Ogni desiderio è un ordine? Sì, possiamo dire che ogni nostro desiderio, o pulsione, si concretizza in un ordine che noi "installiamo" nella nostra psiche per mettere in moto le nostre forze, energie, affinché tutto ciò che necessita per realizzare quel desiderio si organizzi e si avvii. ... Uhmmm; forse qualcuno avanzerà dei dubbi circa queste espressioni. Ciò che ho scritto non è falso, non è sbagliato, però c'è qualcosa d'altro che si mette in mezzo, tra il dire il fare... già, il famoso "mare". Ma che cos'è in realtà questo mare? E' ciò che ho scritto nel titolo: chi comanda? Questa è la domanda. Noi pensiamo di comandare noi stessi, di imporre la nostra volontà... ma sappiamo che molto spesso le cose non vanno come vorremmo. Cosa ci frena, cosa o chi ha una forza tale da portarci verso strade diverse? La risposta, certo non rosea, è che non c'è un solo soggetto a mettersi in mezzo. E il più delle volte nemmeno due o tre! Prima di tutto ci sono determinati istinti (e non sto parlando solo del canto). L'istinto è un'intelligenza, è quasi un soggetto, che si muove con un pensiero, per quanto semplice, rozzo, in buona parte automatico e semi cieco, ma con potenti interazioni e piccole riflessioni. Poi c'è il potentissimo EGO, che non è uguale in tutti i soggetti, e dipende da moltissimi fattori, a cominciare dall'ambiente in cui siamo cresciuti, quindi in primis dai nostri genitori (non mi riferisco al DNA). L'ego da un lato ci sprona, da un altro ci rende miopi e sordi. Poi ci sono i nostri desideri inconsci e ci sono gli stimoli e i freni che ci bombardano dall'esterno. In sostanza è come se il nostro corpo e la nostra anima fossero tirati o spinti in direzioni diverse con diverse forze. E' più che normale che questa situazione, di cui noi ci rendiamo poco o nulla conto, ci porti a dubitare di poter portare a termine un compito, per quanto ci si metta d'impegno, oppure ci porta a credere di farcela, perché manca la coscienza dell'operare, oppure ci mostra fatalmente che non ce la facciamo, e quindi a desistere. Rendiamoci conto che sono situazioni dove il nostro vero IO (da non confondere con l'ego) è poco presente (quante volte sentiamo dire: "sii te stesso"; cioè lascia emergere il tuo vero io...). Se non ci mettiamo nelle condizioni di far tacere le voci e gli impulsi di queste forze disorientanti, la nostra personalità rischia di rimanere sempre sopita e angariata da queste pressioni. Anche chi arriva ad avere dei successi, anche rilevanti, può comunque trovarsi in queste situazioni (poveri loro se a una certa età dovessero rendersi conto di aver esaltato l'ego e non l'io. E' purtroppo ciò che è capitato ad alcuni personaggi dello spettacolo che con sgomento dell'opinione pubblica, dopo una vita di successi, improvvisamente sono caduti in depressioni abissali e talvolta hanno deciso di morire). L'accesso all'arte è impedito dalla presenza di tendenze discordanti, però il percorso artistico, fatto con una volontà di raggiungere risultati esemplari, può risultare la "medicina" per guarire. Quanto abbiamo descritto nelle righe precedenti, possiamo definirla una POLIVERSALITA'. Cioè le nostre energie (che possiamo definire anche desideri, aspirazioni, sogni, interessi...) si spezzano in una miriade di rivoli, ognuno dei quali procede per vie diverse. La via dell'arte ci porta all'UNIVERSALITA', cioè all'unico verso, l'unica direzione, che deve essere di carattere EVOLUTIVO. Poi, come s'è detto, questi rivoli hanno energie e portate diverse, ma anche se ci mettiamo molta volontà (o peggio ancora, molta forza), non è detto (affatto) che riusciamo a convogliare la maggior parte di essa verso il nostro obiettivo, e spesso non ci rendiamo minimamente conto del perché. Talvolta è una cecità reale, non riusciamo a individuare ciò che ci fa deviare dalla strada che intenderemmo percorrere, talaltra è una cecità di opportunismo o di paura; cioè non vogliamo vedere ciò che sposta i nostri interessi e le nostre capacità, o non le vogliamo vedere, spostiamo lo sguardo. Oppure ci lasciamo portare, aderiamo e in un certo senso ci arrendiamo alle forze che ci portano, quindi noi perdiamo controllo e autorità, ma questo ci porta a una apparente felicità (involuzione). E' una situazione che può essere invidiabile, e per lo più si può definire: ignoranza. Non ignoranza nel senso più comune del termine, cioè verso il sapere, ma ignoranza umana. L'ignorante "colto", dove alberga in alto grado il narcisismo, è un personaggio che purtroppo fa danni, perché il suo modo di fare, quel certo grado, comunque, di competenza (solitamente innata, poco conquistata), lo pongono in vista e conquista pubblico. Il rilievo apparente che lo contraddistingue ne fa un personaggio da copertina. E sotto il vestito? Beh, magari non niente, questo sarebbe sminuente; in molti casi ci sono qualità non trascurabili, però il problema serio è che è o può essere un trascinatore, quindi il suo verbo può convincere molti. Ma la mancanza di un'autentica coscienza artistica non può che portare verso falsi e erronei obiettivi, verso soluzioni arbitrarie, campate in arie, che possono essere molto ambite da chi non ha particolari doti e voglia di impegnarsi a fondo. Quando Rodolfo Celletti imperversava su diverse riviste musicali e in radio, nel giro di pochissimo tempo sorse una pletora di presunti critici che si mise ad imitare spudoratamente il suo modo di scrivere e di apostrofare i cantanti nello stesso modo, sciorinando tutto il vocabolario vociologico del noto giornalista, senza sapere un'acca di canto (proprio come lui che non sapeva niente). Tra costoro, diciannovenne, c'ero pure io, che mi salvai in corner perché mi resi conto in tempo che non potevo scrivere di canto senza nulla sapere e decisi così di studiare. Ma ancor oggi su riviste (molto meno lette, credo) e soprattutto in radio (ma anch'essa meno ascoltata) abbiamo alla ribalta degli evidenti ignoranti, che dissertano di canto con una scioltezza e una prosopopea sconcertante... ma chi li ferma? I nostri input nascosti sono sempre pronti a riorientarsi verso le voci degli imbonitori, e questo perché siamo deboli. Quando chiedo: "chi comanda?" faccio riferimento proprio alla nostra fragilità, a quella forza esteriore, apparente, che vogliamo smerciare, ma dietro cui non c'è una solidità, e soprattutto un desiderio di riordinare, compattare le proprie forze, la propria coscienza uni-versalmente. Credo che il m° Antonietti, così come (con esponente ancora maggiore) il m° Celibidache, casi pressoché unici, abbiano saputo veramente orientare le energie in una direzione, e saputo e potuto conquistare un premio di raro prestigio: la libertà.
