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sabato, luglio 28, 2012

La babele delle scuole di canto

La scoperta, l'intuizione da parte del m° Antonietti del ruolo fondamentale giocato dal nostro istinto di difesa e perpetuazione della specie nelle difficoltà opposte al canto artistico, ignorata da gran parte, se non tutte, le scuole di canto note e persino avversata e derisa, fa sì che, per quanto ci consta, siamo l'unica scuola ad applicare una disciplina vocale che si muove coscientemente per superare questa opposizione con criteri e obiettivi ben chiari e definiti nonché una strategia facilmente comprensibile e coerente, non metodi preconfezionati, dogmatici o privi di fondamento. Quindi, cosa fanno tutte le altre scuole?
Partiamo dal dato di fatto: chiunque si accinga a studiare canto lirico, nessuno escluso, si trova a dover superare degli ostacoli (la possibilità che qualcuno riesca a cantare repertorio operistico in teatro senza difficoltà è talmente remota da considerarla pressoché impossibile - a parte coloro che cantano di gola o con altri pesanti difetti ma in virtù di forza giovanile e bellezza timbrica possono darla a bere per pochissimo tempo). Ora qui sta il punto cruciale: cos'è questo ostacolo? A me pare, correggetemi se sbaglio, che nessuno abbia mai dato "un nome e un cognome" a questa resistenza, questa difficoltà, questa opposizione, più o meno rilevante. I seguaci del canto "naturale" parlano di un canto "dimenticato", cioè che sta nel nostro profondo e deve essere riportato a galla. E' una delle tante metafore oscure. Qual è il motivo, infatti, di tale "dimenticanza"? perché diavolo tutto è presente e questo no? Comunque sia, il problema di definire cos'è questo ostacolo viene bellamente bypassato da tutti che si concentrano, invece, sull'apprendimento pratico cui è stato dato, grossomodo da tutti, lo stesso termine: tecnica. In realtà, come avevo già scritto agli esordi di questo blog, il termine è scorretto. La tecnica è infatti quell'insieme di regole che permette il canto musicalmente corretto, cioè è l'apprendimento della corretta esecuzione musicale. La tecnica è relativa a tutti gli strumenti che hanno lo strumento già pronto; nel canto lo strumento è solo in parte pronto, perché non è in grado di rispondere completamente alle richieste dell'esecutore; in alcuni manca la flessibilità, in altri la sonorità, l'estensione, l'omogeneità, l'espressività, ecc. ecc. Fino a non moltissimo tempo fa si parlava di "impostazione" della voce, cioè proprio di quella fase in cui si recuperava la capacità strumentale della voce. Purtroppo col tempo c'è stato un decadimento nell'uso del termine, e oggi si parla di impostazione come se fosse qualcosa di artificiale, di diverso dal suono "naturale", e purtroppo si parla di "costruzione" della voce, come se si potesse formare un apparato fonatorio diverso da quello già esistente. Termini come "sviluppo" e "educazione" sono poco usati perché troppo poco eclatanti, poco suggestivi e quindi non abbastanza di effetto sui probabili "clienti" delle scuole, che invece preferiscono termini altisonanti ed eclatanti con obiettivi strabilianti, salvo essere cacciati dopo poche lezioni se non mostrano doti eccezionali. Anche gli allievi troppo curiosi che fanno domande imbarazzanti di solito hanno breve durata, perché impongono ai docenti di doversi inventare delle risposte, il che li sottopone a impegni mentali troppo faticosi.
Non conoscendo il "nemico", cioè non sapendo l'origine, la causa e le caratteristiche di ciò che si oppone al canto artistico, è fatale che ognuno segua una strada diversa; potremmo dire con una certa sicurezza che in realtà vere scuole di canto non esistono. Quand'anche un insegnante ottiene buoni risultati e si industria per divulgare il suo "metodo" e fare proseliti, questo viene sistematicamente variato, personalizzato dai prosecutori, perché ognuno scopre differenze, difficoltà, soggettivismi che rendono difficile o poco efficace il metodo "originale" e quindi lo accomodano ad personam. Ci sono insegnanti molto umili e seri che con molta pazienza si dedicano ai propri allievi, in virtù di buone doti di insegnamento e un buon modo di cantare, senza "spremere", forzare, spingere, ecc., si dedicano, per quanto persi nella nebbia, alla respirazione, e riescono molte volte a ottenere allievi eccellenti professionisti, ben preparati musicalmente, non gonfi di narcisismo, non spaccamontagne, che con la semplicità del metodo raggiungono obiettivi di voce discretamente libera, bel fraseggio, buona pronuncia, buona coloratura, buon legato, buona sonorità. Questi insegnanti e gli allievi che loro si affidano sono certamente quelli oggi più da lodare e da gratificare, perché il messaggio della serietà, dell'onestà, della semplicità e umilità devono essere quelli da esportare ed esaltare. Purtroppo non possiamo nasconderci dietro al dito: sappiamo benissimo che per la maggior parte degli aspiranti cantanti conta avere tanta voce forte, resistere stoicamente fino in fondo a una romanza nonostante le difficoltà insuperabili, steccare persino, ma mai sottoporsi a una autentica disciplina che sa troppo di scuola, di regole, di lento, paziente apprendimento e magari anche di romanzine e severi rimproveri dal maestro.
