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lunedì, dicembre 25, 2017

Del potere

Prendo spunto da alcune preziose riflessioni di Mauro Scardovelli, per elaborare pensieri relativi anche al canto. Già in passato mi sono occupato, ancorché di sfuggita, del rapporto tra canto e potere. Non v'è dubbio che la voce svolge un ruolo non secondario in che detiene o vuole assumere potere; non per nulla un modo di dire piuttosto diffuso (che divenne anche un'etichetta discografica importante) è "la voce del padrone". Timbro, possanza, accentazione sono alcuni dei più importanti requisiti di una voce "autorevole" (quando non addirittura autoritaria). In questo senso avevo già scritto in passato che secondo me le donne hanno modificato nel tempo il loro modo di parlare, passando cioè da un uso comune del falsetto al petto, proprio perché questa seconda voce, tipicamente maschile, è più propria della gestione del potere, e in un cammino di parificazione la donna non vuol essere seconda al maschio anche in questa caratteristica. Poi sappiamo che non è solo questione di potenza, forza e timbro, perché ci sono aspetti relativi alla psicologia, alla retorica, all'eloquio, che possono essere anche più efficaci. Tutto ciò ci può essere utile nel canto, perché attengono al carattere dei personaggi delle opere che andremo a impersonare. Se può essere vero che determinati ruoli richiederebbero voci di forte presa, è altrettanto vero che uno studio sapiente può superare determinati limiti e consentire a cantanti anche non particolarmente dotati di affrontare credibilmente anche ruoli di una certa drammaticità.
Però l'intento di questo scritto è ben altro. Partiamo però dal fatto che per molti cantanti, maschi in particolare, la propria voce può rappresentare uno strumento di potere, cioè non viene gestita quale mezzo artistico ed espressivo, ma come "ariete" per sfondare nel mondo dello spettacolo e imporsi. Purtroppo è molto comune, anche in ambito non operistico. Naturalmente, per quanto si possa trattare di voci importanti, anche a seguito di un discreto studio, qui ci troviamo in una situazione distante dall'arte. Utilizzare la voce quale mezzo di supremazia, pure in ambito artistico, è un potente ostacolo a una conquista di elevatezza espressiva, in quanto la spinta, l'esigenza, è di tipo narcisistico, egoico. Si può dire, con Scardovelli, che alla base c'è una "patologia", che si può riassumere in concetti quali violenza, contrapposizione, accesa competitività, desiderio di sopraffazione e di pubblicità, anche nel tentativo di immortalarsi. Come ho più volte scritto, l'arte non può combinarsi con il narcisismo e con forme di esaltazione dell'ego, in quanto è il limite più forte alla presa di coscienza.
Torniamo però al "potere". Bisogna considerare che non ha sempre e solo un valore negativo. Esiste un potere sano, e utile, indispensabile. Un esercizio di potere positivo riguarda l'organizzazione, l'ordine, la coerenza, il rispetto dei ruoli. Questo però non va visto solo in un'ottica esterna, ma anche, o soprattutto, in una visione interna, interiore. Mi è capitato spesso, con gli allievi, di dire, a fronte di un risultato mancato: "ma chi comanda?". La domanda può apparire singolare. Mi rendo conto, in questi casi, che c'è una resa, un timore nell'affrontare un determinato ostacolo, che richiederebbe (solo) più coraggio e determinazione. Allora "chi comanda?", cioè, in te, dentro di te, chi ha il potere? In questa domanda c'è anche una possibile risposta, perché se non fosse "io", a chi si riferirebbe, se non all'istinto? E' evidente che quando un risultato stenta ad arrivare, la forza dell'istinto è prevalente (oppure, e questo è anche molto frequente, l'ego*). Ma non c'è solo questo; cosa ci frena, cosa ci intimorisce? la forza della verità. Noi quando siamo sulla strada giusta, stiamo percorrendo un cammino virtuoso, di evoluzione e pure di guarigione. Questo ci spaventa, in quanto ci mette a nudo, ci pone di fronte a delle responsabilità (che poi è un concetto di coscienza). Allora, nel rapporto maestro-allievo, si potrebbe dire che il potere è in mano al maestro, che detta le regole, le condizioni, il percorso. Ma questo, in una scuola d'arte, è solo apparenza. Lo scopo dell'insegnante-artista, fin dalle prime lezioni, è e deve essere quello di stimolare il riconoscere il giusto, di capire come e cosa "non" si deve fare (e perché) e di sensibilizzare i sensi al bello, al giusto, al vero. Questo lavoro deve portare all'assunzione di un potere interiore! Sarebbe assurdo, illogico, incoerente e disonesto se il maestro volesse mantenere nel tempo un dominio sull'allievo. Questi deve diventare padrone, dunque maestro di sé. Questo è l'obiettivo supremo. Talvolta il legame psicologico con l'insegnante può diventare "ombelicale" e duraturo. In questo caso deve essere il maestro a dargli un taglio, perché viceversa non farebbe il suo bene.

