La frase "andare oltre", come tante, è decisamente abusata, e le persone che la usano non si rendono conto del suo significato fondamentale, che si basa su un assunto altrettanto erroneo, e cioè che non c'è mai una fine, che c'è sempre da imparare, per cui anche i migliori potrebbero, secondo questo concetto, andare oltre. Ma è proprio nel momento in cui si prende coscienza di essere andati oltre che si raggiunge quel "non oltre" che è la conclusione di un percorso. In un'arte composita come il canto, che è la somma di un'arte vocale, un'arte musicale e un'arte scenica, sarà pressoché impossibile durante una vita poter andare oltre in ciascuna di esse, ma dovrebbe essere fondamentale conquistare quella vocale e avvicinarsi molto nelle altre due. Questo per un motivo importante: mentre l'arte scenica e musicale si possono apprendere nel tempo senza creare inconvenienti che possano mettere a repentaglio la durata stessa del cantante, quella vocale sì.
Cosa significa dunque "andare oltre" nello specifico dell'arte vocale? Significa superare i problemi posti dall'istinto e dell'ego. Più concretamente cosa significa ciò? L'istinto si ribella al tentativo di dominio, cioè al tentativo di modificare la respirazione fisiologica in artistica, cioè trasformarla da respirazione istintiva per lo scambio gassoso a respirazione cosciente idonea ad alimentare suoni in perfezione, diciamo "archetto" delle corde vocali.
L'istinto non si può combattere e non lo si può vincere, perché ne andrebbe della nostra vita, pertanto le uniche strade sono: 1) sfruttare la sua tolleranza, raggiungendo il massimo della sua permissività (e quindi non raggiungendo mai la perfezione), 2) creare un nuovo senso (senso fonico), quindi facendo accettare dall'istinto una nostra esigenza spirituale, sfruttando le potenzialità evolutive dell'istinto stesso. L'ego è una caratteristica legata alla sete di potere, di dominio, di possesso, di celebrità, di apparenza. Può anche essere denominato narcisismo.
L'ego è un nemico temibilissimo, forse più ancora dell'istinto (che di fatto non va considerato un nemico, è anzi amico, ma non può comprendere le nostre esigenze spirituali, essendo legato alla nostra natura animale). Esso è difficile da riconoscere e da combattere; è legato alla nostra sfera psicologica, alla nostra identità, alla nostra personalità e al nostro ruolo sociale, ovvero a come noi ci rispecchiamo nella società, il più delle volte modificando la nostra natura, assumendo maschere e atteggiamenti impropri e artificiali per mostrarci non come siamo veramente ma come pensiamo che gli altri debbano vederci. Spesso ci vergogniamo di rivelare la nostra personalità autentica, pensando che sia misera, poco interessante, e preferiamo assumere atteggiamenti e abiti scopiazzati da persone in vista, popolari, celebri, a cui vorremmo assomigliare. Ma quando non è così, le possibilità sono due: 1) volere diventare noi stessi dei modelli, assumendo pose arroganti, mostrandoci sempre preparati e sicuri di noi, anche quando siamo completamente ignoranti in merito, inventando e "dandola a bere" con fumoserie e ostentando sicurezza; 2) riconoscendo, erroneamente, le nostre debolezze e carenze, e entrando nella disistima e quindi nella potenziale o manifesta depressione. L'ego va dunque considerato un vero male da estirpare, però è un male anche fortemente legato alla società in cui viviamo, che ci porta alle conseguenze di cui sopra se non impariamo a vivere con semplicità e a difenderci dal bombardamento mediatico che ci assale fin da bambini. L'ego è una forte barriera verso la conquista dell'arte perché ci offusca la percezione della coscienza. Coscienza vuol dire rendersi conto di chi siamo veramente, e non di chi vorremmo essere.
Per "andare oltre" noi abbiamo bisogno prima di tutto di semplicità assoluta. Ridurre ogni gesto all'essenziale, al necessario. Quando noi parliamo spontaneamente, lo facciamo con semplicità. Quando vorremmo cantare lirica, subito indossiamo un altro abito, mentale e fisico, per cui non restiamo più noi stessi, con quella stessa semplicità e naturalezza spontanei, ma siamo indotti ad assumere atteggiamenti e comportamenti esaltati, complessi, forzati. Non siamo portati a cantare come parliamo, ma a "gonfiare", a spingere, a modificare timbricamente e dinamicamente la nostra voce, per connotarla verso chi ci ascolta con potenza, vigore, colore, estensione, cioè per impressionare. Vogliamo prenderci una rivincita, vogliamo "far vedere" chi siamo... (chi vorremmo essere).
