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lunedì, ottobre 17, 2022

Non imparare-insegnare

 La civiltà scientifico-razionale dell'Occidente, ha portato questa società a ritenere che tutto provenga dall'esterno, tanto il sapere quanto le malattie, fino alla stessa Verità. Se questo può già definirsi erroneo nel campo della cultura in senso lato, diventa un grave sbaglio se applicato a una qualunque arte. L'illusione di tanti è quella di recarsi da un insegnante e pensare che imparerà, nel nostro campo, a cantare. Non è e non può essere così. Altrettanto erroneo è il pensiero di quell'insegnante che si illude di insegnare, per lo meno nel senso tradizionale del termine. La Conoscenza è già in noi, però è quasi sempre bloccata, in parte dalla nostra natura animale, in parte dalle nostre illusioni, dal nostro ego, dalla nostra volontà coercitiva. Lo stesso insegnante è coercitivo, persino violento nel tentativo di indurre insegnamenti nella mente e nel cuore degli allievi. Noi dobbiamo considerare che ciò che può funzionare è il risvegliare, se non addirittura, che è la formula migliore, il rinascere. Il maestro non insegna, ma esemplifica, induce pensieri, riflessioni, può motivare e arrivare a provocare, allo scopo di attivare quel fuoco interiore, unica chiave che possa palesare quel sapere che alberga in ciascuno di noi. Molti animali per poter nascere devono distruggere quel mondo in cui si sono formati, le uova. Per noi l'uovo è il mondo che ci circonda e ci tiene ingabbiati in un reticolo di dogmi, di informazioni fasulle o superflue, impedendoci di fatto di liberarci (ecco la parola fondamentale ed essenziale). Nessuno può realmente "imparare" se non raggiunge sé stesso, se non si libera dalla schiavitù delle convenzioni e dal bombardamento cui siamo sottoposti continuativamente e che ci portano a pensare come alcuni vogliono che pensiamo. Ma non è una questione di complotti, è la nostra condizione, soprattutto occidentale, che innesca questo meccanismo perverso. Noi abbiamo la possibilità di liberarci, però il nostro guscio è durissimo, e dentro quel guscio noi ci stiamo bene, ci sentiamo al sicuro e al calduccio, mentre romperlo ci fa paura, non sappiamo cosa può esserci fuori e a quali pericoli, responsabilità e a quali fatiche può portarci. Anche nel canto, quando ci si avvicina alla libertà, avvertiamo paura, pericoli, allontanamento dalla sicurezza e dal controllo, per cui è più facile tirarsi indietro; anche se il maestro ci fa sentire come appare la voce libera, non siamo sicuri di poterci arrivare anche noi, ed ecco che il credere in sé stessi diventa il passe-partout fondamentale per aprire quella porta che ci mostra il vero universo verso cui siamo ciechi. Noi vediamo sempre un piccolo mondo, che non ci crea fobie da spazi immensi. Ma quello spazio possiamo essere noi, non è fuori di noi. In ogni modo sappiamo bene che ciascuno è arbitro del proprio destino, quindi si tratta sempre di scelte, il più delle volte dolorose e che ci prospettano decisioni più grandi di quelle che ci aspettiamo. Un conto è essere molto giovani, un po' o molto irresponsabili, percepire il futuro e l'anelito della libertà che può scaturire da un lungo tempo di elaborazione. Un conto è il non esserlo più e quindi rinunciare a mettere in gioco le sicurezze acquisite. E' comprensibile ma bisogna fare una ulteriore riflessione. Il tempo è una condizione; noi siamo perennemente legati a una percezione fisica di esso, fissiamo appuntamenti, assistiamo a giorno, sera e notte, primavera estate autunno e inverno, contiamo gli anni e così via. Questa è la dimensione materiale, fisico-meccanica dell'esistenza. Ma chi ha avuto la fortuna-sfortuna di avere una propensione artistica, deve considerare l'eternità. Il tempo nell'arte non ha confini e noi possiamo immergerci in essa annullando i nostri fastidi, il nostro passato e le preoccupazioni del futuro. Noi siamo "ora e sempre". Ma non è questione di volerlo o di saperlo. Si tratta di raggiungerlo mediante una discesa profonda in noi. E' riflessione, è meditazione, è annullamento. Non è difficile, non è complicato, ma è impegnativo per l'uomo-animale. Dobbiamo guardare a una condizione che ci accomuna, anche se pochi ci credono e pochissimi vogliono guardare, la condizione della scintilla divina che è in noi. Accendetela, se volete, o accontentatevi e non illudetevi di arrivare all'arte per altre strade. 



2 commenti:

  1. Cosa vuol dire essere creati a immagine di Dio? La possibilità esclusiva dell'uomo di "creare". Questa è l'arte e lo è già nella mera funzionalità del primo chopper, progettato per cavare il midollo dalle ossa: per costruire uno strumento l'uomo usa l'immaginazione, che gli animali non hanno; è un potenziale che va sviluppato e ci porta a modificare l'ambiente intorno a noi. Quante volte nella mia esperienza di insegnamento mi sono meravigliato dei bambini che sviluppavano il loro spazio creativo! ovviamente non spesso e non tutti, ma quando un bambino mi si presentava con una musichetta da lui o lei creata, o quando qualcuno trovava con il flautino yamaha le scelte di fraseggio giuste, che nemmeno io come insegnante provavo a suggerire perchè per i più erano troppo difficili. Intuivo che era questo il vero obiettivo del mio insegnamento, ma da insegnante quanto mi sono lasciato condizionare da vincoli e programmi? Quanto ho ceduto alle pressioni delle famiglie che si aspettavano l'apprendimento pedissequo delle nozioni a loro stessi impartite quando andavano a scuola? Quanto narcisismo nell'aspettarmi la ripetizione fedele delle spiegazioni che avevo dato? Grazie Fabio dei tuoi post molto illuminanti, il mio compito è di fare domande, non di dare risposte, di stimolare, non di inculcare, di tirar fuori, non di mettere dentro, spalancare porte, non costruire recinti... la libertà fa paura e non è per tutti, ma quando la sperimenti, è proprio come dici tu, sei fuori dallo spazio e dal tempo, sei fuori dai limiti che noi stessi ci imponiamo, questo è quello che dici quando parli di essere come in paradiso, questo è quello che sono spinto a perseguire, anche senza saperlo.

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  2. Grazie a te; i tuoi commenti sono sempre molto oculati e profondi.

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