Dopo poco tempo da cui seguivo il m° Antonietti, mi resi conto che quella scuola richiedeva una grande concentrazione; nelle altre scuole che conoscevo, c'era una esagerata attenzione ai dettagli fisici (pensare al tipo di respirazione - spingi in giù, butta fuori la pancia, appoggia sulle reni.... - pensare a dove mettere il suono, tra gli occhi, dietro il palato, ecc. ecc.), mentre qui l'attenzione doveva essere rivolta all'esterno, a COME era la voce, quindi attenzione a ciò che risultava a chi ascoltava, quindi diventare uditori e spettatori. A me questa concentrazione non costava molto, anche se mi rendevo conto che era un impegno non indifferente. Mentre ci sono persone che riescono a concentrarsi su tutto ciò verso cui rivolgono studio e attenzione (più o meno), io ho sempre avuto un'applicazione selettiva, quindi posso concentrarmi molto sulle cose che mi interessano realmente, come è stata l'architettura e la musica in genere, ma soprattutto il canto (anche se è arrivato solo intorno ai 19 anni, buon ultimo!), ma con difficoltà anche notevoli verso ciò che non riesce a stimolarmi, anche se magari vorrei. Come ho già detto a sazietà, la volontà spesso non coincide con ciò che ci proviene dal nostro spirito, che decide per noi ciò verso cui siamo proiettati. Non escludo che si possa allargare la platea degli interessi, ma occorre una eccitazione forte, dettata da qualche persona o qualche lettura fortemente stimolante.
Riflettendo sulla concentrazione, ho individuato forse un punto debole della mia azione docente. Se ho un bagaglio di esperienze e di conoscenze relative al canto di vaste dimensioni e lo metto in pratica con tutti gli allievi, forse non mi preoccupo a sufficienza di farli entrare nella giusta concentrazione. Mi rendo conto, dopo un certo tempo dall'inizio della lezione, che la loro mente lavora e si stanca, mentre io procedo, pur rendendomi conto dell'impegno, implacabilmente, ma forse a quel punto la didattica non è più efficace. Allora un primo punto è che dovrei alleggerire, anche in base alla capacità di concentrazione dei singoli. Un secondo punto potrebbe essere di riuscire a indurre un livello di concentrazione più elevato e stabile. Sono dell'avviso che comunque, per chi fa una scelta artistica, la capacità di tenuta nel tempo può e deve aumentare. A qualcuno costerà di più, ma è un prezzo necessario.
Rileggendo il libro: "Lo zen e il tiro dell'arco" di Eugen Herrigel ho trovato un paragrafo particolarmente interessante (tutto il libro lo è, e le analogie con questa scuole sono infinite, ma su questo punto non avevo ancora riflettuto molto); l'autore descrive cosa fanno alcuni maestri zen all'inizio di una lezione. Ad esempio il maestro di composizione floreale arriva, prende il mazzo di fiori, slega il nastro che lo avvolge, ripone meticolosamente il nastro, sceglie i fiori per la composizione, ecc. Il maestro di disegno a china, arriva, tritura le sostanze per il colore, prepara la carta, ecc. Il tutto nell'apparente totale indifferenza verso la classe. E', insomma, un rito iniziale, una cerimonia, che non serve al maestro, che è già del tutto concentrato prima ancora di iniziare, ma per creare quell'attenzione e quel "clima" di coinvolgimento massimo. Gli allievi non fanno niente, osservano, ma allo stesso tempo si immedesimano e si calano nella situazione. Il silenzio, il fatto di non essere in quel momento in gioco, quindi in uno stato di rilassatezza, richiamati dalle operazioni meticolose compiute dal maestro, creano una condizione di innesco della concentrazione e della voglia profonda, non solo superficiale, di entrare nel flusso operativo.
Qual è, poi, il culmine di una reale concentrazione e presenza spirituale? L'unificazione tra spirito e corpo fisico. Quando è il nostro spirito ad operare in noi, quindi noi viviamo pressoché passivamente il gesto artistico, dominato e controllato dal nostro spirito per mezzo della mente (e del cuore), diventiamo tutt'uno, quindi veri artisti che non hanno più bisogno della tecnica, che è da considerare una "scala" che ci permette di salire all'olimpo del sublime. Sublime proprio inteso come assenza di materia: sottigliezza, vaporosità, nuvolosità, inconsistenza, sofficità, evanescenza, morbidità, impalpabilità e quindi spiritualità. Se non si comprende il legame: cantare come parlare, abbassate ancora il livello: mormorate!!
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