Andare oltre significa non avere dubbi. La società odierna, spinta mediaticamente dalle caste economiche dominanti, ci induce ad avere dubbi su tutto, a vivere quindi in una sorta di paura e quindi ad assumere comportamenti preventivi che non solo sono spesso inutili, ma anzi dannosi, mentre siamo portati a uno stile di vita autodistruttivo, che però è legato alla "ruota" che sostiene proprio la casta dominante. Su questo c'è poco da fare, e non è mio compito parlare di ciò. Riferendomi però al canto, il discorso può essere svolto. Se da qualche decennio la stragrande maggioranza degli insegnanti, corroborati da pubblicazioni anche di insigni medici, ci dice che la vocalità operistica passa attraverso vocalizzi, ricerca della maschera, magari da raggiungere mediante esercizi a bocca chiusa, respirazioni addominali da esercitare con i libri sulla pancia, spingendo sul diaframma per appoggiare meglio, alzando il velopendulo, allargando la gola, abbassando la laringe e via di questo passo, è fatale che quando qualcuno vi dirà che invece la conquista passa attraverso la pronuncia, la voce fuori, semplificando, togliendo, lasciando andare, evitando ogni volontario movimento interno... è più che logico che vengano altro che dubbi! Ma... si può fare il salto? Cioè si possono eliminare i dubbi? Si può dire: "prova e vedrai", ma... per quanto tempo? La fretta, la necessità di verificare se un modo di affrontare il canto completamente diverso da quello standard funziona davvero o si resterà con una vocetta piccola e poco interessante, non toglieranno realmente i dubbi. E non è corretto "convincersi", oltre che controproducente. Bisogna entrare in una dimensione di svuotamento mentale. Il dubbio è una manifestazione dell'ego. Occorre non aspettarsi nulla, non avere aspettative. Seguire la disciplina seguendo le direttive fondamentali: semplificare, togliere, assottigliare, pronunciare senza mettere forza, potenza, spinta, senza cercare spazio interno, premere, tirare, alzare, abbassare. Accontentarsi, mormorare, lasciar andare senza cercare di dominare volontariamente. ASCOLTARE.
Essere andati oltre, quindi, significa rendersi conto, aver assunto coscienza, tramite il proprio udito, che la nostra voce non ha più bisogno di niente. Non significa saper cantare perfettamente, significa "solo" che ora abbiamo a disposizione uno strumento perfetto, uno Stradivari. Poi è chiaro che dobbiamo imparare a suonarlo, cioè la tecnica e i criteri musicali, nonché quelli espressivi e recitativi. L'oltre è aprire la bocca e sapere, essere consci, che la voce uscirà facile, sonora, espressiva e pieghevole alle esigenze testuali. Siamo animali, e siamo succubi dell'ambiente in cui viviamo e delle debolezze fisiche, per cui la perfezione può avere momenti di debolezza (è una condizione che richiede comunque un'energia non comune), ma che non può suscitare dubbi. Molti affermano che chi non ha dubbi vive in una realtà finta e con "la verità in tasca". E anche questo è un messaggio sociale volto proprio a combattere l'autostima e la ricerca vera di sé. Con ciò non si vuole passare il messaggio che non si debbano mai avere dubbi e che la verità sia raggiungibile facilmente e in tempi brevi. La questione è che si deve sapere quando non sa, avere coscienza della propria ignoranza e delle proprie carenze, e solo quando si sarà consci di aver fatto il salto, di essere passati attraverso il muro avendo abbandonato il proprio fisico e le proprie abitudini dall'altra parte, si sarà conquistato l'oltre, senza dubbi e senza paure. In fondo la paura è un mezzo dell'istinto e anche dell'ego per fermarci e farci dubitare di ciò che stiamo facendo. Provare paura per qualcosa che non conosciamo è legittimo e naturale, ma è una forza che limita la nostra conoscenza. Vogliamo o non vogliamo sapere come si sta "in paradiso"? Preferiamo lottare per sempre con gli ostacoli fisici, che in fondo noi stessi creiamo, o vogliamo scrollarceli di dosso? E' un atteggiamento mentale: togliamo tutte le forze che siamo abituati e tentati di imprimere, e godiamoci il poco o niente che il nostro spirito, che a questo punto potrà utilizzare i nostri apparati liberi, saprà valorizzare al massimo, come nessuna mente arrogante, superba, presuntuosa può e potrà mai raggiungere.
Grazie a te ho intravisto il paradiso. Ma dovrò ancora lavorare sul mio ego... Me ne liberero' prima o poi.
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