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mercoledì, aprile 14, 2021

Dei limiti

 Chiedo scusa se per introdurre l'argomento utilizzo un paragone con la direzione d'orchestra, ma in ogni modo siamo sempre in campo musicale e a qualcuno potrà essere d'aiuto questo aspetto. 

C'è un interessante video di Sir Georg Solti, celebre direttore d'orchestra, che dirige durante una registrazione discografica, il funerale di Sigfrido dal Crepuscolo degli Dei di R. Wagner. 

Come si può vedere, il direttore gestisce la veemenza degli accordi più potenti con una gestualità che coinvolge tutto il busto, direi quasi tutto il corpo, con contorsioni inusitate. Questa, come ripeto, è una registrazione, non si sa bene perché ripresa anche dalle telecamere, per cui Solti si sente libero di andare oltre la sua normale gestualità direttoriale; non mi pare, infatti, che nei concerti pubblici sia arrivato a questi eccessi. Ma la cosa non ha grande importanza. La domanda che sorge è: perché arriva a impiegare tutta questa energia e questa quantità di corpo per dirigere questo brano? Una prima risposta potrà essere che essendo una pagina musicale di grande potenza, richiede anche potenza gestuale. E fin qui possiamo essere d'accordo. Però dobbiamo porci un'altra domanda: su quali mezzi espressivi deve far conto il direttore d'orchestra? Perché, paradossalmente, potremmo arrivare a dire che il corpo non basta e un direttore che voglia esprimere tutta la potenza di un brano dovrebbe far uso anche di oggetti ben più voluminosi di una bacchetta... non sto a fare esempi per non esagerare, ma ci siamo capiti. Il direttore d'orchestra che conosce a fondo la sua arte, dovrebbe sapere che il suo "strumento" sono le braccia. Braccia che si protendono poi nelle mani e, a destra, si prolungano nella bacchetta, per fondati motivi. L'arte direttoriale consiste nel saper fare un uso sapiente di questi mezzi, senza la necessità di investire altre parti del corpo o altri mezzi. Sappiamo bene che molti direttori si abbassano fino a terra, a volte, per segnalare un piano o pianissimo, oppure tirano le braccia a sé. Cos'è che spinge un direttore a utilizzare mezzi "non convenzionali" per dirigere momenti di un brano musicale dove ci sono dei parossismi fonici? Siamo sempre daccapo! E' l'istinto. Se non siamo stati in grado (tramite un insegnamento) di gestire in modo coscienzioso, libero e completo, i nostri mezzi, che per il direttore sono le braccia, ecco che l'istinto ci porta a uscire da quel contesto e utilizzare altri mezzi. In altre parole, ci segnala i nostri limiti (artistici) e ci sprona a usare trucchi e altre risorse (fisiche) per risolvere la cosa. E', in fondo, ciò che fa ciascuno quando si trova di fronte a qualcosa che non conosce o conosce poco. Un bambino, ma non solo, di fronte a un pianoforte, o peggio una batteria, comincia a battere come un forsennato, non avendo alcuna disciplina che gli consenta di utilizzare lo strumento come si conviene. Ma anche cominciare lo studio porta sempre impazienza, perché si avverte di continuo il limite di non poter suonare una importante sonata di Beethoven o uno studio di Chopin, o un qualunque altro brano di difficoltà superiore ai nostri attuali mezzi. Tornando ai direttori, anche riconosciuti ottimi direttori (ma anche Solti lo è stato) con sobria gestualità, è difficile che non facciano, almeno saltuariamente, uso della testa, delle labbra (mormorano, canticchiano...) e degli occhi, che è positivo, fino a che non diventa un modo alternativo alle braccia, come capitò a Bernstein. Quindi la morale è che occorre disciplinarsi affinché i mezzi corretti a nostra disposizione possano essere utilizzati al massimo delle loro possibilità, senza invadere altre risorse, perché il linguaggio che viene trasmesso può essere equivocato o frainteso. Occorre avere il massimo di consapevolezza di cosa si vuole trasmettere, e quindi avere chiarezza di ogni gesto. Quei "piegamenti" di Solti, a parte il comunicare potenza, mancano di qualunque altro parametro musicale; mancano totalmente di precisione e di proporzione. Purtroppo nella direzione è molto comune pensare che basta muoversi "mimando" la musica, talvolta senza neanche preoccuparsi del ritmo, per interloquire correttamente con l'orchestra. La cosa spesso e volentieri non funziona, e si perde un sacco di tempo alle prove a "spiegare" cosa si intende con quel gesto o cosa si vuole in quel determinato punto, perché con la chironomia (che è appunto la gestualità) non si arriva a chiarire. 

Detto ciò, possiamo ora dedicarci al canto. La questione è esattamente la stessa. Noi abbiamo un uso "istintivo" della voce, che usiamo per la comunicazione ordinaria, che contempla il parlato e il gridato. Può contemplare anche un canto di svago, un "canticchio", diciamo, dove non si bada più di tanto alla qualità, all'intonazione, all'omogeneità, ecc. Nel momento che un soggetto si vuole dedicare a un canto di maggiore elevatezza, come quello classico o lirico, ci si trova fatalmente un po' come il bambino di fronte a un pianoforte o una batteria, con la differenza che mentre uno strumento esterno risulta misterioso, perché non è "nostro", non ci appartiene, non lo conosciamo, al massimo possiamo avere qualche intuizione, ma a volte nemmeno quella, la voce ci appartiene e ne abbiamo un succinto controllo, ma non abbastanza da poterlo piegare ai nostri comandi, o fino a un certo punto, se siamo particolarmente dotati e fortunati. Anche in questo caso non possiamo fare i conti con la durata di questi doni, se questa capacità non è stata interamente acquisita alla coscienza, la qual cosa possiamo dire non esista quasi mai. Dunque, posto che la voce che emettiamo cantando brani di importante qualità è sempre carente, e la carenza è sempre dovuta a una impossibilità del fiato di diventare sic et simpliciter alimentazione perfetta di uno strumento musicale, cosa succede all'aspirante cantante? che spingerà o addirittura forzerà, che troverà escamotage per sopperire al limite. Come Solti si piegava e si slanciava per comunicare quei colpi, il cantante usa altre parti del corpo al posto del fiato, che è insufficientemente evoluto, e quindi utilizzerà i muscoli, a cominciare dal faringe. L'apparato si piegherà entro le sue possibilità a cercare di assecondare le richieste del cantante, ma sempre con difficoltà più o meno accentuate. Sento cantanti raggiungere note acute dove non ci sarebbero le condizioni; altri, in possesso di minori risorse fisiche, non riescono ad emettere la nota, o steccano; questi invece, che potremmo definire più fortunati, perché alle orecchie ignoranti di molti risultano cantare bene, superano il limite. Non sappiamo con quali conseguenze nel tempo, anche questa può essere una condizione più o meno fortuita. E' come le persone che mangiano qualunque porcheria e non hanno particolari conseguenze, almeno in tempi brevi, mentre altri sono perennemente in difficoltà digestive pur facendo una certa attenzione. C'è da dire che affidarsi alla fortuna, al caso, ai doni di natura, in arte non è proprio giusto, ma questi sono i tempi, sappiatelo. 

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