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martedì, luglio 05, 2011

Lo strumento variabile

Ribadisco un aspetto del canto umano che forse ai più sfugge, pur essendo evidentissimo. Se prendiamo un clarinetto, osserviamo che la sua ancia durante un'esecuzione rimane sempre la stessa, è invariabile; analogamente il discorso si può fare per tutti gli strumenti a fiato, che abbiano bocchini o ance, semplici o doppie; e ancora analogamente il concetto vale per gli strumenti a corde, dove la lunghezza e lo spessore sono sempre gli stessi, e infine per le casse armoniche di tutti gli strumenti, che sono perlopiù invariabili, o, nei casi più complessi, variabili ma per "scaglioni"; gli strumenti a corde posseggono più corde di vario spessore, ma non ci sono vie di mezzo, o si sta su una corda o si passa a una inferiore o superiore. Il pianoforte possiede una corda per ogni nota, ma la cassa armonica è fissa, così come non posso cambiare il colore della nota, perché avrei bisogno di caratteristiche diverse della corda che non sono possibili. Lo stesso vale per l'arpa. L'organo possiede più canne per ogni nota, ma ha limiti enormi sul piano dinamico e del legato (anche il pianoforte) e mancano possibilità di variazioni di intonazione. La prerogativa della voce umana, oltre a quella della parola di cui ho già a lungo parlato, rispetto a qualunque altro strumento, consiste nella sua enorme capacità e possibilità di variazioni rispetto a tutti i parametri sonori. Le corde vocali umane non sono "fisse", cioè non hanno spessore e lunghezza fisse, ma variabili, e questo permette la realizzazione di ogni sfumatura di intonazione, colore, intensità, volume. Anche la parte più importante della cassa armonica, lo spazio oro-faringeo, è variabile, e questo consente ulteriori variazioni di colore, ma questa elasticità, mobilità e motilità è in diretto rapporto con le variazioni di corda, che comportano anche continui cambiamenti nel flusso aereo, sia in quantità che in intensità. Da qui si evince che la complessità dello strumento voce è del tutto incontrollabile volontariamente dall'uomo, ovverosia è controllabile nella misura in cui noi lo educhiamo a rispondere ai desideri della nostra mente. Per essere più chiari: noi dobbiamo creare un nuovo istinto (o meglio adattare quello esistente) che permetta ai tre apparati di cui si compone lo strumento vocale (alimentazione-produzione-amplifico-articolazione) di adattarsi di continuo alle esigenze della mente. Educare non ha niente a che vedere con un controllo diretto e volontario sulla voce o sugli apparati produttori; pensare di adattare volontariamente e direttamente la gola, il fiato, la bocca o qualunque altra cosa al suono che vogliamo emettere, è folle, assurdo, velleitario. Ciò che possiamo fare però è creare gradualmente uno sviluppo e un funzionamento automatico dei tre apparati tra di loro in grado di adattarsi alle nostre esigenze, laddove però, ovviamente, le esigenze non superino le caratteristiche dello strumento stesso; sarebbe sciocco pensare che un tenore possa creare le condizioni per cantare da soprano o da basso; per quanto variabile il nostro corpo ha dei limiti (anch'essi differenti da persona a persona) e l'Arte, se da un lato consiste nel superamento di limiti imposti dalla nostra "animalità", dall'altro non può andare oltre... il "non oltre", perché richiederebbe una disumanizzazione, impossibile da ottenere per varie ragioni, alcune fisiche, quindi evidenti, altre filosofiche.

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