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domenica, settembre 11, 2016
La formula magica
Sempre più resto meravigliato dalla quantità rilevante di scritti sul canto, inteso proprio come insegnamento del canto. Anni fa scrissi: è come voler insegnare a andare in bicicletta, o a camminare su un filo, o, presumo, tante altre cose su cui non esiste alcuna produzione editoriale. Invece sul canto si sbizzarriscono ogni genere di persone: cantanti, insegnanti, allievi, amatori e altre categorie indefinibili. Siccome la crisi è rilevante, c'è forse l'idea di poter dare una mano (purtroppo la danno.... alla crisi, però!!). Ho già espresso in diversi momenti la mia meraviglia di fronte al nulla che alberga in questi scritti. E' chiaro che ognuno ci mette del proprio pensando di poter dare utili consigli, e non è escluso che in qualche raro ci riesca, ma resta il fatto che la grande massa di parole che viene scritta sul come cantare, è confusionaria, disorientante e sostanzialmente non solo non serve a niente ma tendenzialmente porta a generare problemi di ogni tipo. Vediamo tre tipologie di intervento: cantanti: siccome possono dimostrare di aver cantato (o cantare tutt'ora), hanno una leva di convincimento più forte (naturalmente bisogna sempre vedere come viene accolto il loro canto nell'opinione di chi legge). In genere sono i libri più "leggeri", perché non hanno molto da dire, salvo le solite raccomandazioni, poi un po' delle cose che hanno appreso dai propri insegnanti e i consigli di qualche autorevole (!) collega. Ciò che può rendere il libro più interessante sono gli aneddoti e le descrizioni delle loro esperienze. Insegnanti di canto; ovviamente coprono la maggior parte delle pubblicazioni. In teoria dovrebbero essere i libri più interessanti, in quanto riportano le numerose esperienze con i loro allievi. In genere però come si muovono? da un lato si vantano dei successi avuti con qualche allievo e dall'altro, di conseguenza, esaltano i loro "metodi infallibili". Se non hanno avuto la possibilità diretta di aver avuto consigli o contatti con qualche grande, semplicemente annettono il canto di qualche celebre artista al loro metodo. Qualche decennio fa era molto frequente trovare nelle pubblicità delle scuole di canto il riferimento a un particolare metodo (negli anni 70/80 quasi sempre a quello Garcia), ma la cosa è andata (giustamente) esaurendosi. Il fare riferimento a un trattato (o più d'uno) o un insegnante, una scuola, laddove non ci sia stata una diretta "eredità", lungamente studiata e assistita, lascia il tempo che trova, perché non è e non sarà mai un "metodo" a fare il buon insegnante, perché l'insegnante o è buono o non lo è, e questo dipende dal suo percorso in primo luogo di apprendistato come vocalista-cantante, quindi come insegnante e cioè come ha sviluppato la sensibilità uditiva, la pazienza, la meticolosità nel gestire le esecuzioni, senza arroganza, senza protervia, ma sempre con l'esempio e con la volontà di far comprendere non tanto "il risultato", ma ciò che ci sta alla base. Ecco, dunque, il nocciolo. A cosa servono migliaia di libri, dove migliaia di persone dicono in parte le stesse cose, in parte cose diverse, basandosi... su niente!? Cioè, benché magari animati da un certo spirito di ricerca, il fatto che un cantante, anche bravissimo, dica: la voce si sente qua, oppure: si mette qui, si alza, si gira, si preme, ecc., ecc., a cosa può servire se resta confinata nel più assoluto soggettivismo? Lauri Volpi è stato un grandissimo cantante, e sono sicuro che ha capito tantissimo, essendo poi anche intelligente e colto, però non ha capito la cosa essenziale, cioè i PERCHE'. Il fatto che lui sia stato un grande, induce chi legge i suoi scritti a seguire i suoi consigli, perché la logica vuole che se lui cantava bene, vuol dire che sapeva come fare... invece non è così. Lui sapeva come LUI doveva fare, il che non significa per niente che funzioni con gli altri, e la stessa cosa vale per tutti coloro che ci hanno lasciato scritti e anche video (vedi Kraus, Pavarotti, Kabajvanska, Blake, ecc. ecc.). Addirittura in molti casi è evidente una notevole discrepanza tra quanto i cantanti hanno scritto e quanto hanno praticato in carriera! Sono grato a Schipa di non aver lasciato pressoché niente di scritto e pochissimo