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sabato, giugno 13, 2015
I sogni son desideri
Una delle cose più difficili per l'uomo, non solo recentemente, è vivere il presente! Leggevo un'interessante riflessione (termine anche questo su cui tornerò tra poco): il cuore delle persone vive perennemente il presente, infatti deve incessantemente battere, e non può farlo che nel presente; viceversa le persone tendono a vivere sempre di più nella testa, che invece non è mai nel presente, dibattuta tra un passato, a volte rimpianto a volte odiato, e il futuro che si vorrebbe. Il termine "riflessione" è anch'esso un buono spunto per il presente, infatti l'immagine riflessa non fa che metterci di fronte al presente; essa non ci può mostrare il futuro o il passato. Anche la musica, in modo più elaborato, ci porta in questa direzione. La tonalità d'impianto di un brano è il presente, il piano base, dove si vive; la fenomenologia ci spiega con accortezza che gli armonici, nascendo alcuni istanti dopo il suono principale, costituiscono il futuro del tono (attenzione: ne sono la conseguenza, non arrivano "a caso"); il primo tono è l'ottava superiore (dove solitamente viene ripetuto il tema dopo la prima esposizione) mentre la quinta superiore è il secondo, la prima nota diversa da quella fondamentale che costuituirà appunto il futuro più prossimo. Il tono, a questo punto, è sì il futuro ma può essere considerato il futuro (la conseguenza) della quinta inferiore, che può quindi essere considerata il passato. Nel momento in cui si compie la cosiddetta "conferma" della tonalità (cosa che avviene sempre, in tutti i brani composti con i principi della tonalità), noi abbiamo la assoluta necessità (ma guarda un po'...) di toccare armonicamente, anche in modo indiretto, le due quinte: inferiore e superiore, per poter, quindi, stabilire dove siamo, cioè nel presente. Un grande scienziato della musica, Heinrich Schenker, mediante una interessante analisi, ci porta a osservare che un'intera partitura, sfrondata da abbellimenti, ripetizioni, ecc., altro non è che un... primo, quarto e quinto grado, cioè per l'appunto passato (quinta inferiore o quarta ascendente) e futuro (quinta ascendente o quarta inferiore) che inquadrano il presente, tono che quasi sempre si trova all'inizio e pressoché sempre al termine del brano. Ora vedete un po' l'uomo, che ha difficoltà a vivere il presente e non accetta volentieri la natura effimera di un brano musicale che inizia e finisce nello spazio di un breve tempo, cosa fa? inventa la registrazione, il disco, nell'illusione di fermare il tempo, o anche per continuare a rivivere un passato ritenuto migliore, il che può anche essere vero per molti aspetti, ma nondimeno non può essere il nostro presente (da cui forse vuole fuggire). Quindi da un lato un perenne tentativo di far rivivere un passato interiorizzato, già vissuto e più comodo (quindi asseconda la nostra pigrizia) anche perché già noto quindi meno impegnativo perché non devo sforzarmi di impararlo e viverlo, e la fabbrica dei desideri, la mente che ci proietta in un futuro fatto di successi, di guadagni, di celebrità, di facili amori e vita rosea. In questo perenne stato di non gravità, perché non si cade mai sul punto ma si barcolla avanti e indietro tra passato e futuro, il presente diventa sempre più intollerabile, sempre più difficile, lontano dalla memoria e dai desideri. Ma la memoria sono anche momenti negativi, insuccessi, brutte figure, ecc., e questo si può coniugare con il difficile presente nella depressione, nella lamentela e difficoltà di vivere il quotidiano. Quindi il difficile presente è anche il difficile vivere sé stessi. In tutto ciò il ruolo della musica è importante, ma anch'essa deve essere vissuta come è. Quante persone vogliono vederci storie, ambientazioni, rappresentazioni, cose, e non volerla ascoltare semplicemente. D'altra parte la musica non è semplice da "digerire"; se non comprendiamo il suo tracciato, ci sfuggirà, e ci perderemo, e per questo occorre educazione ma occorre anche avere esecutori realmente competenti e liberi dalle stesse pregiudiziali da cui deve liberarsi chi ascolta, cioè ascoltare il presente, eseguire il presente; ascoltare il proprio respiro, il proprio cuore.
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Stupendo!
RispondiEliminaGrazie!
RispondiEliminaIl cerchio chiuso è silenzio! Chi ha chiuso il cerchio tace, perché sa che è loquace sol chi ancor non ha capito!
RispondiEliminaNon saprei come meglio commentare questo tuo scritto. Oltre a dar prova di avere pienamente interiorizzato gli assunti fondamentali della fenomenologia, sei andato oltre , ti sei lasciato fertilizzare e ora con grande generosità fai dono a tutti di questi frutti pieni di sapore. Maestro molto bene, ...otimo!
Mi commuovi e imbarazzi; grazie e se talvolta ti chiedo di leggere non è per avere consensi o "medagliette", come ben sai, ma anche correzioni di rotta o aggiustamenti. Trovo molto utile per la mia crescita questa attività diciamo così epistolare, ma mi auguro che possa portare qualche frutto in chi segue. :)
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