Orientare il flusso è un imperativo fondamentale per ciascuna persona. Questo precetto si può applicare a numerose situazioni, dalle più ordinarie alle più complesse e impegnative. Parliamo per un momento a chiunque si occupi di musica, in senso lato. La musica si presenta come una sequenza di suoni, che ci possono apparire ordinati o disordinati, a seconda di come percepiamo, dell'attenzione che poniamo e di come ci viene proposta. Essa si presenta comunque come un flusso; in alcuni casi il flusso non è continuativo, o non lo percepiamo con continuità, perché non è scritto bene, o perché non è eseguito bene, o perché non siamo "sintonizzati". Ma questo ancora non basta. L'insieme degli eventi, talvolta contemporanei, talvolta succedanei o più spesso sia contemporanei che succedanei, non sono orientati, o non sono orientati nella stessa direzione. Questa può essere la causa, o una causa, del perché a un certo punto noi non percepiamo più l'insieme come un flusso continuativo. Questa sarebbe una causa esterna. Ma ci può essere, anzi c'è molto spesso, una causa interna, sia in chi ascolta che in chi esegue (e persino in chi compone). Anche noi non siamo orientati, o per meglio dire l'orientamento del nostro flusso non è univoco e non è unidirezionale. La nostra personalità verso cosa mira? Abbiamo uno scopo prioritario verso cui tendiamo? E quali e quanti scopi "secondari" abbiamo? (metto secondari tra parentesi in quanto può essere un'opinione che determinati scopi siano secondari, lo crediamo coscientemente, ma in realtà alcuni scopi possono, interiormente, assumere un carattere prioritario). Allora nel momento in cui esercitiamo una determinata attività, noi la facciamo, magari con interesse, con passione e impegno, ma non ci rendiamo conto, per lo meno del tutto, che qualcosa ci devia, ci sposta dalla traiettoria, cioè un interesse, una pulsione che non vogliamo riconoscere, o che non riconosciamo e basta, che noi non valutiamo come prioritario, ma sotto sotto lo è. Persino durante una lezione con un insegnante si può essere diversamente orientati. Pensiamo alla scuola, quella "normale". Gli insegnanti si lamentano continuamente, e comprensibilmente, del fatto che gli alunni sono distratti, non prestano attenzione. Figuriamoci! Proprio fanciulli o ragazzini o anche giovanotti, quanto potranno essere indirizzati a prestare attenzione e orientarsi verso gli argomenti scolastici. Eppure accade, anzi accade più con i bambini che non con i ragazzi che non con gli studenti più grandi. Questo perché tali pulsioni sono ancora molto mobili, molto elastiche, sono in una fase di ricerca, non sono ancora fissate e rigide, anche perché mancano ancora alcuni fondamentali bisogni umani, l'amore, la stabilità economica e famigliare, i rapporti sociali. Man mano che questi appaiono ecco che i problemi aumentano. Bisogna però dire che se pur questa situazione appartiene un po' a tutte le epoche, sicuramente è molto aumentata negli ultimi decenni, perché la società si è incamminata in questa "non direzione". Un tempo la famiglia esercitava una pressione forte sui figli affinché intraprendessero una determinata strada. Questo spesso non era giusto, perché castrava le aspirazioni, però alcune volte era svolto in buona fede, nella indicazione di qualcosa di più "sicuro", stabile, favorevole. Persino nelle scelte matrimoniali!! Oggi questo sta venendo meno (anche perché le possibilità sono oggettivamente diminuite), però è tutto l'ambiente di vita a offrire un campo sterminato di stimoli, e sovente la famiglia (anche influenzata da studi scientifici) non solo non esercita più pressioni in un senso, ma è essa stessa a offrire numerosi campi di interesse: musica, arte, sport artistici o normali, prosecuzioni di studi in determinati campi...Come si può pensare che una persona possa inserirsi in un unico flusso, univocamente orientato...? Quando questo accade, solitamente inconsapevolmente, perché c'è una forza interiore travolgente, nascono i geni. Tutti pensano all'intelligenza, al dna... ma la realtà è che basterebbe attivare e incanalare l'energia in una sola