Quindi, per tornare all'argomento, ognuno applica una "tecnica" attaccandosi ora a immagini pseudo scientifiche: apri la gola, abbassa la laringe, alza il velopendolo, abbassa il diaframma, ecc. ecc., a volte ritenendo davvero di poter superare l'ostacolo con profonde cognizioni scientifiche (le scuole voicecraft, sls e similari), le quali vengono poi utilizzate in modo a dir poco obbrobrioso con esercizi di movimento cartilagineo e muscolare dimenticando quasi sempre che il canto è in primo luogo il fiato e che ogni movimento non può prescindere da un coinvolgimento di quello, e che se non si educa la voce mettendo sempre in relazione la richiesta fonica con i movimenti e il fiato che alimenta, nessun risultato potrà mai essere esemplare. E dire che, in fondo, basterebbero poche domande a mettere in crisi quasi tutti gli insegnanti nella ricerca di risposte convincenti: perché non riesco a eseguire queste note? perché queste nota mi esce diversa dalla precedente, solo mezzo tono sopra? perché non riesco a pronunciare correttamente questa vocale? Perché mi dice che questa vocale non va pronunciata come nella vita normale ma diversamente, più scura o più artefatta? e via dicendo. Gli allievi pendono dalle labbra dei loro insegnanti, non pongono quasi mai domande, sentono (non ascoltano) ciò che dicono pieni di ammirazione ma non capiscono quasi niente di ciò che dicono, convinti di non capire perché ancora troppo immaturi, ma non lo devono far capire al maestro se no potrebbe farsi una cattiva opinione, quindi fanno finta di capire tutto e poi si vedrà...
Gli allievi che provengono da altre scuole, mi dicono ciò che dicevano loro i precedenti insegnanti, e io chiedo: ma lo sai il perché? qual è la motivazione per cui tu fai questo? e purtroppo nessuno sa rispondere. Se il maestro dice: "pensa sempre A", ci si mette a discutere? lo dice e lo faccio! Siccome poi i suoni tendono tutti a diventare A, allora il maestro dice: no, pensa A con la gola, ma poi devi metterlo piccolo in maschera (frase che mi fa letteralmente venire la nausea!) e a suon di consigli (diciamo così) si creano dei "tralicci" di tensione in tutto il corpo e dei grovigli mentali insolubili. Ricordo ancora quando mi si diceva: respira con la pancia, gonfiando bene l'addome, prepara il suono aprendo la gola pensando A ma mettendoti già nella condizione di pronunciare la O tra gli occhi, senza abbassare la mandibola... io provavo e quindi: "bene, ma non hai aperto abbastanza la gola"; secondo tentativo: "bene, ma non l'hai messo abbastanza alto in maschera, più su", terzo tentativo: "non hai respirato bene, più giù la pancia"... e così via. Ma tutto questo perché? quando posi due domande, fu il momento della rottura, perché il castello di carte si mostrò per tale. Ora, qual è il motivo e l'utilità di questo intervento e come concludere? Il senso di questo blog non è pubblicitario e quindi non voglio certo dire: venite tutti qui che è l'unica scuola del mondo valida. Il nostro scopo, già a partire dal libro del M° Antonietti, è sempre orientativo, quindi noi vorremmo cercare di fare in modo che i cattivi maestri avessero sempre meno allievi e quelli seri e onesti di più, quindi il nostro consiglio è: fate domande!! non abbiate paura di essere considerati rompiscatole o troppo curiosi o poco intelligenti; chiedete e approfondite finché la risposta vi risulterà comprensibile! Ponetevi dei dubbi e cercate di riflettere, meditare e confrontarvi con il vostro insegnante, e, se potete, non abbiate troppo timore a provarne altri, sentire molti pareri e metterli a confronto, ma non giudicate, poi, in base a simpatia, accoglienza, piacevolezza, comunicativa, ma in base a criteri obiettivi e solidi: capisco ciò che mi dice, mi dà risposte chiare e di univoca intepretazione, gli obiettivi sono espliciti, il risultato in ogni lezione mi è chiaro, non esco dalla lezione confuso, non esco con problemi alla voce, nell'arco di poco tempo sono consapevole di una crescita vocale, intellettiva, conoscitiva. Ricordarsi che questo apprendimento è artistico, non è solo meccanico, quindi, per quanto poco, gli aspetti legati alla meditazione, alla introspezione e alla conoscenza umana dovranno essere presi in considerazione, altrimenti diventa un mestiere arido e si tradisce la sua funzione. Per chi vuole e per chi può. Gli altri sono condannati alla felicità...

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