Oggi, come ogni domenica, guardavo la trasmissione Passepartout, che parla di Arte figurativa condotta da Philippe Daverio, che apprezzo moltissimo. Oggi c'era una lunga intervista con lo scultore giapponese Azuma, che mi ha molto colpito. Parlava di Zen e Arte; nelle mie lezioni raramente o quasi mai accenno a questioni filosofiche, al contrario del mio M°, che invece quasi mai la escludeva, così come il M° Celibidache nelle lezioni di fenomenologia e direzione d'orchestra. Senza entrare troppo in argomento, ciò che mi ha colpito è stato uno dei simboli Zen, cioè il cerchio, simbolo dello svuotamento dell'anima, pronta a ricevere nuove informazioni. Una delle poesie cardini del M° Antonietti si intitolava proprio "il cerchio":
Il cerchio chiuso è silenzio
Chi ha chiuso il cerchio tace
Perché sa che è loquace
Chi ancor non ha capito.
Eppure è tanto semplice conoscere il segreto della vita:
Un tracciato che è sempre inevitabile,
Finito nelle stelle all'infinito.
Al di là di un primo significato, credo abbastanza chiaro, l'analogia con la disciplina Zen sta nel confronto tra "cerchio vuoto" e "silenzio". Per poter apprendere una disciplina artistica come il canto, è proprio necessario svuotare il nostro spirito dall'enorme quantità di stimoli e preconcetti perlopiù suggeriti dal nostro "ego", che sono in massima parte di tipo narcisistico; non si può raggiungere un livello di esemplarità in un'Arte qualsiasi se siamo dominati da pensieri di promozione individuale, concetti materiali ed economici. La condizione migliore è quella, appunto, di svuotare la propria coscienza, e affrontare la disciplina con purezza e "sete" di apprendimento.
da rifletterci all infinito...
RispondiEliminagrazie.