*: in che senso e in che modo agisce l'ego quando non otteniamo un risultato valido? In senso opposto; cioè evidentemente la scuola che frequentiamo non accoglie, non seduce e non alimenta le nostre velleità narcisistiche; vorremmo impressionare con una voce stentorea e invece seguiamo una strada fatta di sfumature, di senso interiore e profondo, di significato, cioè non esteriore, come evidentemente l'ego vorrebbe. Qui si genera una battaglia, che però deve combattere il solo allievo; deve capire cosa vuole, e la risposta, qualunque sia, sarà dolorosa.

7 commenti:

  1. Ho letto questo post con grande soddisfazione ritrovandomi in ogni parola. Chiunque abbia esperienza ad esempio di canto corale - infatti la questione non è limitata all'opera lirica - sicuramente ha potuto verificare in prima persona come si instaurino anche tra coristi queste dinamiche narcisistiche di sopraffazione, di gara a chi canta più forte, in particolare - va detto- tra gli uomini. Il tutto ovviamente a detrimento della beltà del canto e dell'armonia dell'insieme (e dell'integrità delle povere corde vocali!).

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    1. Verissimo, il coro è vero campo di battaglia, ma non ti credere, è fortissimo anche nella zona femminile, solo che gli uomini lo rendono più grossolano ed evidente. Nei cori, specie quelli importanti, troviamo entrambe le modalità, cioè quelli che vogliono primeggiare e che si sentono i novelli Caruso, Siepi e Bastanini, ma ci sono anche i depressi e frustrati che non hanno fatto carriera (naturalmente perché secondo loro vanno avanti solo i raccomandati ecc, ecc.) che mostrano un narcisismo vittimistico e autodeprimente.

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  2. bellissimo e verissimo, caro Fabio, quello che hai scritto mi ha aperto una porta: la presa di coscienza, la verità (che ha una sua forza, una sua potenza, percepibile anche da chi la verità non la conosce, anche da chi non si intende di canto nè di musica) è lo strumento di controllo del percorso di apprendimento che se il maestro è onesto, deve diventare autoapprendimento... ti prego Fabio, pubblica altre analisi di voci, sto provando ad ascoltare e cercare di discernere dove la voce è completamente fuori e dove meno, ma vorrei avere conferma del grado di coscienza del mio orecchio

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    1. Ok, ma magari dammi (e datemi, lo dico a tutti coloro che leggono) qualche input, qualche nominativo o brano da analizzare. Ciao

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    2. https://www.youtube.com/watch?v=6M_G-SNTSCk Teresa Berganza che canta Tancredi. è interessante perchè è un soprano che ha fatto una carriera da mezzo, ha un'emissione secondo me ottima sulle i e a volte sulle a nel centro, ma i gravi mi sembrano un pò ingolati e gli acuti li prende abbassando, secondo me inopportunamente, leggermente la laringe, vorrei sapere se le mie osservazioni sono giuste, la dizione in questo brano però mi sembra molto buona

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    3. La Berganza, contrariamente a tanti soprani che hanno fatto una carriera o buona parte di essa come mezzosoprani, è realmente un mezzosoprano; ha la grana, il carattere. Aveva dei limiti, ma questo è un altro discorso. In Rossini ha fatto cose magiche; la sua Cenerentola credo sia insuperabile. Tancredi era già un personaggio un po' estremo per la sua personalità, però lo canta con gusto e senza cercare ciò che non ha. Sui gravi non calca, li tiene leggeri, e non sento "affondamenti" della laringe negli acuti. Con questo non voglio dire che abbia una emissione sempre perfetta. In questo video siamo a un livello più che buono, ma ci sono state esecuzioni (di cui forse avevo anche parlato nel blog in passato) addirittura pessime. Non era proprio costante. Quello che tu vedi e senti come ingolamento, è probabilmente un tentativo di rilassare la gola, il che se non è supportato da un fiato del tutto fluido e una dizione completamente staccata, porta la voce un po' indietro, però.... averne di Berganze!! Comunque quando avrò tempo cercherò di delineare un profilo più completo. Ciao

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  3. grazie Fabio, anch'io mi sono sentito e risentito questa esecuzione perchè secondo me è una lezione di canto (nonostante le imperfezioni). Il gusto e il fraseggio poi sono sempre di prim'ordine, come caratterizzazione dei personaggi però convince poco.

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