Mi è stato prestato il libro di Delfo Menicucci sull'arte del canto, con particolare riferimento alla tecnica "dell'affondo", e l'ho letto con molto interesse. Ho apprezzato alcuni punti, alcune frasi, dove il cantante (che ebbi occasione di ascoltare da vicino, al teatro Regio di Torino, in Gargantua, allora in veste baritonale, mentre oggi si esibisce nella classe tenorile) prende le distanze da molti luoghi comuni dell'affondo. Devo dire che talvolta mi ha piacevolmente sorpreso per certa somiglianza con le scoperte del m° Antonietti, anche se qui, come nell'intervista precedente, mancano alcuni fondamenti essenziali.
Ho apprezzato, ad es. la presa di distanza dal termine "maschera", che come ripetiamo spesso, è disorientante e ingannevole. Mi ha fatto piacere constatare che anche la scuola di cui si fa portavoce individua un punto di fuoco del suono nel palato duro dietro agli incisivi superiori. Ho molto apprezzato la sua strenua difesa della voce parlata e soprattutto della perfetta dizione anche nel canto (e in questo senso dovrò capire se quanto dice l'amico Carlo Colombara in merito alle "A" sia da riferirsi alla sua scuola (quella di Paride Venturi, anch'essa di derivazione 'affondista') o a consigli di altra natura - in effetti lui citò Mirella Freni).
A questo punto i lettori si aspetteranno il "ma". Che puntualmente giunge. Intanto non ritengo molto corretta l'enfasi verso il suo metodo al confronto con tutti gli altri. Non può dire che tutti gli affondisti e solo loro abbiano (o abbiano avuto) tutte le carte in regola. Entrando più nel merito, i punti oscuri riguardano (ovviamente) la respirazione, alcune posture anatomiche e anche alcuni incredibili paradossi di confronto. Praticamente il fulcro di tutta la tecnica dell'affondo viene concentrata nella metodica respiratoria, decisamente molto bassa e in dentro. La cosa che lascia più perplessi riguarda l'appoggio. Partendo dalla giusta osservazione che il diaframma risale automaticamente e non è gestibile volontariamente, arriva a dire che "non c'è un appoggio diaframmatico", ma della cintura addominale. E' un'enormità, come si può ben comprendere. E davvero incredibile che la verità sotto gli occhi non gli si sia rivelata: il doppio polo. Interessante invece una disquisizione sul "saltare la gola", che in effetti in alcuni buoni cantanti dell'affondo si può apprezzare. Dopo aver confermato che gli affondisti "doc" non tengono la laringe bassa volutamente e una serie di argomentazioni a me poco chiare sull'allineamento della laringe, il punto che mi ha lasciato davvero esterrefatto riguarda la lingua. D'accordo sulla necessità che la lingua sia rilassata nelle vocali ampie, scanellata in quelle che lo richiedono, così come sollevata in quelle chiare, rimango esterrefatto e inorridito quando afferma che è una necessità inderogabile, e dunque si può ricorrere anche al manico del cucchiaio per farla stare in posizione. No, questa è una "tecnica" che poteva risparmiare di scrivere, e da cui metto fortemente in guardia chiunque studi o si accinga a studiare! La lingua starà giù quando l'istinto lo permetterà (e in qualche caso automatismi erroneamente appresi).
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