Molte persone, anche musicisti, definiscono la musica un linguaggio. Se da un lato non c'è dubbio che la musica necessita di linguaggi per la sua esportabilità e riproducibilità, nonché per il suo apprendimento, ciò non significa che essa sia questo. Il linguaggio che ci è più familiare è la lingua parlata. Qual è la caratteristica saliente di una lingua? il fatto di essere "viva", vale a dire che risente del fatto che l'attività umana compie continui mutamenti, che poi hanno conseguenze sulla psicologia, sulla socialità, ecc., e dunque sulla lingua stessa che muta nel tempo. Si potrà dire che esiste una lingua "ufficiale" e una lingua parlata, ma sappiamo bene che anche la lingua più accademica si adegua e accoglie di continuo nuovi termini e nuovi frasari. Questo possiamo dire che accada anche nel linguaggio musicale, dove il modo di scrivere, di apprendere e di analizzare la musica hanno continui aggiornamenti. I manuali di solfeggio, di armonia, di analisi, ecc. dell'800, del primo o del secondo 900 e del nuovo millennio, pur avendo aspetti comuni e anche uguali, differiscono sempre, anche quando raccontano una stessa pagina musicale o uno stesso argomento. La musica è cosa ben più grande di un linguaggio. Se riducessimo la musica a un linguaggio, sarebbe come ingabbiarla in una corazza rigida e stretta. Per fortuna è qualcosa di ben più ampio e libero. Il musicista deve apprendere i vari linguaggi della musica, sì, ma per poi liberarsene! Se essi possono mutare, non così è per la Musica in quanto tale, che poggia sulla base della struttura antropologica umana nonché sul rapporto tra l'uomo e l'universo. Modifiche ed evoluzioni sono cambiamenti così lenti da apparire inavvertibili. Dunque evitiamo di etichettare l'arte e costringerla entro maglie che non si merita.
Il linguaggio è un codice artificiale che viene creato all'interno di una comunità per innescare processi comunicativi. Appunto perché non nasce da processi interni all'uomo, ma da convenzioni tra uomini, le sue regole, sintassi, nomenclature, ecc., varia da zona a zona. Può variare molto a grandi distanze, ma piccole (ma anche non piccolissime) variazioni si possono avvertire anche a brevi distanze. Cosicché noi oggi nel mondo possiamo contare su decine, centinaia e forse anche migliaia di lingue, e solo alcune si basano su medesimi criteri strutturali. E' vero che anche nella musica, parlando di linguaggi, possiamo scorgere molti idiomi differenti: musica leggera, classica, jazz, popolare, araba, cinese, da ballo, ecc. ecc., Ma, e qui sta il bello, tutti gli elementi costitutivi restano sempre gli stessi, suoni, altezze, ritmi, melodie, armonie. Ciascun tipo di musica che ho elencato poc'anzi, per quanto diverso possa essere lo stile, si basa sempre e unicamente su quei parametri, con cui si possono intessere diversi linguaggi, ma sono elementi oggettivi e immutabili, non soggetti a variazioni temporali o spaziali. Una frequenza, un ritmo, un intervallo, un accordo, sono uguali ovunque e per tutti, anche se possono essere vissuti diversamente. Ecco perché la musica, di per sé, non è un linguaggio.
Un argomento molto importante: potremmo dire che la musica non è un codice, cioè non appartiene al linguaggio digitale, dove ogni simbolo corrisponde ad un preciso ed univoco significato, ma piuttosto appartiene al linguaggio analogico, cioè non verbale (come tutte le arti) dove il segno (nel caso della musica il suono) significa esattamente ciò che è. Tentativi musicali di "significare" ci sono sempre stati: celeberrime le quattro stagioni di Vivaldi, tentativi onomatopeutici, spesso in relazione agli uccelli, mi viene in mente il Sigfrido di Wagner, altre situazioni come la sagra della primavera di Stravinsky, ma fondamentalmente la musica significa solo se stessa e forse questo è il vero senso dell'arte. Diverso il caso del teatro e del teatro in musica dove musica e parole sono strettamente correlate, in quel caso, volenti o nolenti, la musica è serva della parola (come scriveva Monteverdi) o comunque della situazione drammatica ed anche questo è un fenomeno universale cioè accade anche nella musica pop. Quando il carattere della musica va a confliggere con il testo, anche questo è un effetto interessante e nella maggior parte dei casi voluto. C'è poi un discorso a parte sui parametri musicali, soprattutto il ritmo, l'armonia e la melodia, che sortiscono un effetto sul nostro sistema neuropsicologico, ma questo è un'altro argomento.
RispondiEliminaGrazie per il commento. L'argomento peraltro è piuttosto complesso e le tue considerazioni necessiterebbero di puntuali approfondimenti. Quando parli di significati vai pericolosamente verso il "rappresentativo", che in musica è una trappola, perché proprio ciò che la musica non vuole e non fa è rappresentare. Anche il discorso sulla correlazione tra parola e musica, che se può avere collegamenti, sono molto più ampi e generici di quanto si possa pensare. Se noi prendiamo una qualunque parola di uso comune, anche con significati importanti, come può essere "amore", sarà stata musicata migliaia di volte, e in migliaia di modi diversi, perché all'interno di un quadro ogni volta peculiare, quindi non c'è e non ci può essere un legame univoco tra testo e musica. In ogni modo ho voluto inserire questo pensiero qui per non perderlo, anche se non ha molta attinenza con il canto. Saluti.
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