E' opinione diffusa che lo sviluppo vocale di un cantante (ma la cosa invade anche il mondo di attori, presentatori, ecc.) sia fondamentalmente una questione di posizione del suono, vale a dire che l'educazione della voce consista sostanzialmente nell'alzare, proprio fisicamente, il piano della voce, da uno basso, che riguarderebbe la voce incolta, a uno più alto. Più alto è questo piano, più la voce sarebbe valida. Quest'ultimo assunto di per sè è corretto. Le grandi voci è assolutamente vero che ci appaiono "volare", scivolare sopra le teste degli ascoltatori. L'errore sta nel ritenere che sia la volontà di alzare il piano vocale a determinare la didattica. Rachele Maragliano Mori nel celebra libro "coscienza della voce", in un primo capitolo affronta il tema "imposto" riferendosi al termine francese "placement", che lei traduce con "mettere" a posto, ed è corretto, ma secondo me richiama più "piazzare", "collocare", o, per l'appunto, "posizionare". E' una suggestione sicuramente avvincente, ma detta così non indica la vera strada per conquistare l'arte vocale, cioè non si deve confondere l'obiettivo con la strada per raggiungerlo. E' indispensabile sempre far riferimento allo sviluppo o evoluzione respiratoria e al fatto che per innescarla e promuoverla occorre un approfondito e maniacale lavoro sulla parola. Invece essa è posta a lato, spesso dimenticata o sminuita. E' assolutamente e unicamente una modifica dell'alimentazione aerea a modificare il percorso della colonna aero-sonora. Modificarla solo con la forza del pensiero non è che non porti a dei risultati, ma difettosi, e non poco. Se si alza il piano sonoro senza che sia stata compiuta una profonda modifica del fiato, cioè del "motore", dell'esponente fondamentale di questo sviluppo, significa che la modifica avviene a carico delle muscolatura superiore dell'apparato, cioè fondamentalmente del faringe e dei tessuti viciniori. Significa anche alzare tutta la colonna d'aria con conseguenza perdita, almeno parziale, dell'appoggio, che poi gli insegnanti tentano di contrastare facendo premere verso il basso per riappoggiare, ma è un gioco al massacro, che si conclude poi con voci che possono anche dare l'idea di essere alte, ma sono fondamentalmente indietro, ingolate, offuscate e destinate a non durare. Qualche giorno fa in una famigerata, oltre che celebre, trasmissione radiofonica dedicata all'opera, è stata fatta sentire una celebratissima cantante nei primi anni di carriera, svolta perlopiù come soprano lirico anche con sconfinamenti sul drammatico, in una pagina virtuosistica dalla Cecchina di Piccinni, dove indubbiamente mostrava ottime caratteristiche, e per la quale i commentatori hanno speso grandi lodi per la "voce alta". Benissimo, però come spiegano che questa cantante abbia avuto un rapido declino e sia finita in un baratro inascoltabile? E' evidente che le voci belle e bellissime, specie se tali fin dalla nascita, quindi con poco studio specifico per l'evoluzione e la stabilizzazione del fiato vocale, possono far impazzire i melomani, anche per indubbie doti musicali e teatrali, sempre che non si ponga la voce come elemento fondamentale dell'arte lirica-operistica o classica, dove allora la longevità è un carattere fondamentale. Si parla, a sproposito, di tecnica vocale. La tecnica, come ho già ripetuto molte volte, è un procedimento che si svolge più che altro con meccanismi e invenzioni esterne all'uomo, come gli strumenti musicali. Si può applicare all'uomo quando egli si misura con procedimenti molto ripetitivi, quindi, appunto, meccanici, che deve imparare a memoria e reiterare. Negli sport ci sono tecniche, ad es., lo strumentista, il ballerino... ecc. Nel canto è prevista anche una fase tecnica, che riguarda la vocalizzazione, cioè l'eseguire delle figurazioni musicali, come un vocalizzo o una cadenza, o anche il canto stesso quando è associato a una scrittura particolarmente complessa. Allora distinguiamo la tecnica, che è il modo di eseguire la scrittura musicale, dall'imposto, o disciplina vocale, che è l'arte vocale tout cour, cioè l'elevamento della voce a perfetto strumento musicale CON TESTO, da non confondere con tutti gli altri strumenti musicali che non sono in grado di emettere fonemi. Quindi se si può dire che J. Sutherland avesse una buona tecnica, possiamo dire di sì, utilizzando un'accezione strumentale, ma dobbiamo dire no se intendiamo, come la maggior parte delle persone OGGI ritiene, una valida emissione. Il fatto che la pronuncia fosse quasi assente, è il chiaro segnale di una posizione del suono imperfetta, carente. Quindi è giusto lodare le voci alte, a patto che abbiano realmente disciplinato il fiato a perfetta alimentazione vocale, grazie all'elevamento della parola.
DETTA COSI' SEMBRA FACILE,O FORSE NON HO CAPITO IO,QUINDI SCHIPA PRONUNCIAVA BENE COME CONSEGUENZA DI UN FIATO DISCIPLINATO,PERO'E' ANCHE VERO CHE CERCANDO DI PRONUNCIARE BENE CANTANDO,MIGLIORA ANCHE IL FIATO.ANCHE IL PENSIERO AIUTA A "POSIZIONARE" IL SUONO CORRETTAMENTE,HO SEMPRE IN MENTE UNA LEZIONE NELLA QUALE DICEVI DI VISUALIZZARE NELLO SPAZIO FRONTALE LA NOTA PRECEDENTE L'ACUTO,E DI MANDARE ANCORA OLTRE L'ACUTO STESSO.QUESTO E' UN ESPEDIENTE O E' TECNICA?
RispondiEliminaTORNANDO AL PRONUNCIARE CORETTAMENTE
QUINDI MOLTI CANTANTI CHE AVEVANO DELLE VOCIONE,SI ACCONTENTAVANO DI FARE DELLE NOTE GIUSTE,NEI TEMPI CORRETTI,MA NON BADAVANO MOLTO A CIO CHE STAVANO DECLAMANDO. MOLTI SONO PIU' IMPRESSIONATI DA UN CANTANTE CHE FA' UN GRAN CASINO,PIUTTOSTO CHE DA UN CANTANTE CHE SI FA CAPIRE MA NON TI TERRORIZZA