Tra qualche mese questo blog compirà dieci anni, e, pur non avendo realmente cose nuove da dire, mi rendo però conto di avere ancora riflessioni fondamentali da condividere con i pazienti lettori.
L'argomento che mi accingo a illustrare è quanto mai importante, e richiederà un po' di tempo.
Parliamo dunque di COLORI E di VOCALI, che è diverso dal parlare del colore DELLE vocali.
Ritorno ancora una volta su una questione a mio avviso fondamentale, e cioè la differenza tra SUONO e PRONUNCIA, ovvero tra suono e vocale. Attenzione, perché nel trattare queste "parti", non intendiamo dividere, tutt'altro, ma considerare unitariamente un sistema che è composto da diverse parti interagenti e in continua e perfetta sintonia tra loro, dove ciascuna deve possedere caratteristiche relative alle altre per poter dare il meglio e il giusto.
Sappiamo che l'organo produttore, le labbra della glottide o corde vocali, produce un suono, di per sé anonimo, che non può essere considerato ancora una vocale. Di fatto questo suono non avrebbe nemmeno un colore particolare, se non quello proprio della persona che lo produce, con le sue caratteristiche anatomo-fisiologiche. Però c'è un altro fatto; le persone, anche quando non intendono dire qualcosa di significativo, quando fanno "dei versi", un qualunque suono, di fatto si orientano verso una certa vocale. Il motivo, già esposto tempo fa, è relativo alla manifestazione di sentimenti; allegria, gioia, stupore, malinconia, ribrezzo, ecc., si esternano mediante vocali, anche di estrema purezza. Quando invece tale manifestazione è superficiale, poco coinvolgente, si emettono suoni piuttosto generici, che hanno solo parzialmente la componente vocalica conclamata, acquisendone il colore; il colore chiaro riporterà alle vocali "I", "é" ed "A"; le scure la "è", la "O" e la "U".
Ora capita, invece, che le scuole di canto parlino di un 'colore del suono' da ottenere indipendentemente dalla vocale! Se questo è possibile, ed è possibile, vuol dire che abbiamo una sovrapposizione e una interferenza! Se io intendo eseguire una, mettiamo, "I" con un colore oscuro, vuol dire che sovrapporrò la pronuncia della "I" a quella di una vocale dal colore scuro, quindi dell'area "è-o-u". Questo genererà una interferenza, in quanto la postura anatomica della "I" è estremamente diversa da quelle delle vocali scure, possiamo dire opposta, quindi di fatto si genera anche un contrasto e una forte tensione tra la lingua, il faringe e la stessa laringe, perché sono chiamate a svolgere contemporaneamente compiti opposti, per cui il cantante che intende cantare con questa intenzione, dovrà necessariamente accettare un compromesso, per cui non emetterà correttamente né una "I" né una "U", ma troverà una posizione intermedia che riterrà accettabile. Ovviamente questa soluzione è quanto di peggio si possa trovare in una qualunque forma d'arte. Conosciamo bene cosa significa a livello di insegnamenti: fai una ... (a?, i?, e?...) pensando U (lo diceva persino Celletti!!), e magari cercando l'ampiezza della A. Quale orror!!
Arriviamo a un dunque. Risulta evidentente che l'idea di sovrapporre le vocali per dare un colore è antivocale, produce obbrobri. Non è quindi giusto, possibile, dare diverse gradazioni di colore alle vocali? Certo che sì, ma con criteri che evitino le storture, i difetti e le interferenze di cui sopra.
