Il nostro ego ci illude che possiamo essere artefici della nostra voce, cioè che possiamo scegliere la voce da emettere. Quante voci possediamo? infinite, è vero, ci sono una miriade di aspetti, fisici, psicologici, ambientali, che intervengono e possono intervenire a modificare i parametri che stanno alla base della fonazione, ma esisterà sempre e solo UNA voce "hic et nunc" che possiamo definire vera, sincera, libera, incondizionata. Non può essere scelta, perché la stessa illusione o volontà di poterla scegliere comporterà l'impossibilità di realizzarla. E' il concetto di libertà che impedisce la scelta. Se è libera, vuol dire che deve e può realizzarsi da sé, senza interventi o condizioni di alcun tipo. Si potrebbe dunque pensare che questa sia una voce "naturale"? La voce naturale è senz'altro una voce libera, che non viene scelta, ma è circoscritta al ruolo che la Natura le ha riservato all'interno dell'ecosistema. Ma all'uomo non basta questo ruolo, ha voluto trascenderlo, andare oltre (anche questa non è stata una scelta, è stata la sua natura umana, la spinta della sua spiritualità, della sua scintilla divina a guidarlo a questo passo), dunque la voce naturale non può accontentare il suo desiderio di perfezione, cioè di raggiungere quel grado di libertà che possa spingersi fino al "non oltre" fisico. Ma non appena si prova a superare quel grado di libertà della nostra voce naturale, ecco che la natura stessa che è noi, che possiamo definire istinto (perché è l'istinto che guida la specie animale) si mette di traverso, perché ci permettiamo di voler trasgredire le sue regole e i suoi cardini. Questa ambizione è anche arroganza, superbia, presunzione, e ciò non ci può guidare nella giusta direzione. Allora si può parlare di una SuperNatura, cioè di un sentiero che non trasgredisce le regole, non cozza contro ciò che possediamo, non si arroga un potere, un dominio con la forza, con una volontà predominante, ma segue umilmente e sostiene il faticoso impegno di guadagnare punto a punto - meritandoselo - il progresso che ci viene donato. Dobbiamo partire da ciò che la Natura ci ha elargito, più o meno generosamente, non discostarci nel corso dello studio, ma confrontarci continuamente con essa. Ogniqualvolta noi trasformiamo ciò che possediamo, cioè la parola, tanto nell'eloquio corrente quanto nell'espressione melodica, in qualcosa di diverso, cioè in suono anonimo (che definiremo voce cantata, voce lirica, voce impostata o mille altre accezioni) noi già abbiamo tradito, abbiamo "deragliato", non possiamo puntare all'obiettivo di trasformare in "senso" la voce cantata quale massima espressione musicale dell'uomo. Ma l'ipotesi di questa superba meta ci ottenebra lo spirito, ci spinge a volerla conquistare con ogni mezzo, si diventa avidi, ingordi, bramosi di "dimostrare" qualcosa... e naturalmente tutto ciò ci fa perdere la bussola e andare completamente fuori strada. Non scegliamo la nostra voce. Lasciamo che essa si liberi mantenendo la piena coscienza della semplice recitazione. E' mantenendo la naturalezza in ogni piccolo passo che cerchiamo di compiere, che si determinerà la conquista. Ogni artificio, ogni trucco, ogni arma che noi mettiamo in campo ci porterà un danno. Quale più straordinaria voce potrà scaturire da una liberazione di essa, come se fosse, come è, una componente animica (propria dell'anima) del nostro corpo, dotata di una energia, una bellezza (e quindi verità) che nessuno può immaginarsi.
La domanda legittima che si può porre è: ma allora tutte quelle voci che sono in grado di emettere volontariamente (scura, chiara, ruvida, dolce, ecc.), dovrei dimenticarle? Non sono funzionali a certi caratteri, certi contesti, cioè non sono necessari per eseguire correttamente determinate situazioni che si ritrovano nell'opera o in brani da cantare? Certo che sì. Allora spiegherò meglio. Dobbiamo partire da un dato, cioè che noi possiamo liberare UNA voce, propria di un soggetto. Il canto, basato su un testo, include determinati caratteri e contesti. Se nella vita reale io mi arrabbio, oppure devo consolare una persona, o devo parlare affettivamente, ecc. ecc., NON SCELGO la voce da usare! Sarà la natura a far sì che quelle parole siano pronunciate con una voce adeguata, che raggiunga le "corde" affettive dell'altra persona e incida sulla sua sensibilità. Certo che posso imitare e falsificare quel certo tipo di voce, e sarò un guitto, un attorucolo o cantantucolo. Se sono un artista, non avrò alcun bisogno di falsificare o cercare il colore o carattere da impiegare, perché sarà il contesto testuale a far sì che si determinino i giusti caratteri vocali collegati. Come ho scritto più sopra, la voce è "hic et nunc", cioè "qui e ora", vale a dire che non esiste la voce assoluta e monocromatica; la voce "vera" si adatterà in base al nostro stato d'animo, ma non sarà una scelta, ma una determinazione complessiva (olistica) della mia natura umana (cioè natura più spiritualità).
Sempre naturalmente, siamo uomini, e come tali siamo legati a tutte quelle brame che ci impediscono di scegliere la semplicità, la bellezza, la purezza, la serenità, la calma, e dunque impediscono alle nostre attitudini più straordinarie, di manifestarsi pienamente e liberamente, perché, quando ci accorgiamo di possederle, le vogliamo estrarre subito, con forza, con violenza, perché le vogliamo possedere, le vogliamo dominare, vogliamo farne strumento di sfoggio, di apparenza, di narcisismo per i nostri desideri più materiali e mondani. La voce, come ogni altra arte, se così la vogliamo trattare, deve servire agli altri. Dobbiamo donarla, metterla a disposizione affinché le persone possano percepire e vivere le qualità che sono in loro.
Quasi sempre quando ascoltiamo la nostra voce registrata, non ci riconosciamo, non ci piace, ce ne vergogniamo. Da una parte è vero che conosciamo la nostra voce solo dall'interno e non sappiamo come suoni all'esterno (come quando ti rivedi in foto o in un video), ma c'è una componente più profonda: io credo che non ci riconosciamo perchè raramente siamo veri, raramente corpo ed anima viaggiano perfettamente integrati così da suonare nella verità, ed infatti quando succede la magia di riuscire a cantare con la propria voce, vera, profonda, senza gli orpelli e i vestiti che costantemente ci cuciamo addosso, immediatamente la riconosciamo e la amiamo, anche in registrazione...una volta, molto tempo fa, mi è successo al telefono: rispondo e la ragazza che amavo mi ha detto "stavi pregando" ed era vero, lei non ha avuto bisogno di chiedermelo e io sapevo che lei l'aveva capito dalla mia voce, immersa nella verità del mio essere.
RispondiEliminaScusa Fabio della digressione metafisica, forse troppo inopportuna.
Tutt'altro! E' un intervento apprezzabilissimo!
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