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venerdì, dicembre 16, 2016

Del piano 2: i salti

In prosecuzione al post sul "piano", mi pare buona cosa aggiungere alcune considerazioni sui salti, inerenti lo stesso argomento.
Se già l'effettuare una scala porta quasi tutti a crescere in modo eccessivo e a sollevare la base del fiato (e/o, per reazione, a premere verso il basso), la cosa assume caratteri ancora più estremi quando si fanno salti di intervalli più ampi, specie dalla quarta in su. In primo luogo c'è un fatto psicologico, per cui il compiere un salto musicale verso l'alto porta istintivamente a spingere e a intensificare in modo estremo durante l'ascesa (poi ci sarebbe anche da soffermarci sui "colpi" che si danno durante queste operazioni, che sono dannosi) oppure, al contrario, ad abbandonare durante le discese. Ribadendo dunque quanto già esposto nel precedente post, suggerisco a coloro che incontrano difficoltà o che comunque avvertono qualche disagio nel compiere salti, da un punto di vista vocale, di "spianare la strada", ovvero avvertire che la nota più alta nel pentagramma, da un punto di vista vocale si trova sullo stesso piano della più bassa. Questo dovrebbe comportare automaticamente anche una riduzione dell'intensità. Molto interessante e utile è anche l'esercizio opposto, che si presta anche ad altre osservazioni. Se infatti eseguo una prima nota centro acuta e cerco di mantenere quella più bassa sullo stesso piano, già dovrei avvertire una diversa esigenza respiratoria, cioè la nota più bassa, più avanti della prima se eseguita complanarmente, richiederà più fiato, e questo è già un risultato interessante. Ma la cosa assume ancora più interesse se la nota più alta la eseguiamo in falsetto-falsettone, cioè senza forza, senza pressione, ed eseguiamo quella più bassa con la stessa vaporosità, leggerezza. Adesso vediamo ancora un particolare non di poco conto: come ci comportiamo TRA le due note? E' possibile eseguire uno stacco, oppure un portamento o qualcosa di intermedio. Qual è il pericolo più frequente e serio? quello di spingere, cioè interpretare l'aumento di portata respiratoria come una necessità di pressione da aiutare dal basso e da dentro. Non dobbiamo mai metterci nella condizione di voler AIUTARE il fiato, perché questo si tramuterà sempre in  spinte e pressioni indebite. Per prima cosa è bene eseguire il salto staccando, e quindi ripetendo la vocale sulla seconda nota, con precisione, davanti alla prima, "gettando", quindi fornendo il giusto fiato (meglio non fare salti troppo accentuati). In questa fase possono crearsi molti difetti, perché nel salto è possibile che si cerchi un punto d'appoggio nella mandibola se non addirittura sulla laringe, mentre tutto deve avvenire nella vaporosità del fiato sospirato. Il tentativo di eliminare ogni contributo muscolare, fibroso, incontrerà non pochi ostacoli, che si riescono a superare solo TOGLIENDO, cioè semplificando, alleggerendo, sublimando. Altra questione, già affrontata nel post precedente, ma è bene ribadire. Se non si sa ancora attaccare una vocale con leggerezza, seppur con precisione e perfetta pronuncia, è importante che immediatamente dopo l'attacco non si continui a "spingere" come con un pistone! E' fondamentale rilassare e alleggerire, diminuire volume e intensità e NON AUMENTARE prima di aver eseguito la seconda nota, il che non significa non alimentare con la necessaria quantità di fiato (cioè non trattenere, non chiudere, ecc.).

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