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sabato, gennaio 01, 2022

Il raggio laser

 Ho sempre invitato allievi e simpatizzanti che leggono questo blog, a TOGLIERE, ad ASSOTTIGLIARE, ad ALLEGGERIRE, e ogni altra incitazione diminuente. Per contro a NON SPINGERE, non PREMERE, non COSTRUIRE, non FORZARE e ogni altro "NON" legato ad azioni volontarie. Il sunto è: lasciare che la voce esca senza alcun nostro contributo attivo. Il nostro corpo è in grado di far scaturire un suono bello, pieno, sonoro, ampio, ricco senza che noi interveniamo, anzi proprio nel momento in cui noi NON facciamo niente per farlo. E' un concetto di disarmante semplicità, ignoto alla nostra mente, perché troppo facile, eppure è ciò che facciamo regolarmente quando parliamo, quando camminiamo, e facciamo molte altre cose spontaneamente, senza pensare. Ed ecco quindi anche il mio suggerimento a NON PENSARE. Purtroppo questo è il contrario di ciò che dicono tutti gli insegnanti, e spesso anche a me talvolta viene da dire: "pensa...". Ma quando me ne accorgo mi correggo, e subito riparo, NON PENSARE, lascia che la voce "si canti" da sé. Ma questo non basta, non basta mai. E' impossibile sradicare questa forza dalla nostra volontà, visto che è sostenuta implacabilmente dal nostro istinto e dal nostro ego. E' solo con l'insistenza e l'esempio adeguato che man mano ci si può avvicinare, e poi con il costante impegno a prendere coscienza. In ogni modo provo in tutti i modi a dare contributi che possano aiutare in questo avvicinamento. 

Il fatto di perorare la causa della voce fuori, comprendo che può indurre l'allievo a premere e spingere, credendo che bisogna far ciò per ottenere quel risultato, mentre è esattamente l'opposto. Ma c'è anche il discorso delle proporzioni e della quantità. La quantità è sempre opposta alla qualità. Ritenere di dover far uscire tanta voce (e magari grande) non può che peggiorare la situazione. Ciò che serve è una quantità minimale di voce, che abbia però caratteristiche tali da potersi espandere, anche in quantità, nello spazio esterno. Cercavo qualche analogia, un filo di seta, forse, ma è sempre qualcosa di fisico e materiale, per quanto delicato e sottile. Alla fine ciò che può rappresentare al meglio questo percorso è un raggio laser (innocuo), cioè un microscopico filamento luminoso, quindi senza materia, pura luce, qualcosa che non può essere governato dai muscoli, che scorre senza coinvolgere i muscoli o gli apparati, del tutto autonomo. 

Quindi dobbiamo giungere a una dematerializzazione del flusso vocale, arrivare pressoché a perdere la percezione della voce (propriocezione), al massimo sentire uno sfioramento del palato. Questo "raggio laser" percorre dalla trachea fino al palato alveolare ed esce libero quasi bucando l'osso mandibolare, senza per questo subire alcun rallentamento o freno. E questo micro raggio, una volta all'aperto si apre come un fiore, che può assumere anche dimensioni ragguardevoli, ma solo in virtù di qualità endogene, non per spinte o pressioni indotte dalla nostra volontà. Questo livello elevato, potrebbe presentarsi anche naturalmente in qualche raro soggetto, ma le possibilità che restino in un cantante per molto tempo sono assai remote. In arte ciò che vogliamo (o vorremmo) che risultasse radicato in noi, necessita di essere vissuto con piena coscienza. Questa è la vera difficoltà. 

Alla base c'è il sospiro. Quando si vuol emettere un suono, c'è sempre la volontà di dovergli infondere energia per farlo uscire ma soprattutto per fornirgli potenza, grandezza, forza, timbro, ecc. Non siamo pronti ad accettare che possa uscire pressoché da solo con tutte le caratteristiche utili allo scopo. Ma sarebbe anche logico quando si è iniziato da poco lo studio, però non impossibile. Partiamo dal constatare che il parlare in genere non ci costa alcuna fatica, consuma solo fiato e nemmeno tanto. Cantare può raggiungere la stessa condizione, anzi, potenzialmente lo è fin dal primo momento. L'unico problema è che c'è un cambio di condizioni, cioè non ci appartiene più nel mondo dell'incoscienza, sentiamo la necessità di sapere come fare a cantare, non lo sentiamo procedere autonomamente, o per lo meno non pensiamo che possa succedere. Questo stato di inconsapevolezza ci rende se non incapaci non del tutto capaci, e quindi ci affidiamo alle nostre ragioni fisiche per sopperire, e queste causano i guai. Se riuscissimo a cantare senza pensiero, senza paure, senza volere fare chissà che, avremmo quello che si può definire un canto "naturale", che volendo è già un buon risultato. Il problema che si pone è, anzi sono, le spinte, le reazioni istintive endogene. Ecco dunque che non si può fare a meno di una disciplina che porti il parlato-intonato a un livello superiore. Non mi dilungo ulteriormente, rientrando l'argomento in tesi già ampiamente esposte e ampiamente presenti nel blog.

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