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sabato, dicembre 24, 2016

Liberarsi della voce

Il titolo potrà apparire assurdo, ma si comprenderà dopo l'argomentazione.
Cosa significa libertà? La libertà è allontanare qualcosa da sé. Siamo tutti "schiavi" di qualcosa o qualcuno; può essere allontanare un dittatore, un oppressore (individuale o sociale), può essere allontanarsi da Leggi, regole e regolamenti, comportamenti, usi e costumi. In molti casi, soprattutto in età giovanile (ma abbastanza frequentemente anche matura e persino avanzata) la libertà viene definita "vivere", e corrisponde al fare acrobazie e azioni ad alto rischio, come buttarsi con paracaduti, parapendio, bongee jumping, sci montano estremo, ecc. Nella maggior parte dei casi questo significa allontanare da sè una legge cui tutti sottostiamo: la forza di Gravità. Volare o comunque librarsi nell'aria, pur seguendo quella legge, dà a chi vive quella condizione, l'idea o l'illusione di aver superato la condizione limitante del normale uomo, e di ergersi, almeno per quell'attimo ("fuggente") a una condizione divina. Infatti l'idea dell'idolo, in quasi tutte le religioni, è quella di un essere trascendentale, puro spirito, che quindi non deve rispondere alle limitazioni del corpo e alle leggi fisiche. Da un lato quindi abbiamo tutte queste situazioni che in modo più o meno ingegnoso aiutano l'uomo a vivere stati di libertà, allontanando regole fisiche imposte dalla nostra condizione terrestre. In questa condizione è difficile trovare un riferimento a una qualche forma di Verità. Perché dico questo? Perché queste forme di libertà in realtà celano quasi sempre delle ricadute: forme di dipendenza, necessità di allenamenti per tutta la vita, salvo problemi di salute (che si verificano quasi sempre comunque in qualche forma), problemi di coesistenza con gli altri esseri viventi... L'Arte è, viceversa, o dovrebbe essere, se non viene mal interpretata, una pura e reale forma di libertà e in questo senso ci porta verso una verità tangibile. L'uomo pittore non può disegnare e dipingere fenomenalmente se non si libera della propria mano, ovvero dalla sua schiavitù fisica, mai potrà realizzare con assoluta perfezione linee, forme, colori... Così uno scrittore come potrà rendere la verità di tanti sentimenti, di pensieri, emozioni e altre astrazioni se non si libera dalla limitatezza delle parole e dei linguaggi verbali? Gli esempi possono essere tantissimi, ci arriva facilmente chiunque. Solo la liberazione da questi legami può dar modo di creare arte, e da quel momento si crea un collegamento diretto con il nostro essere spirituale e dunque con una coscienza collettiva profonda e vera. Solo questa condizione permette di liberarsi anche da ogni dipendenza. Non c'è più necessità di allenamento, non ci sono condizionamenti psicologici, mentali, fisici; diventa una Natura nuova e autenticamente nostra (lo è già, ovviamente, ma ci è sconosciuta). Ma nel canto di cosa ci dobbiamo liberare? Non è così immediata la risposta, perché la voce in sé è qualcosa che non esiste, è frutto di un insieme di attività, un processo che si articola in un tempo, per quanto quasi istantaneo. Ciò che ci appesantisce, che grava con il suo peso e con le proprie caratteristiche native naturali, è il suono. Il suono è quel fenomeno intermedio al processo che, per la sua natura eminentemente fisica, è perennemente a rischio di essere scambiato per voce (capita lo stesso nella Musica tout cour). Il fiato crea il suono appena sopra le corde vocali. Questo suono è la materia prima per la produzione della voce, ma esso NON E' la voce, è una rozza e limitata vibrazione, che non deve essere manipolata e gestita volontariamente, perché ciò sarebbe possibile solo per via muscolare. Noi invece dobbiamo lasciare che il suono resti del tutto autonomo e indipendente, che si dispieghi come deve in base a input mentali altrettanto autonomi e inimmaginabili (potremmo dire che più che cantare sul fiato, si canta "sopra" il suono, ovvero staccati, galleggianti sul suono). E' una sorta di processo a ritroso: noi sappiamo che vogliamo una determinata parola o vocale, e possiamo immaginarla facilmente, fuori di noi; essa "comanda" a quanto sta sotto, cioè fiato e suono, di atteggiarsi in un determinato modo per poter dare QUEL risultato fonico. Quando, moltissimo tempo fa, la voce la si educava esclusivamente CON la voce, e non cercando di andare a modificare il suono, si poteva assistere alla celebrazione della più pura e gioiosa arte vocale. L'orgoglio, il narcisismo, l'ego smisurato, ci portano a violentare le componenti fisiche che nessun sublime risultato possono darci, se non consentiamo la libertà, ovvero la liberazione. I più pensano che se non agiamo in modo prepotente sul fisico, e dunque sul suono, la voce non potrà assumere quei caratteri di potenza e grandezza che consentono poi di essere sentiti in un grande locale. E' totalmente, assolutamente falso! L'ampiezza della voce, non del suono, consentono le più grandi prestazioni, con ricadute nulle sul fisico. Come ci accorgiamo se stiamo davvero lavorando sulla voce e non sul suono? dalla coscienza che si sviluppa sull'uso del fiato. Praticamente è come "saltare" la concezione del suono (altro che "palla di suono!!!"), è come se il fiato diventasse immediatamente voce fuori di noi, senza alcunissima spinta e pressione, galleggiando, con la sola percezione della pronuncia perfetta. Il fiato si "condensa" in voce, si amplia, si intensifica fino al massimo delle possibilità, si rarefà fino all'estremo, mantenendo ricchezza e sonorità ampie senza alcuno scalino, senza alcuna difficoltà fisica, pura volontà. Come parlare (bene). Potremo poi dire in ultimo estremo paradosso, che ci liberiamo anche della voce, estromettendola.

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