Se prendete un palloncino oblungo con poca aria dentro, esso potrà assumere una forma assai volubile, e potrà restare anche piegato a L. Se la pressione all'interno del palloncino aumenta (ad es, schiacciandolo ad un estremo), esso assumerà una forma ad I e piegarlo risulterà sempre più difficile. Ora vediamo le implicazioni nell'uomo. Nel canto, come sappiamo, la pressione del fiato aumenta, rispetto alla vita di relazione, e l'aumento è proporzionale all'altezza del suono e all'intensità. Ciò significa che man mano che si sale nella scala verso i suoni acuti, il nostro "tubo" vocale, costituito nella parte superiore dal faringe, tenderà a "raddrizzarsi", cioè la piega, formata dal palato molle e quindi da quello osseo, tenderà a far alzare la testa fino al punto, all'estremo, di portare la bocca esattamente allo zenit (sono le discutibili "sensazioni" che descrive la Lehmann nel suo trattato). Siccome ciò normalmente non avviene, e non dovrebbe avvenire, è evidente che si produce una pressione elevata nella zona retroboccale, quella forza, per l'appunto, che spinge il cranio a piegarsi all'indietro per raddrizzare il tubo. Si può fare un esperimento per avere cognizione di questa forza. Prendete fiato e riempite le gote, spingendo con forza verso l'esterno. Immediatamente sentirete una forza che vi spinge a piegare la testa all'indietro. Nel canto questa forza è molto meno evidente, ma c'è. Dunque due sono gli aspetti da considerare: la pressione, che non deve mai essere eccessiva, e il punto di convergenza o proiezione del fiato. L'eccesso di pressione è dato dalla spinta e dalla reazione istintiva. Anche quando si esce dalla zona del parlato relazionale, una certa spinta si produce, e questo porta subito il suono verso il palato molle, dunque indietro; pertanto occorre far diminuire la pressione, scendendo quando basta, e focalizzando il più possibile il suono in zona boccale (labbra-denti-lingua) affinché si educhi al giusto percorso. Anche il tenere chiusa la bocca può fare aumentare la pressione a livello faringeo, spingendo il fiato verso il velopendolo, e quindi impedendo il percorso corretto.
Possiamo dire che il suono nasale sia un difetto derivante da questa situazione (oltre al fatto che toglie peso...); il tubo cerca di "raddrizzarsi" e punta prima verso il naso, poi sempre più su. Sono quelle tipiche sensazioni che vengono descritte anche in testi di canto, e purtroppo vengono anche considerate positivamente e da seguire. E' vero che questa è una condizione naturale, ma in questo caso è una natura che non ci aiuta, anzi, limita o ci impedisce il raggiungimento di un risultato artistico, in quanto il "raddrizzamento" del tubo (chiedo scusa per questo brutto termine) di fatto impedirebbe la realizzazione del polo superiore, e il fiato sarebbe totalmente spoggiato, quindi la conformazione del tubo a L è un elemento fondamentale per il raggiungimento del controllo del diaframma e quindi di un canto esemplare.
PS: l'esercizio col fiato va eseguito rigorosamente in respirazione diaframmatica, altrimenti c'è il rischio di accentuare la risalita diaframmatica, cioè il contrario di quanto vorremmo ottenere.
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