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giovedì, giugno 05, 2025

Sulla cresta dell'onda

 Avrete sicuramente presente quegli eccezionali surfisti che con il loro asse riescono a rimanere in equilibrio per diversi secondi, forse anche minuti, sulla cresta delle altissime onde oceaniche. Ebbene, anche questa è una stimolante e aderente metafora del grande canto artistico. L'onda, con la sua potenza ma anche leggerezza, plasticità, fluidità, rappresenta il fiato che, quando educato secondo i crismi dell'arte respiratoria vocale, è in grado di sostenere una voce che si spande per spazi infiniti senza alcuno sforzo muscolare. E l'analogia è ancor più attagliata se pensiamo che il suono... è un'onda! Dunque la voce sta in un delicatissimo equilibrio sulla cresta di quest'onda, nello spazio antistante il corpo, la bocca, e si diffonde uniformemente e velocemente in ogni ambiente. Rigidità, timore, trattenutezza, pressione, imposizione, non fanno altro che impedire la piena realizzazione dell'evento vocale artistico. Lasciate andare, non frenate, non cercate di "fare". Leggerezza, assottigliamento, scivolamento, sono le caratteristiche per ottenere un canto di elevata qualità. Non abbiate timore di cantare pianissimo, al limite del sussurro! Il sospiro è l'approccio corretto all'attacco. 

2 commenti:

  1. In questo punto del mio percorso, più che paura, il cantare piano significa fatica e maggiore rischio che la voce si rompa, specialmente nelle note acute. Vorrei però farti una domanda che non c'entra molto con il post: nel percorso di graduale educazione del fiato e soprattutto dell'istinto che gradualmente deve capire che l'esborso di fiato è legato per il nostro essere ad un'esigenza "vitale" ( non proprio come sopravvivenza, ma quasi), hai sempre affermato che per il grande dispendio di energia che comporta, va benissimo fare pause per riposarsi. Ad un certo punto del mio percorso però ho la sensazione che fare un lavoro continuato per due ottave sia meglio che farlo interrompendo con altre attività (tipo 5 minuti di esercizi, poi leggere due pagine di un libro ad esempio). Tu che ne pensi? Altra domanda: mi è capitato un video di un pianista che ha fatto il confronto tra la resa di un brano in periodi di pratica quotidiana e dopo 15 giorni di pausa totale, registrando un discreto calo di rendimento; tu hai sempre affermato che una volta che il fiato si è evoluto, non c'è più bisogno di pratica quotidiana, allora qual è la differenza tra un pianista e un cantante? So che la risposta c'era in qualche post del blog, ma in questo momento del mio percorso non mi è tanto chiara

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  2. 1) Il problema sta proprio in ciò che hai scritto, il piano e pianissimo non devono creare nel modo più assoluto fatica e nemmeno rischio di rottura. Evidentemente è difficile (e posso confermarlo attraverso gli allievi che fanno lezione) comprendere cosa vuol dire far piano! Devo fare un video esemplificativo, ma potrò solo fra qualche giorno. Comunque ricordarsi sempre che la base è IL SOSPIRO, consumando tanto fiato e poi, quando si avrà consapevolezza che la pronuncia sta sulla punta del fiato, concentrarsi sulla dizione; 2) confermo che è meglio fare riposi, specie nei primi 15/20 minuti, dopo si può anche andare avanti di seguito, atteso che non si avvertano problemi. 3) noi, avendo lo strumento interno, siamo strumenti biologici, ed esiste la possibilità (nel DNA) di superare le barriere istintive e incorporare in natura il canto, ovvero la voce artistica; il pianoforte, essendo strumento esterno e artificiale, non gode della stessa possibilità, anche se si può arrivare comunque a un livello artistico sublimando il gesto delle mani e delle braccia, e questo vale sostanzialmente per ogni strumento e per la direzione d'orchestra.

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