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martedì, febbraio 26, 2013

Il "non" attacco

Dalla fisica apprendiamo che quando si attacca il suono, l'aria, incontrando le corde vocali, si accumula sotto di esse producendo quindi una certa pressione, dopodichè, vinta la resistenza, provoca la vibrazione e diminuisce la pressione. Di fatto questo "gioco" di aumenti e diminuzioni di pressione continuerebbe per tutta la durata del canto. Questa è una spiegazione che senz'altro ha un senso, ma è legata a una condizione molto acerba, spontanea, del canto, priva di una valida educazione o innata qualità. Quando parliamo di modificare la respirazione per giungere a una coscienza respiratoria, a una respirazione di tipo "artistico", facciamo riferimento anche a questo momento, che è tutt'altro che secondario. Una respirazione di tipo costale, toracico, nei primi mesi di lezione può risultare controproducente o addiritura pericolosa, perché, contrastando la reazione di difesa, produce un aumento della pressione sottoglottica, e questo non è certo un bene (se pensiamo a quanto la tecnica dell'affondo esaspera questa situazione, c'è da dire che il nostro corpo è proprio miracoloso per quanto riesce a reggere all'autolesionismo!). La questione riguarda sia l'atteggiamento glottico, e quindi la parte neurologica, sia l'atteggiamento o postura respiratoria. Praticamente si deve creare una condizione per cui le corde sono già pronte a ricevere una determinata pressione, che è quella relativa al suono che si vuole produrre, e che non diminuisce subito dopo ciclicamente, ma si manterrà costante ovvero varierà al variare della frase musicale. E' una procedura che richiede un tempo enorme, a meno, per l'appunto, di una predisposizione straordinaria. Il fiato deve conquistare quel certo grado di tensione, sgravato dalla pressione di reazione diaframmatica, e deve interagire con una rima glottica sgravata dalla funzione valvolare, che produrrebbe quall'oscillazione meccanica caotica che impedisce un attacco perfetto, morbido, sul fiato, senza colpi (soprattutto di glottide), senza un pieno controllo dell'intensità e delle altre catatteristiche foniche, musicali e verbali richieste. E' una situazione molto difficile da descrivere e comunicare, ma cercherò comunque di dare qualche altra indicazione. Innanzi tutto faccio riferimento al titolo: un "non" attacco. Perché? Il termine attacco o attaccare, da vocabolario, fa riferimento a una serie di definizioni con accezione piuttosto negativa, se riferite in qualche modo al canto e al momento iniziale in particolare: "appiccicare"; "molestare con discorsi e chiacchiere"; "trasmettere per contagio"; "osteggiare, criticare"; "aderire, attecchire, appigliare, aggrappare, unire strettamente";"azione offensiva nella tecnica militare o sportiva". Dar vita a un suono è, deve essere, qualcosa di esattamente opposto!: non aderire, non essere frenato, non essere osteggiato, non essere violento, non aggrapparsi, eccetera. Quello più vicino, un po' paradossalmente, è "trasmettere per contagio"; in senso molto lato, vuol dire che il suono si trasmette e "contagia" l'aria circostante. Allora, quello che vorrei ben chiarire con questo articolo e comunicare con forza, è che l'inizio del suono NON DEVE essere un "attacco". L'idea generale sull'inizio di un suono (a parte le consonanti, ma anche su questo dobbiamo fare qualche precisazione) è che esso debba avere un punto di inizio, e, riferendoci alle vocali, questo punto è molto difficile da immaginare. Intervenne su questo il Garcia, consigliando il colpo di glottide, che è uno dei suoi peggiori consigli, per quanto sia possibile anche trovare qualche accezione positiva, molto molto recondita. Se noi pensiamo all'accensione di una fiamma a seguito di una scintilla in una emissione di gas, siamo molto più vicini al nostro concetto. Il fiato che percorre il "tubo" vocale, oltrepassando le corde vocali modifica il suo stato e si "accende" vocalmente, senza alcuna necessità di "schiocco", di resistenza vinta. E' anche come un getto d'acqua che si vaporizza grazie alla presenza di una fonte di calore. Le corde vocali mutano la loro condizione fortemente meccanica per diventare un "trasformatore" quasi neutrale. Facciamo ancora un paragone. Avete presente il "pendolo di Newton"? Ne metto un'immagine:

