Translate

venerdì, ottobre 27, 2023

Dei muscoli e della tridimensionalità

 Mi sono soffermato lungamente sulla necessità di sganciare la vocalità dalla muscolatura interna, cioè il contrario di quanto si fa in genere nelle scuole di canto attuali. Però nella fase iniziale dello studio, capita che richieda una certa partecipazione di alcuni muscoli facciali, al punto da definire tutta la parte compresa tra mento e zigomi "la tastiera del cantante". E' infatti evidente che la corretta emissione di alcune specifiche vocali, come la "I", la "é" e la "O" richiedano un certo atteggiamento dei muscoli facciali. Questo atteggiamento è genericamente dolce e spontaneo nelle persone, durante il normale eloquio, ma si tende ad abbandonarlo quando si passa al canto, specie se impegnato. Questo fatto può far pensare a una contraddizione. Come ho già spiegato in diversi momenti, l'insegnamento del canto non può sintetizzarsi in un unicum, ma richiede non meno di tre fasi. Una fase che possiamo definire propedeutica, una fase di stabilizzazione e una di perfezionamento. In questi momenti le problematiche da gestire sono o possono essere differenti, e differenti, quindi, anche gli strumenti da impiegare. Nella prima fase il problema più cogente è quello di far sì che la voce nasca e si sviluppi esternamente. Se questo avviene naturalmente quando si parla, è molto più difficile che avvenga appena si intona, specie se si vuol dare maggiore intentistà e se ci si avventura se tessiture più acute. Come è noto, il modo più corretto per sviluppare il fiato consiste nel partire dal parlato, perfezionarlo ed estenderlo. Ma per molti è una linea troppo lunga e impegnativa, o almeno così a loro appare, e dunque bisogna affrettarsi a passare al vocalizzo e al canto, dove le conseguenze della reattività del corpo sono più forti. Pertanto, ecco che occorre ricorrere a qualche mezzo che possa tenere sotto controllo le reazioni e consentire alla voce di portarsi avanti. Un utilizzo sapiente della muscolatura labiale, risoria e zigomale permette di pronunciare adeguatamente le tre vocali suddette. Tutto bene, quindi? Non proprio. La muscolatura esterna ha dei riflessi su quella interna, per cui se si applicano delle tensioni, possiamo essere certi che la fluidità vocale ne avrà riscontro, quindi è necessario che, qualora l'insegnante abbia ritenuto di far ricorso a questa modalità, dovrà poi insistere per toglierla, il prima possibile. Quale deve essere la vera condizione del canto? Che tutto si formi esternamente, e anche la muscolatura esterna del viso resti pressoché impassibile, con appena accenni della pronuncia. Questa è una condizione che per molti risulterà al limite dell'impossibile! Eppure occorre assolutamente arrivarci. La voce è come se venisse vista, oltre che udita, non formulata muscolarmente!

Adesso passiamo a un altro fattore, non meno importante e legato in parte al precedente. Lo studio del canto si associa, nelle parole degli insegnanti, a procedure dimensionali, che solitamente sono solo due, cioè sopra e sotto, o alto e basso. L'alto è il regno della "maschera", delle cavità sopraglottiche, della bocca, del naso, del faringe; il sotto è il regno sooprattutto del diaframma, della pancia, della schiena e per qualche insegnante anche più giù. Per me questa dimensione è da lasciar stare! Più interessante è quella orizzontale, che però non riguarda "avanti" e "dietro", ma solo l'"avanti", dove però ci sta la terza dimensione, cioè il laterale, destra e sinistra. Spiego meglio. Prima di tutto questo avanti non è generico, ma è relativo all'intensità e all'altezza della tessitura. Siccome la colonna d'aria, man mano che si sale nella tessitura, a causa dell'aumento di tensione, tende a raddrizzarsi e a portarsi verso il centro della calotta cranica, noi dobbiamo fare in modo che questo NON avvenga, perché porterebbe allo spoggio! Il palato è l'elemento che può impedire il raddrizzamento e proiettare la voce verso l'arcata mandibolare superiore e verso l'esterno, Questo però, specie nei primi tempi, creerà una pressione non indifferente, per cui sarà probabile che spesso la voce arretri e si opacizzi. In ogni modo, anche quando si riuscirà a crearla esternamente, questo dato non potrà essere generico. Se parliamo di vocali perlopiù verticali, come la A e la O (anche la "è"), man mano che si sale nella scala occorrerà compensare il fatto di non salire (NON SI DEVE PENSARE IN ALCUN MODO DI ALZARE) lanciando la voce più lontano. Banalmente a volte consiglio di pensare alle diverse note come a delle orbite, e quindi saltare da un'orbita all'altra più lontana salendo. Questo succede anche nella vocali più orizzontali, come la "I" e la "é", che però hanno necessità di una espansione laterale, per cui salendo occorre anche lanciare maggiormente a destra e sinistra. 

4 commenti:

  1. Quando parli di vocali orizzontali o verticali, intendi la conformazione delle labbra? Nel senso che la i e la é sono tendenti al sorriso? Mentre la o forma un uovo con le labbra e la a tende all'apertura totale delle labbra? E la u come si concepisce? In questo momento la sento molto utile perchè mi permette di capire se chiudendo la bocca, finisco per chiudere anche la gola o no...sto sperimentando anche un'esercizio particolare: cantare una a e poi chiudere la bocca senza pensare alla u, per vedere quale vocale viene fuori e per concentrarmi sul rilassamento della mandibola, chiudendo solo la rima buccale...

    RispondiElimina
  2. La risposta è sì alla prima domanda. La U ha una conformazione più stretta della O, e la utilizzo proprio per arrivare a una buona O, perché la tendenza è sempre quella di allargarla, il che vuol dire portarla indietro.
    La "U" è una delle vocali più importanti, ma sconsiglio di esercitarla da soli perché si fanno facilmente errori, nel senso che la si manda indietro e in basso, mentre deve mantenere la ricchezza e la posizione esterna della A. Bene rilassare la mandibola, ma non capisco bene cosa intendi con la frase precedente (chiudere la bocca...).

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Come esercizio provo spesso il passaggio senza consonanti tra u ed a oppure a u per cercare di mantenere la gola sempre aperta in entrambe le vocali, per sperimentare ho provato a fare una a mantenendo l'emissione libera, chiudendo la bocca senza pensare ad un'altra vocale, per vedere se le labbra formano una vocale senza che la mente la pensi (è così, ma per fare la u non basta chiudere la bocca, c'è una postura della cavità orale interna per formare una chiara u)

      Elimina
  3. L'ho scoperto insegnando italiano agli stranieri: molti ad esempio trovano difficile pronunciare la è aperta, proprio perché non riescono a pensarla, non conoscendone il suono, allora insisto a aprire la bocca perchè anche se lo sentono innaturale è l'unico modo per ottenere la è...cioè, come spesso hai scritto (e anche fotografato la postura delle labbra per le diverse vocali), per pronunciare bene bisogna abituarsi all'inizio ad assumere con le labbra una precisa postura (specialmente quando l'orecchio non è abituato a percepire la vocale giusta)

    RispondiElimina