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lunedì, agosto 06, 2007

L'appoggio del suono

In altro post approfondiremo meglio il termine "sostegno", in quanto su di esso circolano le interpretazioni più improbabili. Nella realtà delle cose si presentano almeno 3 situazioni: 1) appoggio sul "fisico"; 2) appoggio sul fiato; 3) appoggio misto fiato-fisico. Devo subito spiegare cosa intendo con "fisico". Mi riferisco NON al diaframma o ai muscoli respiratori toracici, bensì alla zona glottica. Faccio subito un'affermazione forte e probabilmente antipatica, dicendo che la situazione 2, cioè appoggio unicamente sul fiato, è una condizione rarissima, oggi al limite dell'inesistente. L'ascolto discografico o teatrale mi riporta un solo nome di cantante che riuscì durante tutta la carriera, esclusi pochissimi momenti, a cantare perennemente sul fiato, e cioè Tito Schipa. E' vero che fu in questo aiutato dalla sorte, non avendo una voce particolarmente voluminosa e "pesante", però ciò non significa granché, visto che miriade di cantanti altrettanto "leggeri" non sono riusciti neanche ad avvicinarsi a questo sommo cantante, e parlo anche di tenori che tentarono di imitarlo, come Cesare Valletti e Ferruccio Tagliavini. Altri cantanti che giunsero a risultati di grandissimo rilievo, con momenti in cui raggiunsero risultati eccellenti, rispetto all'argomento che sto trattanto, furono Alfredo Kraus, Ezio Pinza, Beniamino Gigli, Italo Tajo, Mario Petri, Maria Callas, Dietrich Fischer Dieskau, Franco Corelli, Giuseppe De Luca, Mariano Stabile e altri ancora. La stragrande maggioranza dei cantanti si ritrova nella situazione 3, cioè con un misto di appoggio sul fiato e una percentuale variabile di appoggio sul fisico. Naturalmente più l'appoggio è fisico più il suono diventa difficile da "manovrare", poco flessibile, molto "materiale" e quindi alla lunga monotono, meno espandibile nello spazio circostante; un suono che in una parola possiamo definire "duro". Naturalmente la cosa si spiega: pensate se doveste sollevare un oggetto con la forza dell'aria: ci vorrebbe un getto molto potente e costante affinché il risultato fosse proponibile. Il suono vocale, specie nel canto lirico, ha un "peso" che non è per nulla indifferente, quindi far sì che rimanga "sospeso" nel vuoto per un lungo tempo (la frase musicale) sempre con la medesima qualità e con le variabili musicali ad esso relative (altezza, colore, dinamica...), è una impresa non da poco. Un appoggio anche minimo del suono in gola, senza modificare eccessivamente il timbro e la qualità, permette di sostenere un canto impegnativo con molto minor fatica e con un tempo di studio decisamente inferiore, quindi si può comprendere che la maggior parte dei cantanti ricorra, consapevolmente o meno, a questo artificio. Naturalmente ciò che non è accettabile è il suono prettamente fisico, cioè ingolato o "attaccato", come diciamo nella mia scuola. La differenza tra un suono appoggiato sul fiato e uno anche minimamente ingolato, è equiparabile a "spirito" o "energia" e "materia".
Tutto ciò che c'è da fare è rendere il fiato ogni giorno più "forte", più abile ad alimentare suoni sempre più acuti, sempre più potenti. Oppure scegliere la scorciatoia. La quotidianità si fa con la tecnica, quindi con suoni buoni, messi "meglio possibile"; la Storia si fa con l'Arte, con suoni perfetti, sostenuti in modo infallibile dal fiato/diaframma.

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