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martedì, novembre 30, 2010

Del respiro 2

Come ho più volte scritto la nostra scuola è fondamentalmente contraria all'insegnamento per sensazioni; per altro anche io non è che sono un "talebano" e censuro sempre ogni riferimento astratto, qualche immagine la suggerisco di quando in quando, a patto di spiegare sempre qual è l'obiettivo concreto da realizzare, e a cosa mira questo pensiero. Dire agli allievi di mandare l'aria fino in fondo alla schiena, facendo credere che i polmoni arrivino fino alle natiche, è sbagliato. Dire di immaginare di mandare l'aria il più in basso possibile può anche essere accettabile, a patto sempre di spiegare che in realtà i polmoni finiscono molto più su! Il motivo è quello di cercare di riempire il meglio possibile i polmoni soprattutto nella parte bassa, a contatto col diaframma. Bisogna anche ricordarsi, però, che il polmone è grande e non c'è solo la parte bassa; anche la parte media e alta va utilizzata e possibilmente sviluppata, quindi l'indicazione iniziale va bene per chi inizia lo studio del canto e per i primi mesi, anche un anno o più, se è il caso, ma quando le cose cominciano a andare bene sarà necessario cominciare a integrare questo tipo di respirazione con la cosiddetta "costale" che permette un utilizzo più completo di questo organo.
Abbiamo già spiegato in varie occasioni che il motivo per cui è bene iniziare da una respirazione cosiddetta diaframmatica consiste nel fatto che in questo modo la pressione del fiato può agire sul diaframma e mantenerlo basso sopportando la reazione istintiva ma senza stimolare ulteriormente il suo sollevamento con la pressione dell'intestino.
Quando il diaframma si abbassa comprime lo stomaco e l'intestino. Se la parete addominale è "molle", cioè non viene tenuta in tensione, la pressione ricevuta si riflette con la tipica "pancia in fuori". A questo punto è bene evitare, nell'allievo alle prime armi, di irrigidire subito la parete, perché altrimenti la pressione esercitata sull'intestino si rifletterebbe sul diaframma, che subirebbe una pressione dal basso verso l'alto, che noi non vogliamo perché provoca lo spoggio del suono.
Prima di proseguire, sarà bene dare un'altra informazione anatomica. Polmoni e diaframma non sono organi "tutti d'un pezzo". Non solo i due polmoni non sono identici e il diaframma un unico muscolo, ma quest'ultimo è propriamente costituito da diversi settori che hanno la possibilità e la capacità di compiere movimenti indipendenti. Ad esempio una mia recente analisi mi ha fatto scoprire che se respiriamo solo dal naso, non solo avremo una ridotta immissione d'aria, ma anche nel caso in cui si faccia una inspirazione molto lenta e lunga, avremo solo l'abbassamento della parte anteriore del diaframma, mentre la parte posteriore si abbasserà più facilmente, rapidamente e completamente con la respirazione naso-bocca.
Detto ciò: con la respirazione diaframmatica, il diaframma, per minor resistenza degli organi premuti e maggiore elasticità degli agganci alla gabbia toracica, tenderà ad abbassarsi maggiormente nella parte anteriore, che diventerà particolarmente prominente, ma in realtà il volume spostato dal diaframma non è così elevato, è solo un effetto. In questo modo possiamo dire che il "pavimento" dei polmoni risulta, grossolanamente parlando, piegato in avanti. Se si tende leggermente la parete addominale anteriore superiore, il tronco si raddrizza e anche il diaframma offrirà l'intera superficie al supporto dei polmoni. Sia chiaro che non parliamo di 'depressione' della parete addominale, ma solo di leggera tensione. Questa situazione comporterà un più efficace sostegno del fiato e minore fatica, e parliamo, sostanzialmente, di una respirazione costo-diaframmatica. Nei momenti di necessità di maggiore impegno vocale, ad esempio sulla nota di passaggio, sarà possibile apportare qualche energia in più con un maggiore impegno nella muscolatura del plesso solare. Nel momento dell'impegno, se il "polo" superiore è ben appoggiato al palato superiore (o alle labbra), questa azione non comporterà un rischio di sollevamento del diaframma, anzi, esso avrà facilità di discesa nella sua interezza.
Quindi non siamo ancora arrivati a parlare di una respirazione toracica...