direzione per ottenere risultati strepitosi. Dove sta la difficoltà? Non nel pervenire a questa sola direzione, ma nel riorientare, ovvero inibire le altre forze, nascoste o occultate. Per poterlo fare il primo grosso ostacolo è costituito dal riconoscerle! Perché è difficile? perché in alcuni casi facciamo fatica a individuarle, molto spesso perché NON VOGLIAMO individuarle. Ci piacciono ma non ci piace riconoscere che ci piacciono. Talvolta ce ne vergogniamo. Costituiscono in alcuni casi, vere e proprie patologie psicologiche, tormenti, disturbi che non ci lasciano in pace. Se stiamo apprendendo una materia che ci piace veramente, dobbiamo avere la forza e il coraggio di conoscerci, di esaminarci, di vivere senza inibizioni o frustrazioni o altri ostacoli psicologici, questi interessi, queste pressioni, e già il solo fatto di averle viste, riconosciute serenamente, ci darà la possibilità di indirizzare l'energia dispersa in quella direzione verso obiettivi che ci interessano maggiormente. Ad esempio per molti musicisti il fatto di avere una forte dedizione allo studio di uno strumento, o della voce, o composizione o direzione, è indirizzata quasi univocamente all'obiettivo di avere successo, di apparire, di diventare famosi, di guadagnare molti soldi e avere un forte rilievo sociale. Se è così, la strada dell'arte sarà fortemente inibita, pressoché preclusa. Con questo non si vuol dire che l'artista non deve avere, o non avrà, successo o non avrà rilievo sociale. Per niente, potremmo anche dire il contrario, però orientarsi al successo pone una barriera. L'orientamento deve essere all'arte, alla diffusione, all'evoluzione e quindi non all'elevazione di sé stessi, ma a un compito di condivisione e aiuto all'umanità. Si deve perseguire quell'obiettivo del tutto indipendentemente dal proprio successo, dal diventar famosi, ricchi. Deve essere un compito etico, altruistico, volontaristico. Inibire invidie e gelosie, inibire i giudizi, godere anche dei successi altrui e non godere dell'altrui fallimento. Tutto questo deve essere vissuto con serenità e presa di coscienza, senza forzature e autoimposizioni. La disciplina è necessaria, ma richiede tempo per essere assimilata e percorsa con sincerità.
Ciò detto, dobbiamo ancora dire che un flusso fondamentale per il cantante è quello respiratorio-vocale. Anch'esso va inteso come un movimento scorrevole di energia. Fondamentalmente basterebbe concentrarsi su questo principio per averne già un grande aiuto. Purtroppo la nostra mente che tende a complicare, quando poi non ci si mettono pure le scuole di canto e le letture, noi siamo disturbati da numerosi comandi interni non volontari (ma anche sì) che ci deviano da quell'indirizzo. Se siamo indotti a pensare che la voce si alza, si abbassa, indietreggia o avanza, già il flusso principale è ridotto a poco. Se poi ci mettiamo di mezzo movimenti muscolari, ossei, cartilaginei interni ed esterni, vi renderete conto di quanto l'obiettivo possa allontanarsi. Concentriamoci pertanto sulla semplice presa di coscienza che il canto, vero, grande, genuino ed eterno, è solo e unicamente un flusso di energia che accompagna dolcemente il nostro fiato, disciplinato (o in fase disciplinante) a quello scopo. E studiamoci: cos'è che vogliamo?
la mia insegnante soleva dirmi: non fermare il fiato, se vai in bicicletta e ti fermi, cadi, così la voce; mi sembra un'immagine calzante, anche se la velocità del fiato dovrebbe essere minima rispetto all'andare in bicicletta.
RispondiEliminaL'immagine è molto eloquente, mi piace. Quanto alla velocità... beh, senza esagerare, ma direi che è bene considerare una certa rapidità, perché purtroppo la tendenza è decisamente quella di rallentare, se non frenare!
Eliminahttps://www.youtube.com/watch?v=wSHnxlf2DPs John McCormack che canta "Il mio tesoro", una lezione di flusso completamente libero
RispondiEliminaUno dei grandi classici del fonografo... Pronuncia cristallina, voce soavissima... Come mi beo a sentir... beare... quelle magnifiche A... "...cercAAAAAAAAte..." un grande.
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