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mercoledì, settembre 16, 2009

La scienza e la voce

Sciveva Mauro Uberti già negli anni 60/70 che l'insegnamento del canto avrebbe avuto un grande giovamento nel passaggio al livello scientifico, visto che fino al dopoguerra le conoscenze specifiche sulla voce erano molto scarse. Nell'articolo stesso, che è visibile sul web, si dice che la classificazione vocale non avrebbe avuto più problemi. Passano i decenni, la scienza medica si affina ogni giorno di più così come gli strumenti di indagine e analisi. Il risultato è che non c'è mai stata tanta confusione e tanta mediocrità, almeno mi pare. Dove sta il problema? O meglio: I problemi. Non c'è, e non ci può essere, un trattato scientifico del canto artistico, in quanto la voce cantata è un processo che esula dalle funzioni vitali del corpo cui la medicina è volta, ed essa può intervenire efficacemente solo nella cura dei disturbi e delle patologie, a patto che queste non richiedano un intervento di modificazione della vocalità artistica. Il canto è l'interazione di tre apparati, e solo un artista che ne abbia assunto la piena coscienza può intervenire su questo sistema; la scienza non ha alcun potere di miglioramento o modificazione della vocalità (in quanto non è in condizioni di studiare e proporre soluzioni a questa interazione), e soprattutto non può ipotizzare un percorso didattico. Alcuni dicono: ma se un foniatra fosse anche cantante... Sì, meglio, ma di che livello? L'essere esperto del funzionamento degli apparati vocali non fa di un modesto cantante un grande maestro, tantomeno un artista. Un presuntuoso molto più probabilmente sì. Infine dobbiamo svelare un fatto: per poter compiere esami sulla vocalità, la scienza ha bisogno di modelli, perché essa si basa su confronti e statistiche, quindi non esiste un dato di fatto oggettivo per cui uno strumento dice: baritono, soprano, basso, ecc. Lo strumento dà delle misure che il foniatra, comparativamente, interpreta. Quindi nessun responso inoppugnabile e realmente scientifico, ma sempre soggettivo e basato, poi, su dati di cui non conosciamo la provenienza; chi ha fornito i modelli? Sarebbe la stessa cosa se i campioni fossero stati "estratti" da Tito Schipa, Mariano Stabile, Beniamino Gigli, Aureliano Pertile, Ezio Pinza, o invece da altri, di cui magari non facciamo i nomi, celebri ma dalla vocalità decisamente meno valida (e quanta autorevolezza hanno questi studiosi a determinare se una vocalità è più o meno valida? Siamo sicuri che, a parte i danni di una emissione scadente, si "veda" realmente la differenza tra un virtuoso eccezionale e un buon cantante?).

2 commenti:

  1. per quanto la scienza possa progredire non cè modo di rendere la classificazione, e ancor di piu l insegnamento del canto, un algoritmo matematico che si possa compiere.
    il principale motivo deriva dal fatto che la correzione sull allievo da parte dell insegnante deriva da una percezione di suono corretto/scorretto che non può essere analizzata con nessun mezzo/ strumento scientifico.
    non cè modo di misurare un vocalizzo e dire se è ingolato, nasale, ecc ecc- ad oggi uno strumento scientifico riesce ad analizzare un file audio e ricavarne spettrogramma o al limite se monofonico frequenza e tutt al piu le formanti. ma niente di piu.
    spero di essere stato chiaro.
    ciao!

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  2. Diciamo che alcune caratteristiche salienti di un suono errato possono essere colte strumentalmente, tipo il suono nasale o quello gutturale, cioè fortemente ingolato; non può, o molto difficilmente può, individuare un suono più o meno indietro o qualunque altra sfumatura di difetto, con difficoltà può individuare il grado di appoggio, ecc. ecc. Ma, a parte la macchinosità di tenere d'occhio continuamente un eventuale monitor e interpretare via via le onde che appaiono, il problema di fondo non è tanto quello di riconoscere man mano i suoni difettosi, ma COME CORREGGERLI!!

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