Del respiro



Ho parlato spesso di respirazione, ma è un argomento su cui preferisco andar cauto perché foriero di confusioni anche molto pericolose.
Ho inserito quest'immagine per indurre una riflessione. Molti insegnanti insistono molto con gli allievi affinché la respirazione venga fatta profonda, coinvolgendo il "fondo schiena" e la pancia. Orbene la prima riflessione è: perché si insiste in tal senso, visto che i polmoni occupano lo spazio fino al diaframma, cioè relativo alla gabbia toracica? Più d'una persona cantante o allievo ecc. proveniente da altre scuole è rimasta meravigliata di fronte a questa, in fondo semplice, constatazione. Da qui vedremo di fare riflessioni, sempre molto caute...

domenica, novembre 28, 2010

La mandibola controllata

Qualche antico maestro di canto suggeriva agli allievi di rilassare la mandibola al punto di poterla definire "mandibola a ciabatta", cioè del tutto abbandonata. Può essere un esercizio di rilassamento, ma nel canto non è un suggerimento opportuno, perché se ne perde il controllo. Per altro c'è da fare un commento ulteriore al post precedente sulla bocca intonante, che peraltro mi pare di aver già scritto in passato, ma come diceva sempre il mio Maestro, ripetere fa bene. Dunque quando si passa da vocali strette e chiare come la I e la E "a sorriso", a vocali più ampie come la A, e dunque si debba necessariamente aprire molto la bocca, c'è il serio rischio che il suono cada, in quanto il flusso aereo segue la discesa della mandibola. A questo proposito due consigli, che sarebbero peraltro sempre da fare sotto controllo: 1) nel passaggio dalla I alla A non pensare alla discesa della mandibola ma al palato che si alza; 2) provare a passare dalla I alla A senza abbassare la mandibola. All'inizio risulterà una forzatura estrema, perché non si concepisce di alleggerire (cosa che deve avvenire anche nel caso 1), ma poi si riuscirà. Una volta attenuta la A a bocca semichiusa, piano piano aprire, facendo in modo di non modificare alcun parametro del suono ottenuto. Riprovare, ottenendo subito lo stesso suono ma aprendo anche subito la bocca.

giovedì, novembre 25, 2010

A ciascuno il suo

A ennesima riprova di quanto già è stato scritto in passato sull'inesistenza sostanziale di un "metodo", soprattutto se inteso come manuale scritto, notavo e facevo notare in questi giorni ad alcuni miei allievi di come ho dovuto operare in modo sostanzialmente diverso passando dall'uno all'altro. In alcuni casi è necessario insistere sulla voce piena, sul parlato ostinato, in altri casi sull'alleggerimento estremo, in altri ancora su specifiche vocali...
Non può esserci un sistema di riferimento tecnico uguale per tutti, perché a seconda del punto educativo in cui ciascuno si trova, avrà necessità di determinati esercizi, e troverà maggiori difficoltà in altri. Sia chiaro, a scansi di equivoci: non sto dicendo che ognuno ha bisogno di cose diverse perché siamo diversi! In quel senso no, allora potrei dire, pur trovando superficiale questa affermazioni, che la tecnica è una sola e uguale per tutti. Però è il momento psico-fisico che è sempre diverso, e non conta solo se studia da un giorno, un mese, un anno, ecc. ma di un insieme di elementi che mettono in relazione il vissuto con le personali dotazioni e con la sfera cognitiva, nonché, non dimentichiamo, con l'intelligenza. Molti cantanti, pur non avendo uno studio straordinario alle spalle, hanno fatto carriere strepitose grazie all'intelligenza: in primis direi Domingo, ma anche la Callas. Schipa è un esempio di fortunata coincidenza di uno studio ottimo con grande intelligenza. Ovviamente dove c'è l'intelligenza c'è anche un grande passo avanti sul piano stilistico e interpretativo.

