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giovedì, marzo 04, 2021

Libertà e limiti

 La Musica, come ogni altra Arte, intesa nella sua più alta espressione, è manifestazione dello spirito. La voce, sempre intesa ad alto livello, è il mezzo più prossimo per consentirne la diffusione. La produzione artistica ha come finalità la comunicazione tra spiriti, ovvero la congiunzione tra essi e la possibilità di ritrovare l'unità di cui gli spiriti sono frammenti. Dunque l'Arte ha una valenza comunitaria e trascende la persona. Richiede libertà, perché la personalità "animale"" trattiene e limita la possibilità di manifestazione, essendo legata alla materialità fisica. Dunque, qual è la cosa necessaria per poter puntare a una reale conquista artistica? E' la rinuncia all'ego! L'ego, ovvero quel sentimento per cui prima di tutto veniamo noi, come singoli, viene il nostro successo, la nostra supremazia, i nostri privilegi, ecc. è il grande ostacolo da sbaragliare, da sopprimere. Non c'è l'io, ma il noi. Occorre aprire quella porta che consente al nostro spirito di superare le barriere fisiche (quelle "animali") e potersi congiungere con quelle di chi, libero nell'ascolto, nella percezione, può entrare nella coscienza universale e cogliere il messaggio. Quando si ascolta un brano musicale spesso, anche ingannato da letture e opinioni "musicologiche" fuorvianti, ci si sofferma sugli aspetti emotivi e suggestivi più immediati. Talvolta anche per colpa dei compositori stessi, che hanno posto delle scorciatoie illusorie ("le quattro stagioni", "quadri d'una esposizione", "la pastorale", "la Moldava" e altri numerosi poemi sinfonici, ecc.). Il messaggio in un certo qual senso è sempre lo stesso; è un richiamo all'amore (universale), all'unione, alla congiunzione spirituale, all'uguaglianza che sottostà all'apparenza materiale e fisica. Dunque, lo studio del canto, come di qualunque altra Arte con una volontà realmente artistica e non semplicemente di arrivare a un livello accettabile, ma con un proposito di perfezione, deve porsi in termini di verità, perseguendo l'abbattimento non solo delle barriere fisiche, ma soprattutto di quelle egoiche, per cui ogni richiamo da parte di un maestro è una "mazzata" e un tentativo e un aiuto a farci aprire la porta dello spirito, ma verso cui il nostro istinto e la nostra personalità lotta incessantemente e tenacemente per non cedere. Le espressioni che vedo quasi quotidianamente sui volti e sui corpi di tanti cantanti e di tanti allievi, non è l'espressione "vera" del vero IO di quel soggetto, ma è quella del suo EGO, che non si accontenta della SUA voce, che in realtà manco conosce, ma pretende quella che il suo ego gli suggerisce, cioè quella di una presunta Callas, di un presunto Del Monaco, di un presunto Bastianini, di un presunto Siepi, di una presunta Simionato, e così via. Frasi come "canta come parli", ammesso che riescano a entrare in testa nel loro più semplice significato, sono accolte come limone negli occhi! La semplicità, la apparente banalità, la quotidianità del parlato fanno scatenare l'ego che non tollera che questo possa conseguire i risultati del grande canto spettacolare. Per arrivare a quello, secondo lui, dobbiamo passare per strade complesse, per tortuose macchinazioni laringee, ventrali, diaframmatiche, nasali, palatali e via dicendo. Più si mettono di mezzo forze, movimenti, pressioni, lavori fisio-anatomici, più si accontenta quella parte di noi che coniuga canto e fatica. Ma non è che l'Arte non richieda profondi sacrifici, tutt'altro, solo che sono diversi, e passano esattamente dalla strada opposta, quella dell'ascolto di sé stessi, del rilassamento, della più incredibile semplicità e eliminazione di ogni artificio e costruzione; quella semplicità che permetterà alla nostra esigenza spirituale artistica di aprirsi a una fase evolutiva del nostro fiato che ci consentirà di cogliere i frutti più belli e maturi che il nostro spirito, nei limiti del nostro corpo, possa offrirci, ovvero il raggiungere la nostra perfezione. 

