Tutti coloro che studiano uno strumento musicale - canto e direzione d'orchestra compresi - ritengono che l'obiettivo fondamentale da raggiungere sia il CONTROLLO. Saper controllare le mani, per un pianista o qualunque altro strumento, controllare il fiato (?) o i muscoli (quali?) per un cantante o un direttore d'orchestra, sembra la vetta di un percorso di apprendimento. Peccato che questo sia un falso obiettivo. Il controllo non ha niente a che vedere con l'Arte! E' una illusione mentale, una imposizione razionale e prettamente fisica. La conquista di una COSCIENZA artistica, legata, nel nostro caso, a abilità strumentali, richiede il superamento degli ostacoli di natura fisica. Cioè essi non dovranno più frapporsi tra la pulsione a manifestare un messaggio spirituale attraverso uno strumento espressivo e l'azione stessa, che pur essendo in parte di natura fisica, lascia che sia la pulsione stessa, di ordine spirituale, ad agire per noi attraverso i canali fisici necessari, e il nostro intervento dovrà essere solo legato all'innesco del processo. Tutto il resto deve essere lasciato fluire. Cosa vuol dire "parla", che il maestro ripete in continuazione? Non vuole solo dire pronuncia, articola correttamente, che è un dato essenziale, ma mettiti nella stessa condizione di quando parli, cioè non guidare, non controllare ciò che fai. Potrei dire "cammina", è la stessa cosa, cioè lascia che il tuo corpo cammini. Quando compi queste azioni che definiamo "naturali" pare non esserci alcuna azione e persino nessun pensiero indotto. Si parla e si cammina come "sonnambuli", guidati dalla méta, da ciò che sta nella fine; infatti una delle frasi chiave di Celibidache relative alla musica è: "far sì che la fine sia contenuta nell'inizio". Se si entra in questa dimensione, si comprende che il controllo è superfluo, anzi negativo. Se le premesse sono corrette, cioè se nell'inizio è compresa la fine, in potenza, come nel seme c'è l'albero che ne scaturirà, dobbiamo anche comprendere che più cose facciamo, più ci allontaniamo dalla retta via. Però anche questa affermazione non è corretta, perché un problema persiste, come ho scritto nel post precedente. Se io "lascio andare", cioè non faccio niente, è vero che consento maggiore naturalezza, ma restano i "nodi", cioè degli impedimenti che il corpo presenta istintivamente, in quanto il fiato non ha il grado di evoluzione sufficiente a consentirmi la piena libertà su tutta la gamma possibile. L'evoluzione di una specie è sempre legata alle esigenza di vita di quella specie. L'uomo si trova in una determinata situazione fisica, mentale, psicologica, ecc., perché questo è il grado di esigenza (di perpetuazione) della nostra specie nelle condizioni del mondo in cui viviamo. In questo mondo l'espressione artistica non è tra le necessità della specie, quindi la natura animale che ci governa istintivamente, non consente che l'espressione artistica possa avere il sopravvento su quelle vitali, pertanto si opporrà, più o meno violentemente. Peraltro la parte spirituale che vive in noi e che tende a emergere e manifestarsi, anch'essa in modo più o meno imperioso, cercherà in qualche modo (o anche in "ogni" modo) di averla vinta sugli ostacoli che ci si frappongono. Può nascere quindi una sorta di battaglia interna, ma la parte istintiva, se battaglia c'è, avrà sempre la meglio alla fine. Al massimo potrà consentire una tregua. E se tregua sarà, non ci sarà mai una reale conquista artistica, che significa SENSORIALE: ciò che chiamiamo "senso" (udito, tatto...) è una capacità del corpo di assolvere a una funzione fondamentale per la perpetuazione della specie, per cui è compreso e contenuto nel DNA, cioè tra le funzioni istintive. Posto in questo modo il problema, potrebbe sembrare che un obiettivo artistico, che è la perfezione, sia del tutto inarrivabile. In realtà non è propriamente così, considerato però che noi non possiamo agire sul DNA, per cui possiamo arrivare a dire che ogni persona ha in sé la possibilità e la capacità di sviluppare un nuovo senso, ma che questo sarà un evento soggettivo eccezionale non trasmissibile per via genetica. Dunque, affinché il nostro sistema istintivo accetti e consenta che si possa acquisire e manifestare in modo perfetto una determinata azione artistica, dovrà riconoscere un'esigenza, che stavolta non sarà nel contesto esterno (cioè mutate condizioni di vita, come potrebbe essere uno stravolgimento climatico, chimico-fisico...) ma interno, cioè nella pulsione spirituale del soggetto. Perché un bambino sente l'imprescindibile necessità di suonare, di cantare, di dipingere, ecc.? Evidentemente perché c'è in sé questa necessità. Ma questo non basta. Manca il percorso. E' necessario sviluppare le condizioni che permettono al gesto artistico di svilupparsi in modo esemplare. Nel nostro caso, il fiato. Il fiato nel nostro stadio evolutivo, è sempre carente rispetto al livello vocale perfetto. Anche la parola è insufficiente per elevarla artisticamente. Quindi anche se c'è la forza spirituale, abbiamo bisogno di perfezionare gli elementi che determinano l'arte stessa, però facendo attenzione a non creare la guerra con l'istinto, che in ogni caso non può permettere di commutare una funzione vitale, come la respirazione, in qualcos'altro non così indispensabile. Purtroppo, siccome siamo guidati dalla mente, che è un organo fisico e che comprende la fisicità e non la spiritualità, noi vogliamo controllare l'azione, e quindi impediamo il libero fluire del canto anche quando questo potrebbe manifestarsi. Qui nasce la necessità di una disciplina, cioè della capacità di spostare il nostro fare dal piano fisico a quello spirituale, ovvero "lasciar fare", togliere i controlli e le azioni automatiche.
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