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giovedì, aprile 14, 2011

Natura matrigna...

Leggo e sento parlare di canto "naturale", di lasciar fare alla Natura, di rilassare che la voce vien da sola, ecc. ecc. In linea di principio posso concordare che è sicuramente meglio imparare a rilassarsi, a lasciar fluire il fiato, a non frenarlo, a non trattenere, ecc., rispetto a quanti affondano, torchiano, spingono, tirano, alzano, abbassano, ecc. ecc. però neanche qui sta la soluzione. Ciò che molti insegnanti, in buona, ottima fede, non comprendono, è che il fiato "normale", diciamo così fisiologico, è incapace di alimentare uno strumento, quello vocale, artisticamente inteso. Sappiamo che la Natura può essere anche molto generosa, dunque alcuni soggetti si ritrovano con voci straordinarie (doti) anche senza aver frequentato alcuna scuola, in virtù soprattutto di un fiato particolarmente voluminoso e intenso. Ciò che bisogna sapere, però, è che la Natura, purtroppo, è "matrigna", dunque se questo fiato eccezionale non è subordinato a una disciplina che ne renda cosciente e padrone il soggetto, essa poco alla volta lo sottrarrà a questo uso che, per lei, che concepisce solo il vivere e sopravvivere in relazione alla perpetuazione della specie, è inutile e potenzialmente dannoso. Soggetti quali Di Stefano, la Souliotis, e purtroppo un numero sterminato di cantanti odierni, che hanno impostato la carriera solo su doti di Natura, si sono ritrovati nel corso di pochi anni, se non quasi subito, a fare i conti con una voce ogni momento più usurata, più in difficoltà, più pesante e difficile da manovrare, più limitata in ogni senso. Quindi, occorre fare bene attenzione a questo cambio di prospettiva, che forse è solo della nostra scuola. Quasi tutti pensano che i cantanti danneggino la propria voce cantando con una tecnica sbagliata; le cose non stanno esattamente così; un cantante che a 20 anni ha una voce bella, sonora, facile, potrebbe tranquillamente continuare a cantare così, se non usa con violenza i muscoli, non "tortura" la laringe, ecc.; cioè, se si ascolta il giovane Di Stefano, pur riuscendo a cogliere alcuni difetti, non si possono ritenere così gravi da compromettere una voce in poco tempo. Se questo è accaduto, pertanto, non è da ascrivere particolarmente a danni causati da uno scorretto uso della voce, ma al fatto che l'istinto, o Natura, ha lentamente sottratto al "proprietario" l'uso per fini artistici, quindi non legati alle esigenze vitali del soggetto, del fiato. Quindi occorre ridimensionare il concetto di tecnica, che viene interpretato come un codice di regole meccaniche senza le quali il canto decade. Astrattamente può considerarsi vero, ma in realtà la disciplina educativa dovrebbe tramutare il fiato da fisiologico, cioè "solo" atto alla vita del soggetto, anche se con volume e intensità ragguardevoli, a "archetto" dello strumento vocale, cioè alimentatore perfetto dell'ancia sonora/corde vocali (ovviamente con relativa perfetta forma degli spazi articolatori-amplificatori). Una semplice tecnica non riesce in questo proposito, perché sempre subordinata all'azione naturale degli organi (laringe-valvola), mentre la disciplina, pur non sottraendoli dalla loro necessaria azione fisiologica, ne affianca l'esigenza di perfezione artistica; se questo obiettivo viene raggiunto, ecco che quella indispensabile attività di esercizio quotidiano che grava su tutti i cantanti in carriera, viene meno, in quanto assunta a livello di nuovo senso fonico, cioè una "naturalezza" conquistata, che, ricordiamo, non può MAI esistere a priori.

2 commenti:

  1. Quindi si potrebbe affermare, correggimi se sbaglio, che se sue cantanti iniziano a cantare uno con voce splendida naturale e l'altro con voce "mediocre" ma disciplinata, il secondo ha più possibilità nel tempo di continuare a cantare con voce "ottimale", mentre l'altro potrebbe "perdere" o trovarsi una voce sgraziata se non assoggettandola ad un fiato artistico disciplinato.

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  2. Certamente sì. Ovviamente dipenderà anche dalla capacità del cantante di andare o meno in contro a una rovina prematura; gli esempi di Di Stefano e Souliotis sono indicativi non solo per il fatto che non c'era coscienza educativa, ma hanno anche scelto percorsi di repertorio, specie il soprano, falcidianti. Con un po' più di cautela si può avere carriera più lunga: il punto nevralgico però è sempre tra i 40 e 45 anni, quando il fisico inizia a perdere tonicità e l'istinto torna a prendere il sopravvento.

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