domenica, novembre 21, 2010

La bocca intonante

L'ampiezza orale è direttamente responsabile della corretta intonazione. Il fiato che mette in vibrazione le corde vocali, tese nella misura relativa all'altezza del suono e del colore che si intende produrre, deve trovare un adeguato spazio ove "sfogarsi". Se la bocca non è sufficientemente aperta, l'eccesso di fiato che non riesce a riempire la forma, si comprimerà in zona sottoglottica, premerà quindi contro le corde vocali e produrrà suoni difettosi, probabilmente crescenti. Per cui se sentite che state stonando, nonostante l'orecchio sia valido, come prima misura correttiva aprite maggiormente la bocca. Se la bocca è eccessivamente aperta, non corrette un rischio opposto, tutt'al più il suono risulterà un po' soffiato, poco netto.

sabato, novembre 20, 2010

Il muscolo virtuale

Poco fa stavo rispondendo a un "fuoco di fila" di domande di un mio allievo, e con la solita volontà di trovare sempre frasi utili a spiegare i concetti che stanno alla base del grande canto, mi è venuta questa frase: "noi trasformiamo il nostro fiato in un muscolo". E' una frase davvero fortunata, che non avevo ancora escogitato, nonostante il suo senso sia sempre nelle mie dichiarazioni.
Dunque, noi sappiamo che la cosa più difficile nell'educazione del fiato, è l'eliminazione della componente muscolare faringea, che interviene, direttamente o indirettamente (stimolata dalla reazione dell'istinto, e quindi dal sollevamento diaframmatico indotto) nella fonazione a compromettere l'ampiezza e la scorrevolezza dell'emissione. Fiato e diaframma, nel canto, diventano tutt'uno. Non si può parlare di fiato come di qualcosa a sè stante, giacché a noi non interessa: l'aria è una componente che fisiologicamente non ha qualità utili per il canto. Ciò che rende importante il fiato nel canto è il diaframma, così come per un violinista non è l'archetto in sè, che è immobile, ma il braccio che lo muove. Dunque il diaframma, se opportunamente e artisticamente educato, dona al fiato quelle qualità che lo rendono archetto perfetto di uno strumento che diventa a sua volta perfetto. Questa trasformazione, possiamo anche dire che rende il fiato un "muscolo", ovviamente virtuale, che prende il posto della muscolatura reale della zona glottica, che deve invece essere abbandonata (parola pericolosissima, mi rendo conto, ma non sostituibile), per diventare "tubo vuoto", passivo, elastico e plasmabile proprio dal "muscolo-fiato", che possiede, se lasciato lavorare, tutte le qualità per poter costruire quello strumento perfetto da tutti agognato.

