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venerdì, febbraio 19, 2010
Le canne d'organo
Fino dalle prime lezioni, faccio spesso riferimento all'analogia con le canne dell'organo. A ogni suono dell'organo corrisponde una canna diversa. Nella voce si verifica qualcosa di analogo, ogni suono richiede uno spazio corrispondente e una alimentazione corrispondente. Considerando come è fatto l'apparato fonatorio, si potrebbe pensare che è una cosa impossibile! L'organo è costruito con tubi metallici rigidi, l'uomo di tessuti molli, che si possono plasmare, certo, ma con quale grado di precisione? E qui nasce la differenza tra il M° Antonietti, che arrivò a fare scoperte geniali e semplici allo stesso tempo, ma strepitose, e tutti gli altri. La scoperta di base sta nel considerare il fiato, nella sua portata quantitativa ma soprattutto qualitativa (diciamo, per semplicità, pressione), il "motore", l'elemento in grado di plasmare l'intero strumento in rapporto all'altezza e alle caratteristiche timbriche di ogni suono. Cioè l'esecutore non deve, lui, atteggiare le parti interne lo strumento onde consentire la produzione esatta di quel suono, in quanto nessuna mente avrebbe una tale capacità, e anche se l'avesse, l'interferenza muscolare impedirebbe comunque l'emissione di suoni esemplari. Dunque il fiato è in condizioni di creare per ciascun suono e ciascun tipo di suono le perfette forme atte a rendere quel suono perfetto. Cambiando nota, cambiando colore, sfumatura, carattere, volume, intensità, la "canna" cambia, e il fiato, con la sua energia, modificherà più o meno impercettibilmente le forme per renderle più adatte alla nuova esigenza. L'uomo però deve disciplinare il fiato, condizionato fortemente dalle esigenze istintive e dalle interferenze anche di tipo psicologico. Comunque tutto questo post vuol arrivare solo a suggerire a chi studia di fare in modo che il passaggio da una vocale a un'altra o da una nota all'altra, si realizzi non spingendo un suono nell'altro, ma nel passare da uno all'altro come se, in un'organo, l'aria passasse ad alimentare una nuova canna. Per i pianisti l'idea può anche essere quella di cambiare "dito". Cioè quando si passa da un tasto all'altro, il peso che grava su un dito, si sposterà sull'altro venendo a cessare sul precedente.
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