La Musica, come ogni altra Arte, non è definibile, e dunque è erroneo definirla un "linguaggio". Sarebbe misera cosa se la si riducesse a linguaggio. La Musica è straordinariamente alta e grande; è accessibile all'uomo, ma per ogni uomo rappresenta comunque un grande ostacolo poterla rendere trasmissibile. In teoria ogni musica dovrebbe essere una sorta di improvvisazione, dettata dal momento (hic et nunc). Fin dalle origini, però, e per varie motivazioni, si cercò il modo di fermare su un supporto duraturo qualche segno che, codificato e decodificato, consentisse ad altri di riprodurla altre volte. Non è l'unico motivo, ma senz'altro il più sentito. Si cominciò così a cercare il "linguaggio". Per la verità il fatto stesso di voler eternare un pensiero musicale, è di per sé una limitazione. Significa voler "imbottigliare" (o fotografare) qualcosa di gigantesco in uno spazio angusto. Però lo spirito, in soggetti che, per varie situazioni, riescono a lasciar fluire il pensiero profondo, riescono a scrivere, quasi in una situazione "sonnambulesca" grandi pensieri musicali codificandoli urgentemente con la notazione musicale e tutto il corredo adiacente. Dobbiamo però, sempre, ricordare che quella fase e quel prodotto è un compromesso, una necessità fisica che se troppo esaltata non porta a niente. Note, segni dinamici, segni agogici, che sono i mattoncini di base, già sono di per sé catene e lacci al vero flusso musicale. Figuriamoci tutto l'ampio ventaglio terminologico e regolistico che si è sviluppato ed evoluto nel tempo...! Da molto tempo infuria una diàtriba tra chi sostiene il cosiddetto tonalismo e chi invece vorrebbe l'applicazione di nuove regole, meno vincolanti o comunque diverse. Ciò di cui non si tiene conto, è che comunque l'uomo è soggetto a vincoli e limiti, pur comprendendo anche l'immensità. I limiti e i vincoli sono quelli del corpo e dei sensi, nonché delle leggi che ci regolano e ci governano. Il nostro cervello è strutturato in modo da avere degli "stop", laddove un eccesso di dati lo manderebbe in tilt. Ecco dunque che noi vediamo e sentiamo non tutto ciò che c'è, ma ciò che la Natura ha ritenuto che sia conveniente vedere e sentire; ciò che va oltre lo possiamo INTUIRE, ammesso che ci mettiamo nelle condizioni di lasciar fluire l'intuizione proveniente dal nostro spirito. Le dispute sui linguaggi musicali, sulle forme, sulle regole dell'armonia, del contrappunto, dello stesso solfeggio che "allieta" i principianti, sono tutte sciocchezze, in confronto alla grandezza della Musica; sarebbe come voler mettere un vestitino da bambini addosso a un corazziere! Per altro è una necessità legata alla nostra realtà umana-animalesca. Si può superare? Certo che sì, ma in tempi lunghissimi e avendo una predisposizione a superare quei limiti, il che vuol dire una sorta di follia che ci rende poco inclini alla socialità e al riconoscimento, se non in tempi lunghissimi. Dunque la necessità è sempre quella di seguire le orme dei maestri, lasciarci guidare da essi, con umiltà e dedizione, ma anche con la passione che ci sprona a trascendere quelle stesse regole e quei vincoli, tesi ad ascoltare la voce profonda del nostro spirito, o dei nostri pensieri meno superficiali.

Il discorso che ho scritto non ci allontana dall'arte del canto. Anche qui dobbiamo ricordarci che abbiamo dei vincoli, ma possiamo superarli, pur con limitazioni personali, fino a incontrare la verità, ovvero la perfezione, che sarà ovviamente legata alla nostra condizione umana, ma che sarà comunque espressione autenticamente libera della coscienza universale in cui potremo riconoscerci. La questione di fondo però è: è una scelta? Ho sempre più il sospetto che il M° Antonietti, trovata la verità e insegnatala per molto tempo, alla fine comprese che era tempo perso voler creare cantanti perfetti, in quanto - e questo lo scrisse - di cantanti (o artisti) perfetti ne può nascere uno ogni... secolo? millennio? Dunque fatica e tempo perso. Ciò nonostante non è che si debba per forza lasciar perdere. Si tratta piuttosto di mettere traguardi più ragionevoli e alla portata di molti. Il presunto perfezionista si manifesterà da solo, spinto dalla sua forza e volontà spirituale. Se sarà fortunato troverà il maestro che potrà portarlo a destinazione, oppure ci arriverà da solo, ma dovendo percorrere un calvario. In ogni modo ognuno è bene segua la strada che sente di dover percorrere, con passione e con giudizio.

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