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mercoledì, maggio 17, 2017

Legato articolato staccato

Il legato nel canto è un obiettivo talvolta di difficile raggiungimento a causa di equivoci psicologici difficili da rimuovere. Sono già molto difficili nel corso degli esercizi, figuriamoci nel canto, anche se talvolta una certa predisposizione espressiva può aiutare. Comunque il problema che si presenta il più delle volte è che si confonde il legare con lo spingere, lo schiacciare, il premere, soprattutto in avanti. Cioè, cosa già ridetta mille volte, si vuol materializzare o "cosificare" [cit. Celibidache] il suono, ignorando che esso è immateriale, quindi dobbiamo farlo, o meglio lasciarlo, scorrere senza opporgli ostacoli. Alla base del perfetto legato ci sta il perfetto articolato [anche questo lo scoprii molti anni fa ascoltando una prova del m° Celibidache]; cosa vuol dire? Che legare una frase non significa "spingere" un suono nel successivo, ma lanciare un "ponte" tra l'uno e l'altro, e questo ponte è sempre e solo un fluire aereo, inconsistente, tra due pronunce perfette, siano esse due vocali o due sillabe o altro. Esemplifichiamo con un vocalizzo di tre note (ascendenti più due discendenti, ad es. do-re-mi-re-do), ad esempio sulla I. Intanto c'è il grosso (a volte enorme e talvolta abnorme) problema dell'attacco. Come ho già scritto infinite volte, occorre comprendere che una vocale si differenzia sostanzialmente da una consonante per il fatto che non dovrebbe esistere un attacco "duro", ovvero generato dall'opposizione di due parti (labbra, lingua-palato, lingua-faringe, ecc.), quindi è indispensabile rendersi conto che l'attacco (della) vocale deve avvenire senza qualsivoglia colpo (ghigliottina del fiato), senza fretta e la pronuncia deve essere incontrovertibilmente esatta, cioè non deve "tendere" né alla E, né alla U, ecc. Quando si sarà raggiunto questo già non facile risultato (ma chi legge questo blog avrà trovato anche diversi suggerimenti su come disporsi correttamente in quella direzione), ci si troverà nella difficoltà di eseguire correttamente l'esercizio (anche se si crederà di far bene). Il problema, infatti, è che l'esecuzione della seconda nota produrrà quasi sicuramente un "appannamento" della I, che risulterà meno a fuoco, meno precisa, e produrrà anche una tensione muscolare soprattutto nella zona tra il mento e il collo. Accade ciò che ho descritto nel post precedente, cioè la vocale esterna si lega al suono interno (e al suo organo produttore, la laringe) creando una tensione verso l'esterno che possiamo definire spinta, schiacciamento, pressione indebita. Ciò non avviene, o più difficilmente, quando stacchiamo, ovvero quando eseguiamo i cinque suoni indipendentemente, articolandoli uno dopo l'altro con una piccola pausa, eventualmente anche respirando tra l'uno e l'altro. Cosa avviene in questo caso? che in genere cessando l'emissione, prima di riattaccare il successivo, si ha un attimo di rilassamento. Quel piccolo rilassamento già riesce a spezzare quel legame interno che porta a un sollevamento laringeo-diaframmatico. Ecco, allora, che se nel momento in cui lego, ogni qualvolta definisco l'attacco della prima vocale immediatamente rilasso prima di attaccare la seconda nota (anzi prima di cominciare a pensare di attaccare la seconda nota) ridicendo perfettamente la vocale, io mi metto nella stessa situazione dello staccato, dove tra una vocale e l'altra non ci sarà il silenzio ma un "ponte" d'aria sonora che devo alimentare e lasciar scorrere, priva di alcuna tensione. Appena riesco produrrò un video, che sicuramente è più chiaro di tutte le parole.
Il parlato e il sillabato hanno minori problemi, ed ecco il motivo per cui anticamente per un certo periodo propedeutico veniva svolto unicamente il solfeggio sillabato. Noi però preferiamo di gran lunga esercizi che si basino su frasi normali in modo da avere un riferimento (quindi una relazione) con il parlato comune, cui anche l'esecuzione intonata dovrà ispirarsi. Parlato e sillabato, comunque, hanno il vantaggio, rispetto al vocalizzo, di avere un attacco consonantico che aiuta, potremmo dire che fa da trampolino, e in questo caso per raggiungere un buon legato ecco che la consonante può rivestire un ruolo importante, specie se il salto è un intervallo ampio e ancor più se è un salto discendente, dove istintivamente si tende a tirare indietro o a lasciar cadere. In questo caso giova molto esercitarsi con il portamento. Potremmo dire che il flusso d'aria è assimilabile per molti versi a un portamento, sempre rimarcando che NON DEVE MAI dar luogo a spinte o pressioni. Queste sono le vere grandi difficoltà da superare, che devono impegnare seriamente lo studente, altro che "alzare, abbassare, tirare, mettere...". Semplicità, flusso, elasticità, rilassatezza.

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