Le vocali hanno una connotazione di particolare purezza, dove ogni vocale esprime il colore che le è proprio e con il timbro peculiare della persona che canta. In ogni vocale esiste comunque una componente chiara e una componente scura; potremmo dire che c'è una percentuale di scuro che esprime la componente "verticale" del suono, ovvero la lunghezza del "tubo", la profondità, ed è anche in relazione agli armonici, quindi all'intensità, ovvero a quello che viene indicato come appoggio, che però non è una "spinta" o pressione verso il basso, che darebbe un valore falso, artificiale, innaturale e enfatico, ma il giusto grado in relazione alle condizioni ambientali ed espressive di quanto si va a cantare. La componente chiara è più legata all'orizzontalità, e quindi alle caratteristiche di espansione orale della vocale. Credo sia evidente che la I è la vocale che si espande maggiormente in orizzontale, mentre la O e la U sono quelle che si diffondono maggiormente in verticale. Ci si deve rendere conto che una percentuale di chiaro e scuro è indispensabile in ogni vocale, perché "togliere" il chiaro da una vocale per renderla più scura, sacrificherà, e gravemente, l'espansione del suono nella sua componente orizzontale, che è quella che esalta le componenti di squillo, di ampiezza, di brillantezza. Per contro sminuire la componente scura vuole dire rischiare lo spoggio, sacrificare la pienezza, la profondità, quella che anche il Mancini chiamava "cavata". Ma esaltare questi colori con "manovre" significa impendire sul nascere la piena libertà di risonanza. Ancora una volta devo insistere che il primo obiettivo da raggiungere, di per sé oggi da considerare quasi miracoloso, è l'esternalizzazione. Tutte le vocali devono suonare esternamente. Quando ciò capiterà, noi ci troveremo già in una diffusa eufonia e una parificazione di pronuncia; non esisterà più l'avanti, l'indietro, il sopra, il sotto, ma solo il fuori, ampio. Le percentuali o componenti chiare e scure risulteranno le componenti comuni nel "legare" tra loro le vocali. Passando da A ad O, ad esempio, è evidente che una parte del "chiaro" della A dovrà rimanere nella O, altrimenti non c'è un vero legato, ma uno "scalino", un cambiamento inaccettabile. Anche nel passaggio più estremo, da una I a una U o viceversa, ci sarà una percentuale di chiaro della I e di scuro della U che si manterranno. Ma per tornare al "dunque", se è necessario, per questioni stilistico-espressive, utilizzare un colore della vocale con una percentuale diversa da quella base, è possibile, escludendo ogni interferenza. Dal momento in cui la vocale è esterna, noi possiamo variare leggermente l'atteggiamento labiale e la volontà. Se io sto emettendo una "I" e ne voglio esaltare un po' la componente scura, per quanto effimera, lo posso fare verticalizzando le labbra. Rimarrà una I perfetta (grazie alla volontà, che guiderà le labbra nella giusta posizione), ma assumerà una connotazione che potremmo definire (come si è sempre detto) più "tonda" o "raccolta". In ogni vocale è possibile quindi sfumare in un senso o nell'altro con piccole modificazioni labiali, ma soprattutto con una volontà cromatica, che non dovranno però MAI comportare una modifica sensibile della pronuncia, che deve assolutamente sempre rimanere perfetta, cioè non portarsi verso una cosiddetta intervocale.
Non ho finito, mi spiace!! C'è un'altra componente da considerare! Le corde vocali sono altrettanto partecipi e coinvolte nella timbratura delle vocali. La parte marginale delle corde produce suoni più chiari, in quanto più sottili e tese, mentre la parte interna produrrà suoni più scuri e morbidi. Sarà semplicemente e sempre grazie alla volontà e all'acconciatura della bocca, allorquando si saranno unificate le cosiddette meccaniche in un'unica corda graduata, che richiamerà ora la componente più "falsettante" o quella di petto per produrre le varie gradazioni cromatiche. Ovviamente sempre e solo quando la respirazione sarà elevata al grado di permettere tutto ciò! Ma non si provi a cercare di fare tutto ciò con tecniche e manovre, perché il risultato potrà essere letale!!
Ricordo anni fa:
RispondiElimina"Oh Signore, dal tetto natìo,ci chiamasti con santa promessa;noi siam corsi all'invito di un pio giubilando per, l'aspro sentier."........... "Ragazzi tutto più raccolto e scuro!". E tutti a fare "U Signure, dal tettu natiu.... Hai voglia di sentire e risentire i cori professionali. Proprio non veniva fuori. Iniziai a riflettere su tutti gli artifici assurdi che ci volevano per fare il suono scuro e raccolto sacrificando invece quello che per me invece era già chiaro: sentire la preghiera fuori, esternandola, con una pronuncia corretta e con un fiato rilassato, giusto. Era già un buon inizio! Il maestro dell'epoca si affannava a voler emulare il coro professionale, dando una parvenza di timbro scuro, scavato. Ma era tutto artificioso, brutto, insensato. Le parole non esprimevano il vero significato. La ricerca del suono, della propria voce deve essere fatta, secondo me, in maniera maniacale giorno per giorno. Le labbra che guidano il fiato devono, secondo me, trovarsi quasi sempre allungate verticalmente, sempre morbidamente però. Non c'è nulla di forzato, di indotto violentemente ma di un lavoro consapevole. Io non so se esistono 5, 7 o 20 vocali per il canto.... non mi interessa. Penso che se invoco una preghiera, non mi sognerei mai di farlo slargando le vocali o incupendole. Certo con la melodia, il canto e lapronuncia hanno un significato un pò diverso dal parlato, ma solo per il peso, l'energia, il quantum. Grazie Fabio
Anch'io ricordo! Ero nel coro del Regio di Torino e si doveva cantare il Requiem di Dvorak, nel quale c'era un passo "a cappella", senza strumenti. Quando l'orchestra rientrava, il coro era sotto di almeno mezzo tono!!! Un anziano corista, vicino a me, fa: "eh, i cori operistici non possono cantare brani a cappella, perché scuriamo tutto e caliamo". Aveva un bel prodigarsi il maestro a farci "tenere su il suono", a "sostenere"... si calava senza eccezione. Alla fine ci misero un organo, a sostenerci!!!! Cantare giusto no, eh?? Dubbi, nessuno...!
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