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sabato, settembre 11, 2021

I 100 nodi

 L'insegnamento del canto (di questo parliamo, ma potrebbe essere qualunque altra cosa), consiste nello sciogliere un numero imprecisato di nodi (100 si fa per dire). Ogni volta che iniziamo un percorso, si presenterà un problema. Può darsi che uno non se ne accorga, ovvero non lo riconosca, e qui c'è un problema di ignoranza, e quindi il nodo rimane. Se chi si occupa della educazione della voce di quel soggetto sa riconoscere quel problema, ne conosce la causa e sa come intervenire, scioglierà il primo nodo. Successivamente si presenteranno altri problemi e altri nodi. Alcuni insegnanti sapranno scioglierne un certo numero, pochi li sapranno sciogliere tutti, e portare il soggetto alla completa libertà. L'analogia col nodo è utile a comprendere che qualcosa ci impedisce di manifestare compiutamente una libertà di espressione. Sciogliere i nodi è l'immagine più rappresentativa di un libertà che si va a conquistare. Ma il problema che gli insegnanti in genere non vedono è: cosa costituisce quei nodi? E figuriamoci foniatri e "esperti" della scienza. La maggior parte degli addetti ai lavori sono convinti che per cantare ci voglia una tecnica, come per suonare il pianoforte o il clarinetto. Che bisogna allenare i muscoli come gli atleti sportivi, costringerli a "obbedire" alle nostre richieste. Peccato che questo non avvenga e non possa avvenire, o se sembra che avvenga, sarà solo per un tempo limitato, perché il vero problema non è la mancanza di tecnica, ma l'opposizione che ci presenta il nostro corpo laddove non intravede un'esigenza reale da soddisfare, evitando la strada della coercizione, della violenza. Inoltre si è persa la strada della parola quale viatico educativo. Dato per evidente che la nostra Natura include la capacità di parlare, anche a lungo, e che quindi il nostro sistema ha acquisito e inglobato totalmente la voce parlata e non si oppone alla sua produzione, è così difficile intuire che è proprio partendo da essa che si può esercitare la voce senza andare incontro ai più comuni problemi, e che è proseguendo, quindi perfezionandola e quindi inserendola nel cammino musicale, che si può realmente raggiungere una vocalità sana e priva di reazioni da parte del nostro corpo? La risposta sta nel panorama, in ciò che si sente nella maggior parte dei casi nelle esecuzioni in cui siano coinvolti cantanti, cioè quello di voci "annodate", cioè relegate, frenate, impedite nella loro piena e potenziale manifestazione.

"... lei non ha avuto la fortuna di trovare qualcuno che le impedisse di rimanere alla fase nella quale il suono risveglia in lei emozioni. La musica non è questo". Questa straordinaria frase è di Sergiu Celibidache. Pensate che immensa chiarezza di pensiero avesse questo genio! Non dire: "lei non ha trovato un maestro, un insegnante, qualcuno che le "Permettesse" di raggiungere un determinato obiettivo", bensì qualcuno che le "impedisse" di restare in un determinato stato. Capovolgere l'obiettivo, vedere le cose da un altro punto di vista, sovvertire l'ordine dei fattori per poter superare la visione stereotipata cui siamo abituati.

2 commenti:

  1. C'è da riflettere una vita: la musica non è la produzione di suoni che risvegliano emozioni. Oggi non si parla di altro: abbasso la tecnica, viva le emozioni, il massimo esaltato anche nei talent show televisivi è conciliare tecnica con emozioni e tu Fabio hai il coraggio di scrivere che la musica non è nessuna delle due cose. Non sono ancora sicuro di aver compreso questo concetto: tu affermi che la musica è verità, è qualcosa di oggettivo, è una scultura che deve essere tirata fuori dal marmo, per dirla con Aristotele- Quello che ho capito però è che il coinvolgimento, il canto che emoziona per dirla con il gergo talent, avviene quanto più non lo si fa volontariamente, ma sgorga naturale dal significato delle parole, forse andando più a fondo, si potrebbe dire meglio: sgorga dalla verità delle vocali, esiste una sola A, una sola I, e si trovano fuori da noi, più sono acute e più si trovano lontane, e magicamente si sposano al nostro timbro, il colore è quello dell'innocenza...sono immagini che sto scrivendo più che concetti, intuizioni che ancora non so spiegare razionalmente...ma forse siamo nel campo dell'ineffabile

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  2. Grazie. Questi sono discorsi profondi che è difficile trattare qui e per giunta per iscritto. Intanto bisogna un po' fare ordine; tu parli di musica e poi entri in una questione prettamente vocale. Non che non ci siano affinità, ma è meglio trattare specificamente i due argomenti. In ogni modo, che si parli di musica o di voce, o di arte in genere, ci sono due elementi da non dimenticare mai: spirito e coscienza. Senza una forza spirituale noi non avremmo alcun interesse per l'arte e quindi per la musica e il canto. Seconda cosa, ciò che ci guida è la coscienza. Ma la coscienza non è di per sé libera e trasparente, perché offuscata pesantemente dall'ego, quindi la cosa più difficile è liberarsi dell'ego e dalle forze egoiche, il che richiede una forza di volontà e un mettersi in gioco che non è per molti. Se questa operazione riesce, si potrà cominciare a intravvedere il vero percorso che porta alla verità, che è ben oltre le banali emozioni, e supera anche il passo successivo, cioè vedere la bellezza, che è "l'esca", dietro la quale si nasconde la verità. Non sono concetti, perché il concetto è una necessità razionale della mente, mentre qui siamo in una dimensione più elevata. Per quanto riguarda le vocali ti ho risposto nell'altro commento, spero sia sufficiente, almeno per ora, ma tu chiede sempre ciò che non ti è abbastanza chiaro. Ciao

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