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martedì, dicembre 15, 2009
A ognuno il suo [acuto]
Giustamente mi è stato fatto notare che il tenore e il baritono, due voci in fondo non così distanti, affrontano e risolvono gli acuti in modo piuttosto diverso, salvo casi abbastanza rari. In effetti in passato le cose non erano così diverse, se si sentono i grandi baritoni degli anni '30 e '40, si avverte un uso del colore e un atteggiamento nei confronti degli acuti che è sostanzialmente lo stesso dei tenori. Ha prevalso, nel tempo, però la linea di alcuni altri baritoni (partendo da Titta Ruffo) che hanno preferito mantenere un colore oscuro per tutta la gamma. Questo atteggiamento stilistico crea qualche problema nell'educazione della voce, perché lo scuro ha un peso considerevolmente maggiore, che se può tornare utile nella zona centrale della gamma, crea però un impegno molto ingente da portare con omogeneità nella zona acuta; inoltre dopo i primi due o tre suoni oltre la nota di passaggio, lo scuro comporta il mantenimento di una posizione bassa da parte della laringe che diciamo "si incaverna", nel senso che occupa una posizione inidonea agli acuti, che richiedono un maggiore allungamento e assottigliamento delle corde e pertanto avrebbero bisogno di maggior spazio, che si trova nella parte alta del faringe. Ciò crea a molti baritoni una difficoltà a sostenere gli acuti superiori al fa#3, che spesso risulta già nota ostica. Diciamo che se può essere ragionevolmente accettabile che i baritoni possiedano un colore diverso dai tenori (ma che dovrebbe risultare dalla tessitura stessa dei brani, mentre già con Verdi si assiste a una progressiva acutizzazione delle parti, poco logica, in realtà), questo non dovrebbe essere esasperato. Se consideriamo che tenori come Giacomini (recente) sembrano baritoni, i baritoni dovrebbero assomigliare ai bassi... e poi?? Sarebbe molto meglio se ognuno cantasse ciò che meglio riesce a rendere con i propri mezzi, indipendentemente dalle tante inutili e persin dannose etichette.
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