La Verità

Sono spesso tentato dall'entrare nel campo filosofico, su cui il Maestro Antonietti ci fece "na capa tanto", ma a ragione, perché l'Arte E' filosofia, e non si può sperare di entrare nel regno dell'Arte senza porsi interrogativi e andare a cercare risposte. Il Maestro, anche per questo, fu ignorato, nel migliore dei casi, ma anche combattuto, considerato un pazzo, un visionario... ma egli non smise mai di occuparsene, prima di tutto perché aveva sofferto duramente per arrivare a quelle risposte, e inoltre non poteva accettare il compromesso, il nascondere fatti per il quieto vivere, essere "modesto"... questo lo ha reso anche poco popolare tra alcuni allievi, che una volta recuperati da situazioni anche spaventosamente negative, hanno anche fatto carriera e nei loro curricoli non v'è traccia del nome di colui che ha salvato loro la voce... e forse anche la vita (se non fisicamente, perlomeno psicologicamente). L'aspetto sempre inquietante delle filosofie riguarda il concetto di "Verità", che non può non essere affrontato, se si vuole entrare a fondo nella materia. Ma io adesso evito l'argomento, come l'ho quasi sempre evitato con i miei allievi, perché non voglio creare difficoltà e imbarazzi; l'essere allievo di un grande maestro dà parecchi vantaggi: non essere lo scopritore di una Verità, ma esserne "solo" l'erede, non rende così necessaria la diffusione di ogni recondito particolare. Resta il fatto, e vedremo a suo tempo se sarà necessario, che se un cantante vuole davvero raggiungere la vetta, dovrà per forza passare anche dall'aspetto filosofico.
Dunque qual è il senso di questo post? C'è un concetto di verità più semplice, almeno apparentemente, che un po' tutti, con un certo impegno, possono provare a percepire. Ascoltate il suono di un cantante, e provate a chiedervi se quel suono è "vero". Io ormai ho le orecchie super allenate, d'accordo, ma quante volte con i miei allievi arrivo a dire: ecco, questo è un tuo suono "vero"!, è parte di te, giunge dal tuo "cuore" (non in senso romantico - potremmo dire anche dal tuo interno, dalla tua sfera emotiva...), e non ha nulla di costruito, di artificioso, di incrostato, ecc. Ancora di più. Ascoltate una parola o breve frase di un cantante, e chiediamoci se quella parola o frase è stata pronunciata (pur nel canto) con verità! cioè se mi arriva il significato. Questo è l'obiettivo supremo e mirabile di un grande canto-cantante.
Non ci sono i codici per poter postare qui il video di Schipa che canta Le violette. Andate a sentirlo su youtube, http://www.youtube.com/watch?v=ahvMqNOJjZc&feature=fvsr, anche solo il primo minuto, e poi confrontatelo con la stessa aria cantata da Alfredo Kraus: http://www.youtube.com/watch?v=-UjZn0upxZs&feature=related. Kraus è stato un grandissimo cantante, molto bravo proprio nel canto a fior di labbro. Eppure... sentite che nell'espressione non c'è la stessa "verità"? E' come se Kraus pensasse "a sè stesso", o è come se dicesse: sentite come canto, sentite che bella voce, eccomi, io sono qui... ecc. ecc. Schipa sta negando ste stesso, diventa tutt'uno con ciò che sta cantando, non c'è narcisismo, non esiste più l'aspetto materiale, estetico, costruito di un mondo reale, ma siamo a livello spirituale, astratto, unificante (giacché la Verità unisce gli spiriti, non divide!).

sabato, novembre 13, 2010

Altro esempio

Qui si può ascoltare un esempio forse anche più chiaro del precedente. E' il tenore La Scola nell'aria "e il sol dell'anima" dal Rigoletto, edizione dir. da R. Muti. Il tenore, qui ancora piuttosto giovane, non è a suo agio nel settore acuto, e lo si sente su un po' tutte le note più alte. Però è molto evidente che quando la frase musicale si "arrampica" decisamente sulle vette, la gola diventa una "cannuccia" e il suono risulta molto stridulo, perde colore e facilità, e si avverte uno squilibrio anche di tipo fisiologico, per cui ci sono come piccolissimi "singhiozzi" che denunciano la carenza d'appoggio. Il fiato-diaframma dovrebbe possedere l'energia per alimentare tutti i suoni nella gamma di un cantante completo. Quando l'energia è insufficiente, può accadere che il suono: 1) si ingoli, 2) si stringa 3) vada indietro 4)"stecchi". L'ingolamento permette al soggetto di appoggiare una parte del suono sulla muscolatura faringea. Questo imbruttisce e limita la sonorità, che però alle orecchie di molti risulterà ricco perché il suono prenderà risonanze tipicamente gutturali, brutte per molti, ma non per tutti. Però questo permette anche di mantenere una parte di risonanze e armonici della cosiddetta "maschera" e la gola può mantenere una discreta ampiezza. Nel secondo caso, cercando di evitare la gola, ma non avendo l'educazione per mantenere l'appoggio corretto e completo, la gola si stringe. Per la verità anche questo può definirsi un suono ingolato, però qui prevale il senso di un suono che perde ampiezza, sonorità, bellezza e ricchezza, e mette a disagio l'ascoltatore, perché risulterà invece povero, stridulo, "impiccato". In altri casi la "stampella" alla carenza d'appoggio può consistere nel lasciare che il suono vada indietro, cioè perda la posizione d'appoggio dietro ai denti anteriori superiori. Il suono risulterà opaco e povero. Anche questo è un suono ingolato, ma meno evidentemente. Quando l'appoggio risulta decisamente precario, subentra la stecca.

