Cambiare maestro. Può succedere nella vita di dover cambiare insegnante, per varie ragioni. A volte può essere una necessità dolorosa, ma in molti casi è una scelta dettata da una perdita di fiducia e dalla constatazione che non stiamo migliorando, o addirittura peggioriamo. Non che questo debba per forza essere una colpa dell'insegnante, e non è proprio detto che la cosa sia vera, però l'allievo matura questa convinzione e quindi più o meno rapidamente si decide a cambiare. Questo dipende molto dalle aspettative. E' abbastanza frequente che un aspirante cantante vada da un insegnante pensando che in quattro e quattr'otto riuscirà ad avere una preparazione sufficiente a presentarsi a audizioni e concorsi, e questo non va bene. Valutare un insegnante dalla rapidità con cui prepara gli allievi non è un buon criterio. In ogni modo è impossibile qui prendere in esame tutte le motivazioni alla base di un abbandono di un insegnante; fatto sta che questo avviene molto sovente. Ora vediamo un po' cosa succede successivamente, considerando la conseguenza più frequente, cioè il ricorso a un nuovo insegnante. Come è stato scelto? A volte su consiglio di qualche amico o su suggerimento di qualche cantante, magari seguendo una masterclass; in altri casi leggendo informazioni su qualche giornale o sito internet. Diciamo che l'allievo cercherà qualche caratteristica in direzione diversa dal precedente insegnante e che lo avvicini a un suo ideale. A volte si lascia un insegnante perché di sesso diverso (un maschio studia con una donna, ma non si fida e cerca un altro maschio, o viceversa), oppure di classe (un tenore cerca un tenore, un soprano un soprano, ecc.). Già più raffinata può essere una scelta stilistica, cioè un allievo a cui piace un certo repertorio cerca un insegnante che abbia avuto esperienza in quel repertorio (il cantante belcantista, o liederista, o verista, ecc.). Però posso dire per esperienza che i movimenti più frequenti riguardano le capacità di impostazione della voce, cioè si lascia il maestro perché non è stato sufficientemente bravo da togliere i difetti e fornire l'allievo di voce libera, estesa, sonora. Qui si entra in un mondo soggettivo davvero pericoloso, perché in nome di un metodo che promette risultati altisonanti (canterai come... tizio o caio!), si possono commettere autentici crimini vocali. E questo sarà sempre così, ci limitiamo a constatarlo. Parliamo del cambiamento.
Accedere a una determinata scuola di canto che illustra con dovizia di esempi e particolari una propria poetica può far sorgere dubbi o interessi. La presentazione da parte dell'insegnante della propria scuola è un momento fondamentale, perché è il momento in cui si può creare un'attesa importante o uno scetticismo. Fatto sta che ci può essere una sorta di continuità con quanto esperito precedentemente, quindi si sta in un limbo, si "prova" la nuova esperienza, oppure si cambia realmente, quindi si compie una rivoluzione. Se un nuovo insegnante ci presenta la sua scuola come qualcosa di realmente diverso dalla media, illustrandoci criteri e allargandoci una panoramica esemplificativa di ciò che intende, ma soprattutto esemplificando egli stesso con la sua voce la possibilità di accedere a una elevata qualità del canto, nell'arco di un breve tempo si deciderà se quello è davvero il nostro insegnante o meno. Ma anche nel primo caso i problemi non si esauriscono con un attestato di stima e fiducia. Agli esiti positivi dei primi mesi e magari anni, non è detto che seguano risultati del tutto convincenti, anzi talvolta possono apparire segni in controtendenza. Si può essere bravi allievi, ma non essere pronti per il balzo finale. Il problema possiamo chiamarlo rivoluzione interna.