di detto (riportato). I "vociologi", terza categoria, che cominciarono a scrivere di canto verso gli anni 60, sono ovviamente i peggiori della situazione, perché non hanno cantato e non dovrebbero insegnare. Quindi scrivono non si sa in base a che, ma in genere possono aver successo, come indubbiamente Celletti e anche Gualerzi l'ebbero, perché hanno una penna felice e un bel modo di presentare ed esprimersi, infatti ebbero anche ottimi gradimenti in trasmissioni radiofoniche. Il problema, ovviamente, sta nei contenuti. Non che questi, come altri, critici, sbagliassero sistematicamente nel denunciare determinati difetti. Le battaglie che condussero verso un certo modo "verista" di cantare sono decisamente condivisibili; i difetti denunciati dei vari Di Stefano, anche Callas, Del Monaco, Pavarotti, Caballé ecc., in genere sono veri. Del resto non ci vuol molto a sentire quando uno urla per tutta l'opera, o canta tutto uguale, tutto forte, o quando fa "effetti" senza alcuna ragione, quando la voce perde "fuoco", non si capisce, è disomogenea... In questo senso è assurda la polemica dei vari fans che non vogliono ammettere i difetti dei loro miti e si lanciano contro i critici solo per screditarli opportunisticamente. Il problema grave di questi giornalisti-scrittori, è stato nel voler entrare nello specifico di come si canta. Quindi pensiamo a una persona che non ha mai inforcato una bicicletta che scrive un libro su come si deve andare in bici!!!!! La questione è semplice: tutti vorrebbero la "formula magica" per cantare come i loro beniamini, ma a nessuno interessa sapere "perché" è così difficile cantare e perché bisogna studiare tanto, con sacrifici e delusioni. I perché non sono di per sé soluzioni, sono prese d'atto, che mettono anche le persone di fronte a come siamo fatti, a tante questioni di vita, e questo non piace, intanto perché non offre soluzioni "pret a porter", in secondo luogo perché richiede molto pensiero, molta concentrazione, .... e chi ne ha voglia??! Cioè, si badi a quanta contraddizione, meglio COMPLICARSI la vita con contorsioni muscolari, nervose e mentali, che seguire una via semplice che però porta a doversi confrontare con sé stesso, a capire chi sei, da dove vieni e dove vai. ... Vince Dulcamara.
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Ho sempre letto molto e ho comprato moltissimi libri sul canto. Li ho letti o meglio divorati con la voglia di trovare delle risposte degli aiuti. Devo essere sincera? Ho trovato poco..a volte contraddizioni da parte dello stesso autore. Invece cosa ho scoperto? Che la strada maestra è trovare una vera guida un vero insegnante. Strada difficile...tutti insegnano il loro metodo...ma io so quello che cerco. Ho avuto la fortuna di trovare il vero Maestro quello con la emme maiuscola. Qui è iniziata l avventura....fatta di progressi, di delusioni di fatica. Io so che è la strada giusta che darà la possibilità di migliorare Non solo nel canto ma nella vita di tutti i giorni. Grazie Maestro Fabio
RispondiEliminaDei libri di canto ci sono da seguire eventualmente solo consigli di buon senso, orientanti, per evitare di cadere in mani sbagliate... ma per chi comincia a studiare e non ha alcuna esperienza, è comunque molto difficile poterli riconoscere e seguirli...
RispondiEliminaLa babele ha avuto inizio con l'Illuminismo e la conseguente mentalità scientista, meccanicista, positivista... Prima d'allora certo nessun maestro avrebbe ipnotizzato il povero allievo con stramberie anatomiche, colpi di glottide, manovre interne, giri, tecniche respiratorie e orrori varii... L'unica, infallibile bussola, non poteva che essere la parola, unita all'intonazione e alla musicalità. L'ascolto, l'artigianale buon senso e la sensibilità non ancora corrotti dalla pompa tardo romantica e dal disco poi, guidavano allievi e maestri nella direzione della voce pura, affinata, calma, soave, chiara, espressiva, mai gridata, distorta o strombazzata. Non credo che i maestri all'epoca facessero chissà quali miracoli, considerando poi che sicuramente avveniva a monte una radicale selezione delle voci più promettenti. Si limitavano a non fare danni, e a seguire l'ineluttabile via della semplicità: il che col senno di poi non è affatto poco. Francesco
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