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sabato, novembre 06, 2010

Un esempio

Un esempio di voce complessivamente "stretta" (a parte le storture di pronuncia, che non ritengo dovute alla lingua madre del cantante), e il ricorso rapido, sull'acuto, alla I, più sonora nella "strettoia" della A. Si ascoltino in particolare le E, ma anche le O basse (le A poi spesso sono quasi delle O). Peraltro da notare che il cantante cerca la pronuncia con le labbra, ma il suono non può venire avanti perché la gola è molto rigida. Ecco dunque la necessità sempre del rilassamento in tutta la parte di apparato posteriore alle labbra.

Il tubo spezzato

In passati post ho paragonato il percorso del fiato vocale a quello di un tubo per innaffiare. Nell'esaminare l'affinità tra le due situazioni, facevo notare che se noi modifichiamo il "calibro" del foro d'uscita dell'acqua, per esempio con un dito, noi andiamo anche a modificare indirettamente la pressione interna e quindi anche il risultato esterno, perché se il foro d'uscita viene ristretto, la pressione aumenta e l'acqua fluirà più lontano, mentre se allarghiamo il foro, la pressione diminuisce e l'acqua cadrà più vicino. Quindi, se noi teniamo le labbra più strette ne conseguirà un aumento di pressione, più appoggio e una più ampia proiezione del suono nell'ambiente; se le labbra vengono abbandonate, la pressione diminuirà e il suono non riempirà la sala ove ci si esibisce. Questo paragone è utile anche per spiegare un altro fenomeno (difetto) molto diffuso, al punto di sembrare quasi la normalità, anzi un pregio: il suono "stretto". Ascolto spessissimo soprattutto tenori che al momento del passaggio STRINGONO il suono. Questo trucchetto consente di ottenere un suono più squillante, ma anche ingolato, quindi aspro, meno realmente appoggiato, ma che a molte persone piace. Questo fenomeno come si può spiegare? Ricorrendo sempre all'esempio del tubo, potremmo paragonarlo a una piega nel tubo. Se io piego quasi a 90° il tubo in un punto qualsiasi, otterrò nuovamente un aumento di pressione nella parte di tubo posteriore alla piega, però nella zona anteriore l'acqua subirà un'accelerazione e quindi l'effetto è simile a quello precedente. Ovviamente le differenze ci sono: nel primo caso io avrò una pressione costante in tutto il tubo, tutta l'acqua portata del tubo viene emessa con maggiore pressione; nel secondo caso la pressione riguarderà solo l'acqua nella porzione di tubo che va dal rubinetto al punto della piega (quindi dal diaframma al faringe, che è il punto della "piega"). Il tubo piegato comporterà, a fronte di un aumento della pressione, una diminuzione della quantità di acqua sotto pressione; nella voce comporterà in primo luogo una deformazione della pronuncia della vocale che si vuole dire, in secondo luogo una diminuzione della quantità di fiato-voce emessa, che avrà sì pressione, ma apparirà più striminzito, avrà minore portata, ampiezza, e non sarà omogeneo con il resto della gamma.
Nelle donne questo fenomeno è più presente, invece, nelle note basse. Siccome molti insegnanti sostengono, ahiloro, che il petto non fa bene, e soprattutto i soprani non dovrebbero usarlo, quando si trovano delle note centrali, sotto il re3, per non passare di petto, sono costrette a "stringere", per poter continuare a mantenere pressione e un po' di timbro (di gola, peraltro) e sonorità. Ovviamente sono suoni orribili!!