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venerdì, dicembre 12, 2014

Revision delle revisioni

Escono in commercio periodicamente volumi di testi musicali storici, vuoi opere, vuoi manuali, corredati da commenti e aggiunte critiche. Fino a qualche anno fa c'era una motivazione economica perché l'elaboratore o revisore attendesse a questa attività, in quanto poteva usufruire di quote di diritti d'autore quando il brano veniva eseguito in pubblico con quella specifica elaborazione. Da qualche anno mi risulta che questa speculazione è stata tolta (per fortuna). C'è sempre un guadagno, limitato però al solo compenso che l'editore decide di sborsare a un revisore per una particolare edizione. In questo senso si giustificano le celebri edizioni critiche delle opere di Verdi o Rossini, commissionate dalle fondazioni esistenti e facenti capo ai grandi compositori. In genere l'edizione critica come funziona? Si prende, se c'è, l'autografo originale, nonché tutte le prime edizioni, a stampa o manoscritte, le annotazioni eventualmente riscontrate e quant'altro ritenuto degno di nota, persino nella corrispondenza. E', in sostanza, una operazione in gran parte grafica; il "musicologo" subentra per dare priorità alle scelte, eventualmente segnalando con diverse modalità, segni talvolta persino di opposta tendenza (in certe versioni in una frase ci può essere un crescendo e in altra, nello stesso punto, un decrescendo oppure un legato e uno staccato, ecc.). Quindi molto spesso si porta in evidenza che dalle carte emerge che determinate frasi non hanno una chiara e univoca scrittura, anche se non si sa se tali contraddizioni appartengano all'autore o ad altri. Alla fine c'è da chiedersi se tali edizioni siano davvero utili, perché dietro questi "maneggiamenti" non ci sono mai criteri esposti. In alcuni particolari casi, come i libri di studio, questa attività può avere un particolare e importante rilievo. A cosa servono gli studi? Per tutti gli strumenti esistono centinaia di libri che portano appunto il nome di "studi" ed hanno sempre un carattere eminentemente tecnico, cioè non "musicale". Credo che pochissime persone colgano la valenza di questa critica. Sappiamo che nel rapportarsi allo strumento ci sono difficoltà non indifferenti; le dita di un pianista, il coordinamento tra le mani, la rapidità, ecc. I vari insegnanti, nel tempo, hanno elaborato degli esercizi che insistendo e proponendo vari tipi di soluzione, come una diteggiatura, una posizione, un movimento, ecc., hanno creato metodi che sono considerati validi. Questo ok, ma... è un procedimento "musicale"? Di solito no, è pura tecnica. Questo è un male, perché l'allievo confonderà la tecnica con l'arte, cioè riterrà che risolvendo i problemi tecnici, cioè facendo bene i passaggi virtuosistici, difficili, farà musica. Ma non è così! Non è così a meno che l'insegnante personale non ci metta una pezza illustrando e poi pretendendo che ogni esercizio venga suonato con criteri musicali oggettivi e condivisi. La questione riguarda ovviamente anche il mondo del canto. Un celebre testo, il Vaccaj, un bel po' di tempo fa è stato pubblicato con una revisione da parte di un celebre insegnante. Prima di ogni studio il revisore ha inserito un proprio commento, di carattere tecnico. Ma... gli allievi che studiano canto, hanno veramente bisogno di quei consigli tecnici, che in realtà ben poco effetto possono avere su chi poco sa di voce, mentre possono creare confusione se contrapposti a quanto dice l'insegnante personale, mentre ben altro peso potrebbero avere consigli di natura strettamente musicale, tipo orientare le ripetizioni, individuare il fraseggio e come realizzarlo, ... insomma, come fare di un brano un'unità. Anche nei libri scolastici questo genere di insegnamenti sono totalmente assenti, e se consideriamo che la maggior parte degli insegnanti di musica ben poco sa in merito, come pensiamo che la musica possa avere un florido futuro?
In un prossimo post esemplificherò quanto esposto commentando, come credo vada fatto, un esercizio del Vaccaj.

2 commenti:

  1. perché non un video esemplificativo? :)

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  2. sì, ci proverò, magari entrambe le cose è l'optitum.

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