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venerdì, dicembre 02, 2016

Dei sensi

Con il termine "senso" intendiamo almeno tre aspetti: senso in quanto logica, comprensione, significato ("questa cosa non ha senso", cioè non si comprende, è illogica); senso in quanto modo o direzione ("stai andando in senso contrario", "in un certo senso"); senso in quanto attinente ai nostri terminali nervosi (vista, udito, tatto, gusto, olfatto). Per la verità le prime due accezioni possono ricondursi a un'unico concetto, in quanto la comprensione di un pensiero o di un evento o oggetto è anche riferita alla sua direzione nel senso di comprensione. Se noi esaminiamo un brano musicale, il fatto di non comprenderlo è dovuto molto spesso al fatto che non riusciamo a individuarne il senso, proprio nel significato di direzione, cioè non comprendiamo "dove va", e questo può essere dovuto alla scrittura, quindi al compositore, oppure (molto più sovente) all'esecutore, che non avendo lui per primo riconosciuto il percorso del brano non è in grado di farlo arrivare agli ascoltatori, oppure non si è posto nemmeno il problema, oppure ancora pur avendolo compreso non è in grado di metterlo in pratica. Nel caso dei sensi umani, invece, dobbiamo dire che ci sono delle riflessioni da fare. Oltre ai cinque citati, riconosciuti e studiati, noi tutti spesso facciamo riferimento almeno ad altri due: quello dell'orientamento e quello dell'equilibrio. Il senso dell'equilibrio è svolto fondamentalmente dal Labirinto, quindi lo potrebbe associare agli altri cinque. Quello dell'orientamento, invece, è ben più complesso e difficile da spiegare. Alcune persone riescono a orientarsi nello spazio soprattutto grazie alla memoria e a una particolare attenzione ai particolari, per cui svolgendo un percorso riescono a memorizzare i vari cambi di direzione associandoli anche a particolari dell'ambiente in cui si muovono. Ma il senso dell'orientamento in realtà è anche qualcosa di più ampio. E' evidente che l'uomo anche solo di poche decine di anni fa ne aveva molto più bisogno di oggi, quando le strade erano buie e prive di segnalazioni, non esistevano carte e mappe... Si è scoperto che alcune popolazioni abitanti in isole hanno uno sviluppatissimo senso dell'orientamento e riescono a raggiungere le isole vicine senza alcun ausilio fisico (tipo bussole, mappe...). Questo in quanto la nostra mente possiede potenzialità straordinarie, in parte forse mai manifestate, altre sì ma poi regredite in quanto non necessarie. Appare più che evidente, quindi, che la manifestazione e la crescita di alcune potenzialità, sono dovute a ESIGENZE che le rendono necessarie. Purtroppo le potenzialità non possono svilupparsi in un tempo rapidissimo, per cui la quasi totalità delle persone non può far fronte a una nuova esigenza. Alcune, rare, si ritroveranno casualmente quella disponibilità, perché i sensi nascosti talvolta emergono, senza una motivazione, ma semplicemente perché siano riconosciute, anche se invece di riconoscerli, in genere vengono ricondotte a fatti "inspiegabili", poteri soprannaturali, ecc. In realtà non dovremmo chiamarli soprannaturali, bensì naturali ma non manifesti.
La prima domanda che ci si può porre è: può un singolo sviluppare un senso potenziale (quindi nascosto) per proprio uso? In teoria no, in quanto perché ciò avvenga deve crearsi una condizione particolare che crei un'esigenza a un'intera specie, ovvero a una significativa quantità di persone. Questa esigenza stimolerà la "riapertura" di quel determinato senso, che necessiterà probabilmente anche di una modificazione fisica, ma tutto ciò richiederà numerosi ricambi generazionali, per cui un tempo significativamente lungo. Nella pratica, però, questa possibilità può esistere. Una fortissima esigenza personale, il riconoscimento degli aspetti insiti nel senso stesso, possono, in un tempo difficile da prevedere, in ogni modo accettabile (sempre che non mutino le condizioni) far scaturire un'evoluzione del senso in questione, che non potrà comportare importanti mutamenti fisici (ma di leggera portata sì), ma potrà comunque innescare e stabilizzare la possibilità di poter usufruire di quel senso. Tale situazione non potrà, però, comportare ereditarietà. Rufolf Steiner è uno dei tanti studiosi che ha scritto molto sulle possibilità da parte delle persone di sviluppare strumenti atti a riconoscere e utilizzare possibilità non comuni. Personalmente sono dell'idea che per poter giungere a risultati significativi non basti propriamente sentire la forte esigenza, ma anche avere già una certa disposizione, aver avuto segnali di una inclinazione a determinate capacità cosiddette extrasensoriali. Però potrei sbagliarmi, e ne sarei felice.

