetto. Cambiando nota, cambiando colore, sfumatura, carattere, volume, intensità, la "canna" cambia, e il fiato, con la sua energia, modificherà più o meno impercettibilmente le forme per renderle più adatte alla nuova esigenza. L'uomo però deve disciplinare il fiato, condizionato fortemente dalle esigenze istintive e dalle interferenze anche di tipo psicologico. Comunque tutto questo post vuol arrivare solo a suggerire a chi studia di fare in modo che il passaggio da una vocale a un'altra o da una nota all'altra, si realizzi non spingendo un suono nell'altro, ma nel passare da uno all'altro come se, in un'organo, l'aria passasse ad alimentare una nuova canna. Per i pianisti l'idea può anche essere quella di cambiare "dito". Cioè quando si passa da un tasto all'altro, il peso che grava su un dito, si sposterà sull'altro venendo a cessare sul precedente.

giovedì, febbraio 18, 2010

Spazio e spinta

Durante lo studio del canto ci si sofferma molto sulla necessità di dare spazio al fiato, aprendo, soprattutto verticalmente, la bocca. Molto spesso questo accorgimento non basta, e i suoni tendono a essere "bassi", cioè a perdere la posizione alta nel palato anteriore, "chiusi", stopposi, opachi, ecc. se non addirittura calanti. A cosa si deve questo problema? In primo luogo al brutto vizio di "spingere". Cos'è la spinta l'abbiamo ripetuto diverse volte, ma lo riscrivo: è dovuto a un eccesso di fiato che può partire direttamente dai polmoni verso la laringe, il che causa un aumento della pressione sottoglottica; altre volte è dovuta alla scarsità di spazio in bocca che frena la fuoriuscita dell'aria e di conseguenza ancora una eccessiva pressione sottoglottica. Dunque, ripartendo dai concetti base, rammentiamo che il canto artistico è quello che mette in relazione perfetta i tre apparati: alimentante, produttivo e articolatorio-amplificante. E' evidente che quando c'è spinta da sotto, cioè l'aria non fluisce correttamente ma è in eccesso (o in carenza, ma è più raro), già manca corrispondenza tra alimentazione e strumento produttivo. Ma anche se l'apertura è carente verrà a mancare rapporto tra fiato e forme articolatorie-amplificanti. In particolare, inoltre, e veniamo alla risposta al quesito iniziale, dobbiamo far sì che il fiato generi un suono adeguato alla forma, il che può avvenire con maggiore facilità e correttezza se lo alleggeriamo, permettendogli di mantenere la posizione in "punta" al palato alveolare. Cambiando nota o vocale, o entrambe, c'è sempre la tendenza a dare una spinta o a mantenere o aumentare la tensione muscolare attorno alla laringe, frenando così il flusso d'aria. Alleggerendo e rilassando prima di cambiare vocale e/o nota, si noterà una maggiore facilità a transitare al suono successivo, mantenendo brillantezza, fuoco, profondità, e questo perché si sarà aumentato lo spazio automaticamente e senza interferenze.

lunedì, febbraio 08, 2010

Natura o artificio?

Leggo su un libro di testo delle scuole medie un capitolo dedicato al canto. Al di là di molte cose opinabili, un sottotitolo è: voce impostata o naturale? E' un tipo di frase che sento molto spesso, anche e soprattutto proprio recitata da cantanti lirici. "Aspetta che imposto" sembrano dire, cioè: aspetta che giro l'interruttore, aspetta che ingrano l'apposita marcia. E' molto diffusa l'idea che il canto lirico richieda una sorta di cambiamento, di approccio "diverso" rispetto a quello "naturale". E' un po' anche quello che ritengono molti "barocchisti", che reputano che il canto antico si debba fare con voce "naturale" e non "impostata", per cui nei cori e nelle formazioni dedite alla musica antica non sono ammessi, o con molto sospetto i cantanti che hanno studiato lirica. E' vero che la maggior parte dei cantanti lirici ingola e vibra volontariamente, creando un timbro che suona davvero artefatto e innaturale, però bisogna diffondere il concetto che il canto serio, l'impostazione, non ha niente di innaturale, di artificiale, ma è solo sviluppo, disciplina del fiato e delle forme.

venerdì, febbraio 05, 2010

Restare... a bocca aperta!

Leggo una cosa che mi giunge nuova. Esercizi "muti" (intesi tipo "M") ma con la bocca aperta. Non riesco a spiegare diversamente questo esercizio se non occludendo la parte posteriore della bocca con il sollevamento della lingua (la cosiddetta N velare). All'orrore non c'è proprio fine. Se già i suoni a bocca chiusa sono inutili e dannosi, questi sono persino brutti. Ma cosa si potrà mai pensare di ottenere da suoni ottenuti con una tale postura innaturale? Non sto nemmeno a commentare; c'è proprio da restare... a bocca aperta!!!

lunedì, febbraio 01, 2010

Giù la testa!

A complemento del post "il tubo diritto", parliamo di un diffuso difetto: la testa reclinata all'indietro. Può essere un "vizietto", anche dovuto alla pressione del fiato che tenta di raddrizzare il tubo. Effettivamente è possibile che nei primi mesi di studio possa anche essere un espediente accettabile, perché il suono può andare ad ancorarsi sopra i denti superiori, con una pressione del fiato leggermente inferiore a quella che dobbiamo sopportare quando la testa è completamente perpendicolare alla colonna d'aria. Naturalmente è necessario passare poi alla corretta postura, sia perché antiestetico, sia perché si adopererebbe il diaframma con una pressione inferiore a quella necessaria, e dunque con un appoggio non perfetto.
Esiste anche la possibilità, per i tenori, che la laringe molto alta possa creare qualche fastidio in zona antero-glottica, per cui un leggero reclinamento del capo all'indietro possa favorire maggiore libertà.