Se noi soffiamo, dove concentriamo la nostra attenzione nel regolare il flusso? sulle labbra. Sentiamo che si stanno svuotando i polmoni, e avvertiamo un rientro della pancia, ma non abbiamo percezione di un punto base da cui proviene il fiato e che possiamo regolare; tutto avviene sulle labbra. Lo stesso avviene nel fischio. Solo quando si sta esaurendo il fiato, per poter immettere aria di riserva, facciamo pressioni in varie zone del busto. Quando cantiamo abbiamo l'assoluta necessità di riprodurre lo stesso percorso e sostanzialmente la stessa procedura. Il fatto che non sia aria, o solo in piccola parte, ma voce, non cambia i termini della questione. Noi ci dobbiamo convincere che il fiato divenuto suono non si deve bloccare a livello laringeo. La nostra impressione deve essere assolutamente la stessa di quando soffiamo. E' vero che il fiato diventando suono rallenta, perché aumenta la densità, ma non siamo noi che dobbiamo rallentare o addirittura frenare il flusso, è una condizione naturale e fisica, PERO' attenzione a quanto sto per scrivere: se io controllo il flusso dalle labbra e lo faccio scorrere senza freni e rallentamenti, ma anzi con celerità, io avrò un controllo totale sull'intero flusso, aria + suono, come se fosse un fluido unico in un unico tubo. Se provo a controllare il fiato da sé, andrò a produrre ipo o iper pressione, mai perfettamente bilanciata, e dunque avrò pressione sottoglottica o ipopressione e dunque stonature e difetti vari. Sotto questo punto di vista, consideriamo quanto non solo inutili ma decisamente controproducenti risultino esercizi di tecniche respiratorie che portino a dilatare i polmoni, a rinforzare muscolatura respiratoria per poi non solo non dover "spingere", "premere" o, peggio, come diceva Celletti, "strizzare letteralmente" i polmoni, ma lasciare andare il fiato, permettergli di scorrere e fluire tranquillamente, senza dighe, senza ostacoli, senza freni, rallentamenti, frizioni o altra procedura tesa direttamente o indirettamente a impedire tale esercizio di libertà. Chi provi a lasciare che la voce spanda liberamente come un soffio, proverà libertà ma anche paura e imbarazzo, perché la libertà, quando la si prova, mette paura! sembra che la voce possa sfuggire al nostro controllo, al nostro dominio, come se avesse una volontà propria, come se volesse staccarsi da noi e vivere indipendentemente da noi. In realtà è così, ma con una differenza importante: noi possiamo controllarla semplicemente con la volontà, ma non una volontà attiva, impositiva, possessiva e di potere, ma subliminale, affettiva. Non si tratta di "dominare" la voce, ma di lasciare che essa possa dare il meglio di sé, e non sono "IO" a poterlo fare o imporre, è il mio pensiero profondo ad agire autonomamente e meglio di come io potrei mai pensare di fare razionalmente.
E' impossibile spiegare come un flusso dinamico come il fiato, che termina la sua corsa sulle corde vocali, producendo un suono che di per sé ha un movimento dinamico anche maggiore di quello aereo ma non muove l'aria ma si trasferisce all'interno di essa, possa inglobarsi in un'unico fenomeno che percepiamo come un unico flusso. Però è così. Ora la cosa che mi fa disperare è pensare che una azione così elementare, come "cantare come soffiare", venga controbattuta da una miriade di tecniche come "alza il palato", "schiaccia la laringe", "alza la lingua", "metti su", "premi giù", "allarga qui", "tira là", ecc. ecc., tutte cose che sa benissimo chiunque sia capitato in mano almeno al 90% degli insegnanti di canto. La disperazione mia, empaticamente con tutti i giovani che studiano canto, è che non hanno pressoché alternative! Gli insegnanti non hanno alternative! Questo sanno, questo insegnano. In buona e in cattiva fede. Onesti e disonesti. Rimangiarsi tutto, rimettere in gioco tutto ciò che hanno appreso (anche se non capito), è un'operazione tanto rara quanto di impegno esorbitante, soprattutto psicologico, ontologico. Questa mia non è una scuola utopistica, ma è isolata, relegata, come tutte quelle scuole che in qualche modo si richiamano a questi valori. Chi vuole avvicinarsi a questa disciplina lo fa per un'elevazione personale. Non è una superiorità, è una scelta interiore, che esclude l'esteriorità. A volte sono combattuto tra mettere in guardia verso "quelle" scuole, o la mia !!! (o come la mia).
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RispondiEliminaChe post sublime!!! Non ho parole. Si è vero si prova quasi paura si è come paralizzati. Poi nasce una profonda emozione di gioia.Sono nella nebbia ma si intravede il chiaro del sole, l'inizio dell'elevazione personale. GRAZIE Maestro!
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