La domanda a questo punto potrebbe essere: la voce è o fa parte di un "senso"? Se la risposta fosse sì, come entra nel discorso che stiamo conducendo? Secondo ma la voce E' un senso, e dovrebbe già essere catalogata in tal modo. Ci sono centri cerebrali specializzati, c'è un organo preposto, anche se non ha una funzione primaria, e sicuramente la sua mancanza pur non mettendo a grave rischio la vita, è comunque da considerarsi una menomazione non irrilevante. Come tutti i sensi, nella storia ha subito modificazioni e, soprattutto, adattamenti. Noi sappiamo bene che ogni specie animale che ha i nostri stessi sensi, li ha adattati alle proprie esigenze: la vista dell'aquila non può paragonarsi a quella dell'uomo, è infinitamente più potente; diversa invece quella di gatti e cani, che l'hanno adattata alle proprie specificità. Il gatto non vede benissimo, ma coglie con incredibile attenzione i movimenti, e inoltre è un animale notturno, può vedere accettabilmente nell'oscurità, quindi cacciare. I cani hanno diverse qualità di vista, a seconda della razza, ovvero a seconda della specializzazione (caccia, punta, difesa, ecc.). La voce, ovvero la possibilità di emettere non solo suoni ma articolazioni in parole con significato, e con una potente elaborazione (è probabile che moltissime specie animali, se non tutte, riescano a captare messaggi sonori dai propri simili, ma in quantità estremamente limitata, relativa solo ai propri bisogni di sopravvivenza), è propria solo dell'uomo. Molte specie animali, poi, oltre a un contingente di suoni abituali (abbaio, miagolio, raglio, ecc.) riescono o possono "modulare" i suoni per esprimere qualche espressione emotiva (dolore, sofferenza, gioia, allarme, aiuto), in modo più diffuso, cioè che anche altre specie possano comprendere. Nonostante la Natura si possa in molti casi definire "matrigna", determinati casi di altruismo e quindi di aiuto reciproco esistono anche tra specie in opposizione, e questo perché la sopravvivenza è il valore universale e quindi la sua Legge supera qualunque altra.
Il problema di considerare la voce un senso, si infrange però su un primo scoglio; mentre l'udito, il gusto, il tatto, l'olfatto e la vista si basano su un organo specifico (orecchio, occhio, lingua, pelle, naso), la voce non si può accontentare del suo organo produttore, la laringe (che non ha, sopratutto, questa funzione primaria), ma richiede un ausilio insostituibile da parte del fiato, e non può espletare la sua funzione umana completa, la parola, senza il complemento di numerosi organi o parti anatomiche variamente distribuite (lingua, labbra, mandibola, cranio, faringe...). Quindi non può essere definito un senso "semplice" ma composto, perché per la sua produzione occorre l'intervento e la correlazione di moltissime parti, le quali sono governate anche da parti cerebrali diverse. Ciò su cui dobbiamo riflettere maggiormente è il ruolo del fiato. Ci sono scuole che quasi non considerano il ruolo del fiato, molte altre ne danno un valore altissimo, senza però poi sapergliene attribuire uno specifico, cioè pur considerando che è fondamentale nella produzione e nel controllo vocale, continuano a esercitarlo e a considerarlo nella sua valenza fisiologica naturale. In questo senso ho ricevuto numerose critiche proprio per aver proposto e propugnato pensieri differenti. La natura del fiato è fisiologica, cioè ha come funzione fondamentale, insopprimibile e incommutabile, lo scambio gassoso. Come seconda funzione ha uno scopo di ausilio muscolare per la corretta postura eretta. Solo al terzo posto arriva la produzione vocale, che non può porsi in conflitto con le prime due, e questo SOLO nell'ambito della parola parlata, nell'ambito dell'emergenza (per breve tempo), e nell'ambito di espressioni emotive, di cui può anche far parte il canto (sicuramente è stata l'esigenza fondamentale che lo ha fatto nascere e poi ampliare), ma sempre a patto che non confligga con le prime due funzioni. Viceversa questo succede quanto si chiede al canto un'intensità e una estensione superiori a quelli comuni e per un tempo non esiguo. Quindi noi potremmo definire senso vocale la voce comunemente espressa, ma ne usciamo se le nostre richieste superano questa normalità, che possiamo anche chiamare naturalezza; se fosse naturale cantare l'Aida, tutti potremmo cantare l'Aida, chi da soprano, chi da tenore, ecc. così come tutti parliamo ogni giorno. Posto che questo non succede, non può succedere e non succederà mai, dobbiamo prendere atto che la voce cantata esemplare "superiore", cioè quella che ci consente di cantare ad alti livelli questo repertorio con validi esiti, non è, di norma, un senso, o per meglio dire, è un senso non sviluppato, così come non sentiamo come i cani e non vediamo come le aquile. Sappiamo però che nel caso del canto è possibile acquisire un livello superiore anche individualmente, perché molti l'hanno conquistato, e si può anche ambire a una perfezione fonica, a patto di assurgerlo a senso, che è però un senso potenziale, non espresso e non manifesto se non in casi molto rari. Nel corso del tempo l'uomo compie scelte nel corso della Storia; la vista dell'umanità si sta abbassando, anche il suo udito, il senso dell'orientamento; il canto viceversa attrae e motiva molti a frequentarlo, anche se con un approccio sempre più semplicistico, superficiale e spettacolare che non artistico; si sente sempre di più parlare di emozioni, ma nel canto odierno io di emozioni non ne sento più, se non SUGGESTIONI che danno una patina di emotività, ma di sincerità non se ne coglie una goccia!

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