Senz'altro lo avete già visto; viene usato come soprammobile ma anche nelle scuole per spiegare alcuni fenomeni fisici. A noi interessa fare un paragone: immaginate che la pallina di sinistra rappresenti il fiato, e l'ultima a destra la voce; le palline centrali rappresentano la laringe e gli spazi oro-faringei. La cosa interessante dell'esperimento consiste nel fatto che le palline centrali restano immobili e trasmettono il moto all'ultima pallina. L'esperimento riesce se le palline sono tutte uguali; se la prima a sinistra, ad esempio - che rappresenta il fiato - fosse più grossa, quando colpisce le palline centrali, le sposterebbe in avanti, non resterebbero più immobili; la pallina di destra pertanto si alzerebbe meno del necessario e il meccanismo si fermerebbe quasi subito. Quindi il fiato se ha una energia maggiore del necessario, produrrebbe una pressione sottoglottica eccessiva (la laringe si alza) e il suono risulterebbe difettoso, cioè non coerente con quello auspicato; per compensare il minor rendimento, si deve aumentare ancora di più la pressione; siccome questo comporterebbe un sollevamento ancor maggiore della laringe, si contrasta il fenomeno con un suo bloccaggio muscolare che naturalmente produce suoni non esemplari (eufemisticamente). Se la disciplina educa perfettamente il fiato giusta la volontà di alimentare suoni perfetti, si arriverà alla condizione esemplificata, cioè una sorta di annullamento della sensazione di esistenza stessa delle corde vocali, e cioè quella sensazione di "tubo vuoto" (tubo beante) come se fosse una lunga e piacevole espirazione.

4 commenti:

  1. Bellissima la foto animata, rende subito l'idea del fiato costante, dell'attacco preciso privo di spinta ma non di energia fluida.
    Agli inizi ho faticato tantissimo a questo concetto, mi rendo conto che è difficile nel contesto in cui viviamo accettare l'idea che il canto sia quiete, ma non stasi, sia energia ma non forza, sia contenuto e non solo forma.
    Copio il mio ultimo post:
    La scorsa domenica ho partecipato ad una fraterna riunione con alcuni missionari. Alla fine, avendo notato la voce sempre fluida e ben messa, squillante, del relatore, un padre missionario, gli ho chiesto se aveva mai cantato (embè alla fine è il mio chiodo fisso), lui in maniera semplice e senza aggiungere altro ha cantato come se nulla fosse il Panis di Franck e il Nessun Dorma a cappella con una voce da Dio... (non ho avuto il tempo di registrarlo). Siamo rimasti tutti stupefatti... Mi ha risposto molto semplicemente che non ha mai studiato seriamente, se non inizialmente con un sacerdote baritono ma più che altro per diletto e poi ha aggiunto ringraziandoci per i nostri complimenti che lui canta "perchè è felice", nonostante tutto quello che vede di misero intorno a se e per cui ha deciso di aiutare... Una persona stupenda! Penso ancora una volta che in fondo "il segreto" stia tutto qui...

    Quelle palline centrali in effetti non sono esenti dall'energia che le attraversa, lasciano solo fare al fluido ciò che deve fare, in tutta beatitudine.
    In fondo, beato è chi canta... nel senso più appropriato del termine secondo me. Essere privi di odio ma al contrario di amore, essere tolleranti, accettare se stessi e gli altri migliorandosi costantemente. Un'impresa ardua che non coinvolge solo il canto, che darà i suoi frutti.

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  2. Condivido in pieno. L'unica cosa da precisare, è che comunque si tratta di una conquista; una conquista "pacifica", non violenta, alla Gandhi, ma pur sempre una conquista. Ci vuole cuore, ci vuole tempo e pazienza, ci vuole dedizione e umiltà.

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  3. Salvo5:01 PM

    Caro Fabio,
    mancando da diversi mesi (o anni?) dal forum che frequentavi anche tu (almeno così mi è sembrato), ho avuto modo, per curiosità, di riaffacciarmi da semplice osservatore.
    Ho trovato un livello degradante e degradato di dispute, supponenza,arroganza, superficialità, giudizi,ecc.ecc. E qualcosa che mano a manoi riflette i nostri tempi o che cosa?

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  4. Sì, sono andato qualche volta a vedere e infatti mi sono ben guardato dall'intervenire... Sì, certo i tempi, il voler avere sempre ragione, mancanza di empatia, ecc. ecc. ecc.

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