La libertà si conquista, oltre che con la giusta esperienza, la giusta educazione, il giusto cammino, anche con il giusto atteggiamento. Quando chiedo "chi comanda?" non intendo un imperativo fisico e impositivo, ma in un certo senso il contrario, cioè lasciar agire le forze giuste. Ma come possono agire le forze giuste e come evitare o impedire che quelle inconsce e non autenticamente nostre prendano il sopravvento? Prima di tutto:... volendolo! Ai bambini si dice: "l'erba voglio cresce solo nel giardino del Re"; beh, non è poi così giusto. Oppure sì, se decidiamo che il giardino del Re è dentro di noi (e quindi noi siamo il Re). Se noi non vogliamo, con forza spirituale, di volontà, psichica, raggiungere un determinato obiettivo (non stiamo parlando di possesso di cose materiali, sia ben chiaro, o malevoli), sarà ben difficile poterlo anche solo avvicinare. Anche desideri moderati o modesti sono poco utili. "Sarebbe bello",... "mi piacerebbe", "dovrei",... "potrei", "bisognerebbe", ecc. ecc. Affermare, usando indicativo e imperativo! "ho raggiunto", "devo", "posso", "è", "faccio"... Il m° Antonietti diceva: "ricorda che volere è potere". Fidarci prima di tutto di noi stessi, nelle nostre potenzialità e delle nostre possibilità. Se siamo forti, se sappiamo guidare con determinazione la nostra coscienza, noi proietteremo la nostra esigenza e troveremo il giusto maestro per affermare e perseguire i nostri desideri.
Perché le persone dopo una certa età diventano "sagge"? Si dice sempre per l'esperienza, e questo è senz'altro vero, ma il dato essenziale è che almeno una parte delle energie disperdenti o disorientanti si placano e si riducono, per cui i nostri interessi più veri e solidi tornano a emergere e possiamo concretizzarli e approfondirli con maggiore facilità. Questo è consolante, forse, ma è chiaro che le conquiste importanti, utili a tutti, sono auspicabili in età giovanile, perché possono contare sul tempo a disposizione. Il tempo in cui viviamo è paurosamente disorientante, proprio per i giovani in particolare e spesso a causa delle generazioni di mezzo; confido, questa è la mia unica, ma sincera, visione ottimistica, che ci siano nei giovani semi di altruismo, di voglia di una rinascita umanistica e artistica serena. Un po' in ritardo: buon Natale...non tanto quello tradizionale, cristiano, ma Natale di rinnovamento e di "ritrovamento" di tutti gli uomini di buona volontà nella musica e nelle arti.
Bellissimo post! Come ti dicevo sentivo dentro la spinta verso la ricerca di un canto diverso. Ora lo so verso l'arte. Il cammino è lungo ma oggi posso dire che sono stata coraggiosa.Ho lasciato quelle false certezze perché dal mio profondo sapevo che ho trovato il Maestro che mi saprà indicare la giusta via. Che dire GRAZIE!
RispondiEliminaLa lezione di canto mi arricchisce anche dentro e riscopro certi miei limiti che col tempo saprò superare. Non solo limiti vocali ma anche condizionamenti che dovrò abbandonare.
Scrivevo qualche post fa che la verità ha una sua forza intrinseca, per questo spesso Fabio ci ricordi che parole, ma addirittura le vocali, devono essere vere, la voce cambia quando dice cose in cui crede e immediatamente tutti, da distratti, prestano attenzione. Il Vangelo di Giovanni, l'ultimo, termina: "Questi è il discepolo che testimonia queste cose e noi (chi sarà questo noi? Quelli che credono) sappiamo che la sua testimonianza è vera". Io caro Fabio, appena ho letto un tuo post, ho "sentito" che stavi dicendo il vero, anche se non avevo capito niente e da allora mi sono letto e riletto tutti i post del tuo blog e non me ne perdo uno (bè adesso non voglio dire che ho trovato un nuovo Messia, non voglio essere blasfemo:). In fondo l'obiettivo è unico per tutti, perchè siamo fatti per questo: la ricerca della verità, del bene, dell'amore!!! e l'arte, nel mio caso la musica, è un mezzo per raggiungerlo. Io ho vissuto questo amore per la musica in maniera conflittuale perchè il mio ego mi spingeva a cercare l'applauso, l'approvazione, ma dentro di me, anche quando tutti mi facevano i complimenti, non mi sono mai accontentato.
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