Nella vita si può seguire una linea moderata o compiere dei balzi (morti e rinascite). Il momento del balzo può dipendere da tante cose, ma è l'anelito, la forza interiore a compierlo, che conta davvero. Come ha detto un mio maestro: "quando l'allievo è pronto, il maestro arriva". Vero, ma non basta. Pronto può voler dire che ha sognato talmente tanto di trovare la persona in grado di portarlo verso quel traguardo sperato, da materializzarlo! Ma trovare il maestro non significa affatto: fine dei problemi. Bisogna essere all'altezza della situazione. Il maestro non può fare la parte dell'allievo. E' sempre un compito a quattro mani. Il maestro ci dà tutto ciò di cui è in possesso, non può e non deve tenere niente per sé. Nessun segreto. Ma l'allievo deve saper rendersi conto dell'alto impegno a cui è chiamato, se vuol essere all'altezza di quella scuola.
Una frase ricorrente, diciamo una giustificazione, quando il nuovo insegnante insiste nel richiedere l'esecuzione di un determinato esercizio o di una aria in un certo modo, è "mi hanno rovinato/a i maestri precedenti". Non è questa la verità, anche se può essere verosimile, La verità è: "sei sempre ancorata/o ai precedenti insegnanti, non hai compiuto nessuna rivoluzione". Compiere una rivoluzione vuol dire abbandonare totalmente uno stile di vita, modalità, usi, meccanismi e psicologie, diciamo con un termine un tempo di moda: un "abito" mentale. Se cambio stile, e ho compiuto una rivoluzione interiore, non avrò alcuna nostalgia e non avvertirò alcuna tentazione di proseguire con quanto facevo prima, ma anzi sarò proprio portato a indirizzarmi verso il nuovo, il diverso. La mancanza di questa rivoluzione è sinonimo di non accettazione reale, sincera, autentica. Non è un fatto del tutto cosciente; ci avviciniamo a una nuova scuola perché ci piace il suo diversificarsi dal "vecchio", ma il nostro cuore tutto sommato sta ancora là, mentre il nuovo ci pare 'troppo' nuovo, troppo diverso, quindi, appunto troppo rivoluzionario, mentre noi siamo moderati... "pian, né, Giuanin". Una scuola d'arte dove avrà il suo punto massimo, cioè quando richiederà il massimo della nostra concentrazione? Eh, proprio in vista del traguardo, come tutti i punti massimi. Come dice il maestro nel libro "lo zen e il tiro con l'arco": la metà è al 90% !! Qui ci vuole la presa di coscienza, e la forza spirituale. Ci sentiamo in difficoltà, pensavamo di essere in vista del traguardo e invece improvvisamente esso si allontana; subentra un certo scoramento, si può anche pensare di abbandonare, e magari anche di tornare da un precedente insegnante. Quindi, in ultima analisi, non lo si è veramente mai lasciato.
Mi è capitato di fare un ragionamento simile con l'alimentazione. Tanto per esemplificare. Ci sono "mode" che non portano le persone a fare vere rivoluzioni. Se sento la necessità di cambiare alimentazione, per vari motivi, e quindi di rinunciare a determinati cibi, non cerco i surrogati. Se cerco la carne o il formaggio vegetale, non sono uscito dalle vecchie abitudini, quindi sto commettendo uno sbaglio, perché carne e formaggio vegetale non mi piaceranno, quindi faccio una scelta al ribasso dal punto di vista del gusto, e non seguo convintamente un nuovo percorso. Rivoluzionare vuol dire che trovo le ragioni in me per fare un cambio epocale che non mi costerà in termini di soddisfazione, perché so perché lo faccio e tali ragioni compenseranno totalmente le rinunce, che non avvertirò come rinunce, cioè come qualcosa che mi manca, ma come qualcosa che evito perché poteva soddisfare un piacere superficiale ma so che contribuiva a crearmi problemi di salute, quindi... via! Anche nel canto o in qualunque altra materia, se si abbraccia una disciplina anche severa ma che so, nel profondo, che mi porta a un altro livello conoscitivo, devo abbandonare davvero tutto ciò che mi porto dietro, perché so che è zavorra, per abbracciare un nuovo pensiero, che invece sarà salutare e mi porterà a una meta nella quale io credo fermamente.
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