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mercoledì, ottobre 02, 2013

Ancora l'ABC: il rovescio della medaglia.

Ritengo di dover tornare ancora una volta su aspetti propedeutici, iniziali, perché comunque è sempre con quelli che ci si deve confrontare; per le questioni complesse, cioè una volta superato il primo scoglio, ... c'è sempre tempo.
Dunque, tornando, anche con la memoria, ai primi istintanti in cui si vuole imparare a cantare, il pensiero va alla "respirazione diaframmatica". Molte persone, anche occasionalmente, sapendo che insegno canto (ma ugualmente l'ho visto scritto in forum, in blog, in conversazioni pubbliche), nel tempo mi hanno detto: "ah, mi piacerebbe venire, per migliorare - o studiare - la respirazione col diaframma - o diaframmatica". Questa frase, che credo alberghi nell'immaginario di gran parte delle persone che intendono studiare canto o già lo studiano, può sottintendere due aspetti: 1) non si sa respirare, o pensa di respira male, nella vita normale, mentre chi canta, e ancor più chi insegna canto, può insegnarla, indipendentemente dal fatto poi di cantare; 2) il canto necessita di una respirazione "diversa", che faccia uso del diaframma. La prima affermazione può essere vera; va verificata; ci sono molte persone che respirano male, a volte per brutte abitudini acquisite, a volte per problemi psicologici, a volte per problemi fisici, a volte entrambi. Anche un buon insegnante di canto può essere utile. La seconda affermazione è da dividere ancora in due parti: una respirazione diversa, particolare, e l'uso del diaframma. Su questo c'è un aspetto "mitologico"; si sa... è risaputo... è noto... tutti dicono che... ci vuole il diaframma. Gran parte di coloro che lo dicono non hanno la più pallida idea di come venga utilizzato il diaframma, spesso non sanno nemmeno dov'è e come funziona. Non è una colpa, non è necessario, però i "luoghi comuni", come questo, spesso giocano negativamente. Siccome questo pensiero è molto diffuso, gli insegnanti non si esimono dal farlo e spesso fanno danni, come abbiamo anche recentemente scritto; non sto a ripeterlo. Un mio allievo, alla seconda lezione in cui ancora non avevo detto niente di respirazione, mi chiese, un po' inquisitoriamente, quando pensavo di farlo!
Dunque, nell'immaginario se non collettivo comunque medio, c'è l'idea che tra la respirazione "normale" e quella per cantare c'è di mezzo... il diaframma. A seguito di ciò entra poi in ballo il cosiddetto "appoggio", cioè noi dovremmo stimolare e potenziare la respirazione affinché si appoggi maggiormente, prema, sul diaframma; questo darebbe frutti sul piano della qualità del canto. Credo che un po' tutti si ritrovino in questa visione. Ebbene, non è così! La respirazione "naturale", cioè fisiologica, già fa uso del diaframma; lo fa in minima percentuale perché non ce n'è bisogno nella vita corrente. L'utilizzo più frequente e profondo della respirazione non farà che investire maggiormente anche questo muscolo e dunque la respirazione diaframmatica è del tutto naturale, come ripete e su cui insistono gli esaltati del canto naturale. Peccato che questa cosa possa servire fino a un certo punto. Ciò con cui infatti il cantante si trova a dover fare i conti, a volte subito, a volte poco dopo, in qualche caso molto dopo, non è l'appoggio, su cui ha ragione Juvarra, arriva, ma con il suo opposto: lo spoggio. Si può pensare che la voce - o il fiato...? - sia in origine non appoggiata, e con l'esercizio, lo studio, raggiunga quella condizione. E' possibile, ma molto più raro di quel che si pensi. E' invece possibile che appena uno inizi a cantare la voce si spoggi; cioè parlando la voce, per quanto poco, sia appoggiata, e il passaggio all'intonazione, che è effettivamente il "muro" che si alza, provochi lo spoggio. E' così, e ormai i miei lettori sanno il perchè! Il nostro organismo non tollera questo passaggio, perché lo pone in difficoltà. La difficoltà, vera o presunta, causa una ribellione e dunque un allontanamento, un "rigetto", che è commisurato all'entità dello sforzo. Se si provano a fare suoni vocali molto forti o molto acuti, riceverò reazioni altrettanto forti, che potranno arrivare a farmi perdere la voce o a danneggiare parti dello strumento vocale. Se si canta a volume e intensità moderate e su tessiture contenute, avrò minori reazioni; il tutto sempre relativamente alle risorse possedute. Dunque la faccenda è un po' il rovescio della medaglia, cioè ciò che va appreso non è tanto il cantare col diaframma, ma far sì che il diaframma non mi impedisca di cantare! E' palese che questa visione "dalla parte opposta" risulta, a chi nulla sa in merito, enormi perplessità e meraviglia. Come diavolo si può fare a impedire al diaframma di svolgere un proprio compito? Beh, questo non possiamo scriverlo adesso, perché è scritto nei 500 post precedenti, e quindi i lettori che capitano qui per la prima volta, dovranno aver pazienza e... cominciare da capo! Per concludere, però, è giusto che una certezza la dia: una respirazione comunque la si deve apprendere, e la chiamiamo respirazione artistica. Qualcuno dice che è solo una respirazione naturale profonda, ma sbaglia, sbaglia alla grande. La respirazione artistica è totalmente diversa da quella fisiologica, proprio perché capovolge la logica fisiologica; essa usa i muscoli ed è guidata e limitata dalla logica fisiologica di scambio gassoso del fiato, che innanzi tutto la limitano nel tempo, cioè nella durata, e nella qualità, cioè la densità. La respirazione artistica deve superare senza reazione i vincoli muscolari e soprattutto valvolari, consentendo all'aria una diversificazione di densità che ne consenta un uso strumentale, cioè la possibilità che esso agisca sulle corde vocali come l'archetto di un violino. Questa si chiamerà, quando raggiunta, libertà artistica di espressione vocale, ovvero coscienza respiratoria.

4 commenti:

  1. Salvo1:40 PM

    Coscienza respiratoria e diaframmatica.... io penso che una prima prova si possa fare leggendo in voce il post e quello precedente ancora più lungo (una furtiva lagrima) mantenendo costante la pronuncia, alla giusta altezza, la stessa intensità sonora, la corretta fonazione vocalica, le inflessioni, i tempi, ecc. Ho fatto tentare alcuni amici cantanti e non hanno resistito molto...

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    1. Indubbiamente sappiamo come una corretta lettura aiuti, però racconto un fatto. Una cosa molto difficile da gestire in musica è il tempo di esecuzione. Alcuni compositori, talvolta, hanno fatto uso di una indicazione incredibile: "tempo giusto". Questa frase ovviamente si attaglia a qualunque situazione. La pronuncia "giusta"! Già, io ci perdo le giornate a insegnarla e stimolarla, ma a volte dopo anni siamo ancora lontani. Purtroppo il vero, il giusto, più passa il tempo meno sono riconosciuti.

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  2. Caro Fabio, non ricordo se hai mai analizzato "Recondita armonia" una romanza a me molto cara e che ho cantato in diverse occasioni. Mi piacerebbe migliorarla anche con i tuoi consigli ed insegnamenti... Grazie.

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    1. No, non l'ho mai fatto. Cercherò di ottemperare alla tua richiesta quanto prima! Ciao

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